La svolta dopo 3 mesi dall’omicidio


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Arrestato il marito di Melania

Parolisi accusato anche di crudeltà parolisi_rea_296

L'arresto di Salvatore Parolisi, accusato di omicidio volontario pluriaggravato dal vincolo di parentela e crudeltà, deciso dal Gip del tribunale di Ascoli Piceno che ha accolto la richiesta dei pm, rappresenta una svolta a tre mesi dal giallo sulla morte di Melania Rea. Unico indagato per l'uccisione della moglie, scomparsa il 18 aprile e trovata morta due giorni dopo, uccisa a coltellate, nel bosco di Ripe di Civitella, Parolisi è stato al centro delle indagini sin dai primi momenti.

L'attenzione dei pm Umberto Monti ed Ettore Picardi si è concentrata sul caporal maggiore dell'Esercito soprattutto dopo le tante incongruenze emerse in quei lunghi e numerosi colloqui con i magistrati che hanno portato la Procura a decidere la sua iscrizione nel registro degli indagati. Gli elementi probatori raccolti nel corso delle indagini, i primi esiti degli esami del Ris e la relazione del medico legale, Adriano Tagliabracci, consegnata nei giorni scorsi in Procura, sembrano aver convinto il giudice ad accogliere la richiesta di ordinanza di custodia cautelare avanzata dalla Procura.

Un giallo, quello della morte della giovane mamma di Somma Vesuviana, che gli inquirenti, dalla prima fase delle indagini, non hanno esitato a definire "un rompicapo". E che ha portato gli investigatori a indagare anche oltre i confini nazionali: grazie a una rogatoria internazionale, ottenuta dalla Procura di Ascoli Piceno, gli investigatori si sono visti aprire le porte degli archivi telematici di Facebook in California e analizzare il contenuto di eventuali messaggi cancellati dal profilo di Salvatore Parolisi.

Sarebbero almeno due gli elementi che hanno portato i magistrati di Ascoli Piceno a decidere l'iscrizione di Parolisi nel registro degli indagati: il ritrovamento del telefonino buttato via dal marito di Melania e recuperato a oltre un mese dal delitto vicino a un campo sportivo di Villa Pigna, frazione di Folignano, e alcune intercettazioni ancora non conosciute.

''Ora basta con queste storie del tradimento - si era giustificato Parolisi al momento del ritrovamento del cellulare - Io mi sono disfatto di questo telefono, non ho nulla da nascondere. Ho dichiarato a tutta l'Italia di aver tradito mia moglie. Ora basta. Si ripete sempre la stessa cosa. Si', me ne sono liberato di quel telefono, non l'ho spaccato. L'ho buttato perche' volevo staccare da tutte queste accuse che mi stanno facendo''.

D'altra parte, se la decisione di indagare Parolisi è arrivata a due mesi dall'omicidio, in effetti l'attenzione degli inquirenti si è concentrata fin dall'inizio sul caporalmaggiore, sentito più e più volte come persona informata sui fatti, per fare chiarezza su una versione dei fatti che non ha mai convinto i pm che indagano sull'omicidio, soprattutto per la totale assenza di riscontri esterni.

Nessun testimone ha confermato la presenza di Melania Rea a Colle San Marco il giorno della sua scomparsa, come invece ha sempre sostenuto il marito. Una circostanza che naturalmente non significa che Parolisi non dica il vero, ma che comunque non consente di trovare ulteriori riscontri alla sua versione. Nessun testimone in realtà conferma neanche di aver visto il caporalmaggiore prima di una certa ora, ossia le 15.30.

Insomma, se, come sottolinea il legale di Parolisi, l'avvocato Walter Biscotti, il fatto che nessuno ricordi la presenza di Melania alle giostrine non implica ovviamente che lei non fosse lì, dall'altro lato gli investigatori continuano a essere costretti a fare i conti nella loro ricostruzione con l'unica reale testimonianza che hanno a disposizione, quella del marito di Melania.

Peraltro, sono emerse una serie di foto scattate da una comitiva di studenti presenti a Colle San Marco che inquadrano sullo sfondo l'altalena dove Parolisi sostiene di essere stato a giocare con la piccola Vittoria, mentre aspettava che la moglie tornasse dal bagno: dalle immagini sull'altalena non risulta pero' esserci nessuno.

Le indagini effettuate in questi mesi hanno portato gli inquirenti a scavare nell'ambito di lavoro del caporalmaggiore. Parolisi è istruttore dell'unico centro italiano di addestramento femminile dell'Esercito. In particolare l'attenzione si era concentrata sull'ambiente di lavoro dopo le rivelazioni di una soldatessa, sua ex allieva, che dichiarò di esserne l'amante, facendo emergere il quadro di un matrimonio in crisi.

Sono ancora molti i punti che restano da chiarire. In particolare, gli investigatori non sono ancora riusciti a rintracciare il misterioso telefonista che il 20 aprile scorso segnalò al 113 la presenza del corpo di Melania Rea, un uomo anziano, stando alla voce, e con un forte accento abruzzese. E' stato invece ritenuto poco attendibile dagli investigatori il racconto dell'anziano che, con una telefonata al 'Corriere Adriatico' la sera del 26 maggio, aveva detto di aver visto Melania Rea il giorno della scomparsa, litigare con il marito, per poi salire su un'auto dove ad attenderla c'erano tre persone.

Agli elementi sull'inchiesta per l'omicidio di Melania Rea si aggiunge quello del cellulare della donna che ha squillato fino alle 19 circa del 18 aprile, giorno in cui la 29enne di Somma Vesuviana sarebbe scomparsa dal pianoro di Colle San Marco di Ascoli Piceno, con cui stava trascorrendo qualche ora all'aperto insieme alla loro bambina di 18 mesi.

Dopo le 19, il cellulare di Melania non ha più squillato alle numerose chiamate di chi la stava cercando, la maggior parte della famiglia preoccupatissima, ma ha ripreso a farlo un giorno e mezzo dopo, la mattina del 20 aprile, in quel mercoledì in cui, nel pomeriggio, è stata ritrovata senza vita.

In un primo momento, era stato detto che il cellulare aveva ripreso a squillare la mattina dopo, il martedì, probabilmente per una scarsa copertura della rete, fattore che si presenta nella zona compresa fra Colle San Marco (Ap) e Ripe di Citivella (Te), sui versanti opposti della Montagna dei Fiori, a una decina di chilometri di distanza.

La batteria del cellulare, in quasi due giorni, avrebbe dovuto scaricarsi e, invece, la mattina del mercoledì è di nuovo attiva. L'ipotesi, quindi, è che il cellulare possa essere stato spento dall'assassino, che potrebbe aver tolto la batteria per rimetterla poi il mercoledì mattina. Ma perché l'avrebbe fatto?