di Juana San Emeterio
Si chiude il concorso del Festival Internazionale del Film di Roma. In attesa dei premi che saranno assegnati sabato, tre i titoli in programma. In gara “Tir”, prima opera narrativa di Alberto Fasulo, regista del documentario “Rumore bianco”. Il docu-fim (genere in auge in questo momento) racconta la vita solitaria di un ex-professore che per problemi economici diventa camionista. Il regista friulano porta sullo schermo la vera esperienza di Branko Zavrsan, la sua quotidianità triste e alienante, lontano da casa e dalla famiglia sempre sulle strade, ma anche la sua buona volontà per costruirsi un futuro migliore. La scelta di documentare questa storia, spiega alla stampa Fasulo, nasce dal desiderio di “raccontare la crisi, economica e etica dei nostri tempi” descrivendo “il reale rapporto tra Branko, il lavoro e la famiglia lontana". Recitato in lingua croata, il film è stato filmato dallo stesso regista.
Altro titolo in concorso “Another Me”, diretto dalla regista e sceneggiatrice spagnola Isabel Coixet, che è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo della scrittrice Cathy MacPhal. Il film racconta la storia di una teenager come tante altre la cui routine quotidiana inizia lentamente a sfaldarsi quando, giorno dopo giorno, si rende conto di essere seguita dal suo doppio. Un “doppio” che la perseguita, tentando di rubarle non solo l’identità ma forse anche la vita. Un thriller soprannaturale cupo, che tuttavia non convince. Una pellicola presuntuosa realizzata in modo troppo schematico, senza quel pathos e la suspense adatta a un tema così intrigante. Nel cast, oltre agli interpreti principali Sophie Turner, Rhys Ifans, Claire Forlani e Gregg Sulkin, figurano anche Leonor Watling, Geraldine Chaplin e Jonathan Rhys Meyers. Sul red carpet accanto alla regista Isabel Coixet, anche la protagonista Sophie Turner, la Sansa Stark di una delle serie più amata delle ultime stagioni, il fantasy “Il trono di spade”, qui al suo debutto cinematografico.
In gara anche “Mogura no uta”, il nuovo film del regista giapponese Takashi Miike. Con il suo stile nervoso, violento e ironico, quasi surreale racconta la storia di un giovane poliziotto cui è segretamente affidato l’incarico di infiltrarsi sotto mentite spoglie in un’organizzazione criminale per arrestare un boss della yakuza. Il film, in cui sono usati anche degli inserti animati, è ispirato al manga del disegnatore di fumetti Noboru Takahashi. ''In Giappone ormai le storie di Yakuza sono viste dai giovani come un retaggio del passato - ha spiegato il regista alla stampa - ho cercato così di invertire la tendenza, di far divertire il pubblico rivolgendomi alle nuove generazioni con un occhio ben rivolto al passato. Molti dei miei lavori riguardano la Yakuza. Una volta la Yakuza era una specie di società di difesa che tutelava i deboli dai soprusi dei più forti. Mi piacerebbe se conservasse ancora questa concezione”. Ma la storia insegna che non è così.
Per CinemaXXI, “Thwara Zanji” (Zanji Revolution) di Tariq Teguia. Il regista algerino ricostruisce tra realtà e finzione le tracce delle antiche e dimenticate rivolte contro il califfato degli Abbasidi, avvenute in Iraq tra l’VIII e il IX secolo ad opera degli Zanj, schiavi neri incaricati di irrigare le terre dell’Eufrate inferiore. Sempre per la rassegna che si svolge al Maxxi, “El rostro” di Gustavo Fontán e del mediometraggio “Der Unfertige” di Jan Soldat.