Pier Paolo Pasolini


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Il corpo violato di un poeta

Una mattina livida di 35 anni fa n

di Rita Piccolini

Pier Paolo Pasolini venne assassinato la notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975. Il suo corpo massacrato, ridotto a “un grumo di sangue”, così si scrisse, fu ritrovato in un campetto lurido e fangoso tra Ostia e Fiumicino , in una zona allora di grande degrado ambientale chiamata Idroscalo. Neanche nella scenografia più raffinata di un film neorealista si sarebbe potuta immaginare un’ambientazione più raccapricciante . Nella sporcizia e nell’abbandono il corpo martoriato di un poeta . A 35 anni dall’assassinio il mistero insopportabile su quella morte ancora non è stato svelato. A marzo di quest'anno le indagini sono state riaperte e si profilano scenari sempre più foschi e sconvolgenti, legati al suo ultimo e incompiuto romanzo “Petrolio” e a un capitolo mai più ritrovato: ”Lampi sull’Eni”, che potrebbero chiarire aspetti inimmaginabili e legami insospettabili tra la morte di Pasolini, quella del presidente dell’Eni , Enrico Mattei, e del giornalista Mauro De Mauro. Autunno 1975. Nella mente si confondono quasi a fondersi due terribili episodi di cronaca. Quello dell’uccisione di Pasolini e il massacro del Circeo, che avvenne esattamente un mese prima, il 1°ottobre. Quel senso di nausea e di disgusto che prende allo stomaco quando i particolari sono insopportabili accomuna il ricordo dei due delitti: le vittime sono entrambi fragili e delicate, una ragazza e un poeta. E non vengono soltanto uccise ma massacrate, violate, umiliate dai loro carnefici. La loro morte sarà lenta e consapevole. La giovane violentata, torturata, la testa in acqua fino ad affogarla; il poeta picchiato fino a renderlo irriconoscibile e poi, ultimo sfregio, travolto volutamente da un’automobile che gli fece scoppiare il cuore. Così morirono Rosaria Lopez e Pier Paolo Pasolini. Donatella Colasanti, l’altra giovane sequestrata in una villa del Circeo, anche lei violentata e massacrata,si salvò fingendosi morta. E morta rimase dentro fino a quando, pochi anni fa, un cancro se l’è portata via.

Quando Lucia Visca, la prima cronista ad arrivare sul luogo dove venne ritrovato il corpo di Pasolini giunse all’Idroscalo, le fu subito chiaro che l’omicidio era stato particolarmente violento e crudele. Nonostante la confessione e la condanna di Pino Pelosi detto “la Rana”, l’allora 17enne che aveva accettato l’invito dello scrittore ad appartarsi con lui e che confessò di averlo ucciso da solo, (anche se in primo grado fu condannato per omicidio in concorso con ignoti), di zone d’ombra ne rimasero molte. La stessa giornalista, a distanza di 35 anni, cerca di fare luce su alcuni interrogativi ancora senza risposta con un nuovo libro-inchiesta che sarà nelle librerie il prossimo 2 novembre: ”Pier Paolo Pasolini. Una morte violenta. In diretta dalla scena del delitto, le verità nascoste su uno degli episodi più oscuri nella storia d’Italia” edito da Castelvecchi. Complici le nuove tecnologie (internet, videocamere,telefoni cellulari, palmari) l’autrice si chiede cosa sarebbe potuto emergere di diverso se il delitto fosse avvenuto oggi. Il sospetto che il giovane Pelosi non avesse potuto fare da solo un tale scempio del corpo del poeta non si è mai del tutto diradato, né il perché di tanta ferocia (avrebbero potuto delle avances sessuali respinte scatenare in un poco più che un adolescente una simile furia?). E poi le tracce di una seconda automobile sulla scena del delitto, c’è un filmato girato la mattina dopo il delitto dall’amico e aiuto regista di Pasolini, Sergio Citti, che non fu mai preso in considerazione pur riproducendo la scena ancora incontaminata in cui l’omicidio era avvenuto; alcuni indumenti che non appartenevano né a Pelosi, né a Pasolini; alcune testimonianze come quella di un pescatore secondo cui nel campetto dell’Idroscalo c’erano più auto e poi, più importanti di tutte, le dichiarazioni sorprendenti di Pelosi nel 2005 che, dopo 30 anni in cui aveva sostenuto con caparbietà di aver ucciso Pasolini da solo, nel 2005 dichiarò che con lui c’erano altre persone, alcune delle quali parlavano con accento siciliano. L’ex ragazzo di vita sostenne di non averlo raccontato prima per paura e di essere stato minacciato. C’è n’é abbastanza per volerci vedere chiaro.

La prima a chiedere la riapertura delle indagini sulla base dei reperti fu la criminologa Simona Ruffini nel 2009, (dopo le dichiarazioni di Pelosi c’era stata una prima riapertura delle indagini che si chiusero subito, in quanto l’uomo, ormai 50enne, non fornì altri dettagli utili). Certo sono trascorsi molti anni e l’esame di alcuni reperti che avrebbero potuto allora rivelare importanti elementi utili non esistono neanche più materialmente. L’automobile di Pasolini ad esempio è stata ormai rottamata. Ma altri reperti ci sono ancora, e il Ris di Roma li sta nuovamente esaminando, con tecniche sofisticate che negli anni ’70 sarebbero state considerate fantascientifiche. Tanti reperti e pieni di tracce: sangue, capelli, impronte. Ci sono le tavolette con cui Pelosi disse di aver colpito il poeta che sono friabili, sbriciolate. Ci si chiede come abbiano potuto infliggere le profondissime lesioni sul corpo della vittima. E poi, sulla base delle nuove rivelazioni, si cerca di capire se ci siano stati mandanti e chi fossero e per quale motivo. Si è sospettato a lungo del furto di alcune “pizze” del film “Salò e le 120 giornate di Sodoma”. Pasolini voleva riaverle. Fu forse attirato all’Idroscalo con la promessa che gli sarebbe stato riconsegnato il prezioso materiale cinematografico? Molti suoi amici e conoscenti dichiararono subito che nei giorni prima di essere ucciso egli era particolarmente nervoso e preoccupato. E cosa c’entrano ora il romanzo “Petrolio” e il capitolo scomparso? “Pasolini poteva essere a conoscenza di dettagli importanti su altri casi irrisolti famosi della nostra storia: l’omicidio del presidente dell’Eni Enrico Mattei e del giornalista Mauro De Mauro, fatto sparire mentre indagava sulla sua morte. Pasolini potrebbe essere stato ucciso perché aveva ricostruito in quel capitolo sparito, snodi decisivi del delitto Mattei” spiega Simona Ruffini in un’intervista dello scorso giugno.

Dopo 35 anni quindi il mistero si infittisce di nuovo proprio grazie alla vicenda di “Petrolio” che ha dato materia per riaprire l’istruttoria. La scorso 2 marzo il senatore Dell’Utri ,nel corso di una conferenza stampa, dichiarò di aver avuto tra la mani l’ultimo capitolo del romanzo che avrebbe voluto esporre alla Mostra del Libro Antico di Milano il 12 marzo. Ma alla data stabilita l’inedito non c’era. L’esposizione non era stata possibile perché il proprietario del testo sarebbe stato spaventato dal clamore suscitato dalla notizia dell’esistenza di tale capitolo si era reso irreperibile e con lui le preziose pagine. Subito dopo questo episodio ci fu un’interrogazione parlamentare di Veltroni e una lettera, pubblicata dal Corriere della Sera il 22 marzo, in cui l’esponente del Partito Democratico chiedeva al ministro della Giustizia Alfano di riaprire le indagini sul delitto Pasolini. La riposta del ministro arrivò pochi giorni dopo, il 26 marzo, e anch’essa fu pubblicata dal Corriere della Sera. Scrive Alfano:”La risposta è una sola: accertare la verità…vale non soltanto ad accertare le responsabilità penali, ma a far chiarezza sul piano storico- politico oltreché su quello giudiziario. Condivido… l’opportunità di guardarsi indietro, senza paura e senza reticenze, perché questa è l’unica strada coerente con valori di una democrazia finalmente matura. Per questa ragione- pur non avendo com’è noto, alcun potere diretto in ordine all’eventuale riapertura delle indagini- da ministro raccolgo volentieri e senza riserve il suo invito”.

Le nuove indagini sono in corso. Se ne occupa il sostituto procuratore della Repubblica di Roma Francesco Minisci. Ai primi esami tecnici ha partecipato un ufficiale del Ris, Luciano Garofano, nominato consulente dall’avvocato Guido Calvi che, nella nuova indagine rappresenta i familiari della vittima e l’ex sindaco di Roma, Walter Veltroni. Calvi, attualmente membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura, è stato lo storico legale di parte civile per l’omicidio Pasolini.

E’ questo l’unico omaggio che possiamo oggi, dopo 35 anni, rendere al poeta. Cercare di capire. Riannodare i fili di una trama complessa per ridare voce a chi non può più parlare. Sul delitto sono stati versati fiumi di inchiostro. Ognuno ha cercato di trovare le prove a sostegno delle proprie tesi. Giuseppe Zigaina, un amico di Pasolini, ha scritto per Marsilio ben cinque libri in cui sostiene che lo scrittore avrebbe “organizzato” la propria morte “per entrare nel mito”. In altri saggi sono state raccontate le negligenze e le coperture che hanno accompagnato le indagini fin dall’inizio e che hanno reso sempre più fitta la nebbia sull’omicidio. Ne ricordiamo alcuni: ”Così morì Pier Paolo Pasolini” di Gianni Borgna e Carlo Lucarelli; “L’eresia di Pasolini” e “Il petrolio delle stragi” di Gianni D’Elia; “Profondo Nero” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza.

Ora alcuni mettono in dubbio che esista un capitolo scomparso di “Petrolio”.Altri sostengono la tesi opposta. Sarebbero state trafugate le carte di Pasolini? Chi le ha prese doveva quindi essere al corrente del loro contenuto. Pasolini stava per rivelare una verità sconvolgente sulla morte di Mattei? Aspettiamo risposte su questa morte assurda perché, come diceva lo scrittore:”La morte non è nel non esserci più ma nel non poter più comunicare”.