La tecnologia rende "meno umani" ed e' "troppo presente" nella nostra vita quotidiana. A sorpresa a pensarla cosi' non e' la generazione del calamaio o delle prime macchine da scrivere, ma quella dei cosiddetti 'nativi digitali', giovani tra i 18 e i 24 anni cresciuti a pane e computer. E' quanto emerge da una ricerca Intel, secondo cui le piu' "tecno-fan accanite" sono le donne over 45, piu' ottimiste per quanto riguarda le innovazioni in campo tecnologico, fino a sostenere, in aperto contrasto con i giovani, che non usiamo ancora abbastanza tecnologia nelle nostre vite di tutti i giorni.
Sei giovanissimi su dieci sono convinti che la societa' faccia troppo affidamento sulla tecnologia. D'altro canto, pero', l'86% di loro e' convinto che l'innovazione tecnologica renda la vita migliore e addirittura quasi il 60% che aiuti i rapporti personali. Gli italiani hanno inoltre piu' fiducia dei coetanei di altri mercati sviluppati nel resto del mondo sul fatto che le innovazioni avranno un impatto positivo su istruzione (40%), trasporti (41%) e assistenza sanitaria (41%). "A prima vista sembra che i giovani della generazione Y (o generazione del millennio, di eta' compresa tra i 18 e i 24 anni) rifiutino la tecnologia, ma sospetto che la realta' sia molto piu' complessa e interessante", ha affermato Genevieve Bell, antropologa e Director of Interaction and Experience Research presso gli Intel Labs. "Un diverso tipo di lettura suggerisce che i giovani della generazione Y desiderano che la tecnologia faccia di piu' per loro, e dobbiamo impegnarci a renderla molto piu' personale e meno ingombrante".
I nativi digitali vogliono che la tecnologia futura renda la vita migliore, piu' semplice e divertente. E quasi la meta' di loro ritiene che la tecnologia dovrebbe riconoscerli, imparando comportamenti e preferenze. Proprio per questo, in Italia, la generazione Y e' piu' propensa a condividere le informazioni personali rispetto ai concittadini piu' anziani, con il 59% disposto a condividere la data di nascita, il 46% i dati GPS, il 59% le e-mail, il 51% lo storico degli acquisti e addirittura il 44% i dati genetici. Vogliono avere insomma esperienze che li aiutino a vivere il momento e a dare il meglio di sé.
Le over 45 'technology addicted' sono piu' numerose in Italia che negli altri Paesi maturi, oltre che nei mercati emergenti come la Cina, dove piu' di 7 donne su 10 di eta' superiore ai 45 anni sono convinte che non utilizziamo abbastanza tecnologia. Le donne italiane ritengono in particolare che le innovazioni porteranno a miglioramenti nel campo dell'istruzione (56%), dei trasporti (42%), del lavoro (53%) e dell'assistenza sanitaria (51%), e sono inoltre maggiormente disposte ad accettare tecnologie che per le coetanee di altre nazioni potrebbero essere considerate troppo personali, come software che osservano le loro abitudini lavorative (70%) e monitorano le abitudini di studio degli studenti (70%), e persino bagni intelligenti che tengono sotto controllo la loro salute (74%). "Storicamente le donne sono diventate utenti accanite di tecnologia quando la stessa si e' dimostrata in grado di risolvere i loro problemi, aiutandole a organizzare la loro vita e quella della loro famiglia, oltre che a risparmiare del tempo prezioso", ha aggiunto Bell. "Mi chiedo se cio' che i dati raccolti ci dicono e' che le donne sono ottimiste perche' riscontrano che l'innovazione tecnologica sta iniziando a trasformare in realta' la promessa di inserirsi meglio nei ritmi dei nostri giorni, aiutandoci a risolvere problemi e bisogni specifici e creando nuove esperienze coinvolgenti, che saranno preziose allo stesso modo per uomini e donne".
La ricerca del primo 'Barometro Intel' dell'innovazione tecnologica ha coinvolto, con il supporto dell'istituto di ricerca internazionale Penn Schoen Berland, quattro Paesi maturi (oltre all'Italia, gli Stati Uniti, il Giappone e la Francia) e altrettanti emergenti (Brasile, Cina, India e Indonesia).