di Maurizio Iorio E’ considerato una via di mezzo fra Robin Hood e Pablo Escobar, traffica con la droga e sostiene economicamente gli strati più indigenti dei ghetti di Kingston, come il Tivoli Gardens, il quartiere del quale è il signore indiscusso, tant’è che è soprannominato “the President”.
Lui è Christopher “Dudus” Coke, 41 anni, capo della Shower Posse, il principale cartello di narcotrafficanti della Giamaica, ed uno dei più importanti del mondo. Gli Stati Uniti ne pretendono l’estradizione per una lista di reati lunga come la scia di sangue che questo signore della droga si è lasciato dietro nella sua onorata carriera di criminale.
Si dice che solo negli Usa sia responsabile dell’assassinio di 1400 persone, la maggior parte vittime delle guerre per il controllo dei mercati della droga fra la sua organizzazione, i cui tentacoli si estendono dai Caraibi al Canada, toccando perfino la Gran Bretagna, e gli altri cartelli di narcotrafficanti.
“Dudus” Coke è un figlio d’arte: suo padre, Lester Lloyd Coke, è morto nel 1991 proprio mentre era in attesa di una condanna negli Usa, ed ha lasciato in eredità a Dudus il trono della Shower Posse, detta così per la “doccia” di proiettili di cui fanno uso i suoi componenti nelle sparatorie. Coke ha ulteriormente ingrandito il giro d’affari e l’influenza della sua organizzazione, che è molto ben radicata a New York, dove negli anni ’80 aveva il monopolio dello spaccio del crack, la micidiale droga sintetica che all’epoca aveva invaso il mercato degli stupefacenti, mietendo vittime fra i consumatori e provocando cruente guerre fra le gang dello spaccio.
Dopo una lunga trattativa con gli Usa, il premier giamaicano Bruce Golding, sospettato di essere colluso con Dudus, ha acconsentito a firmare il mandato di estradizione per il narcotrafficante, anche perché gli Usa, per esercitare pressione, hanno nel frattempo sospeso l’ erogazione di un prestito alla Giamaica di 1,27 mld. di dollari, deliberato in febbraio dall’FMI.
Per inciso, Golding aveva anche stipulato un contratto da 400.000 dollari con uno studio legale americano per rappresentare il governo giamaicano in una possibile disputa con gli Usa. La scoperta di questo accordo e delle relazioni, in verità neanche troppo occulte, del premier laburista con Coke, che si è dichiarato convinto sostenitore del Labour Party, tant’è che possiede una società di consulenza per il governo che frutta milioni di dollari, hanno spinto il primo ministro a firmare l’accordo per l’ estradizione del boss negli Usa, dove è ricercato per traffico di droga e di armi. A questo punto si è scatenata una reazione popolare, ovviamente orchestrata da Coke, che ha insanguinato le strade di Kingston in questi ultimi giorni. Coke dispone di migliaia di fedelissimi, che lo venerano come un Dio e che ne stanno proteggendo la clandestinità a suon di sparatorie.
C’è chi sostiene che il boss sia già riparato all’estero, ma la situazione nell’isola è sempre più drammatica. L’ex-paradiso terrestre di Bob Marley è diventato una specie di anticamera dell’inferno, dove la gente sta barricata in casa, i turisti se la danno a gambe, l’aeroporto è chiuso, le strade sembrano quelle della Chicago degli anni’30.
La polizia presidia le strade con i blindati, ma Golding ha detto che presto la situazione tornerà sotto controllo. Nel frattempo, il sangue continua a scorrere a fiumi, insieme alla droga.