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CONTRO-ACUSTICA: per il diritto alla lingua dei segni

Nel 1880, il Congresso di Milano istituzionalizza il divieto di impiegare le Lingue dei Segni nelle aule scolastiche e nei sistemi educativi di tutta Europa e Stati Uniti priorizzando la lingua fonocentrica e avvalorando il pregiudizio che le persone sorde, spesso erroneamente considerate “mute”, avessero problemi cognitivi e fossero da curare. I successivi approcci medici alla sordità hanno finito per ascriverla come malattia, considerandola qualcosa da correggere e guarire. Tecnologie di medicalizzazione, come gli impianti cocleari, ancora oggi sono oggetto di acceso dibattito bioetico.

 

L’udito è stato il fondamento di sistemi discriminatori anche in ambito artistico.  Da qualche anno l’attività di artisti e artiste non udenti sta cercando di abbattere il pregiudizio sulle ridotte capacità espressive dei sordi attraverso la performatività sorda, una lingua fisica che articola il suono come movimento, vibrazione, animazione, riposizionando la voce come gesto e il sapere come processo corporeo.

 

Di questo si è dibattuto in un seminario svoltosi il 9 settembre presso il Teatro India in Roma nell’ambito di Short Theatre, il festival che dal 2006 ricompone i segni del mutevole paesaggio dello spettacolo dal vivo. All’evento era presente Diana Anselmo, performer sordo e attivista, presidente di Al.Di.Qua Artists, prima associazione europea di categoria di e per artisti con disabilità. Al centro della riflessione l’atto linguistico in relazione al corpo, le potenzialità della comunicazione con le mani intesa come atto d’incorporazione di lingue e di saperi, che chiede un udito-tattile e un vedere-ascoltare.