di Rodolfo Ruocco
Fausto Coppi e Gino Bartali. Agli albori della Prima Repubblica erano i due campioni del ciclismo che si disputavano i primati nelle corse e gli applausi degli italiani. Enrico Letta e Matteo Renzi, nella caotica fine della Seconda Repubblica, sono i due campioni del Pd in gara per la guida del centrosinistra e dell’Italia.
Letta e Renzi, così simili e così diversi. Tutti e due del Pd, entrambi politicamente giovani (48 anni uno e 38 l’altro), il primo presidente del Consiglio e il secondo sindaco di Firenze candidato forte alla segreteria del partito. Entrambi cattolici di matrice Dc, tutti e due in pista con diverse scommesse e ricette per risanare e rinnovare l’Italia piegata e ferita dalla crisi economica, politica e morale.
Letta è pacato, accademico, determinato. Renzi è sanguigno, movimentista, appassionato. Letta annunciò all’inizio dello scorso febbraio, quando era ancora solo il vice segretario del Pd: “Faremo le riforme con il cacciavite”. Divenuto presidente del Consiglio da fine aprile, ha confermato la strategia del “cacciavite”, le riforme da realizzare gradualmente.
Ha sottolineato: “La prudenza è un valore. Dalla crisi si esce un passo alla volta”.
In quasi 7 mesi della travagliata vita del governo di larghe intese, più volte ha sfiorato la rottura con Silvio Berlusconi e ha fatto scintille con il sindaco di Firenze.
Renzi ha messo nel mirino la metafora del “cacciavite”. Il “rottamatore” del vecchio gruppo dirigente del partito ha polemizzato a più riprese: “Letta dice che vuole il cacciavite. Io userei il trapano”. Successivamente ha rilanciato: “Letta vuole fare le riforme con il cacciavite, io le farò con il caterpillar”. Ha reclamato “una rivoluzione radicale”.
I contrasti sono emersi anche sul disegno di legge di Stabilità all’esame del Senato, dissensi pare esistano anche sulla mozione di sfiducia parlamentare, avanzata dal M5S contro la ministra Anna Maria Cancellieri sul caso Ligresti.
Tra i due campioni del Pd la contesa è continua, anche sul governo. La grande coalizione tra Pd-Pdl- Scelta Civica, per il presidente del Consiglio è stata “una scelta di necessità”, per assicurare la stabilità politica ed affrontare le emergenze del paese, perché il centrosinistra ”non ha vinto” le elezioni politiche. Più volte ha tuonato contro “i professionisti dello scontro”.
Renzi si è detto leale con l’esecutivo, ma ha sollecitato “a fare le cose che servono agli italiani” e “non solo quelle” che piacciono a Brunetta e Schifani, i capigruppo parlamentari del PdL. Ha aggiunto: “Basta inciuci”, alt con “le larghe intese permanenti”. Ha avvertito: non sarebbero “una catastrofe” la caduta dell’esecutivo e le elezioni politiche anticipate. Dopo la segreteria del Pd non fa mistero di volersi candidare a Palazzo Chigi, quando si riapriranno le urne.
Letta e Renzi sono come i Dioscuri Castore e Polluce. Nella mitologia greco-romana sono due eroi, i figli gemelli di Giove protagonisti di mirabili imprese di guerra contro Atene ed altri temibili nemici. Dopo uno scontro, racconta un mito, Castore (di natura umana) fu ucciso e Polluce (di spirito divino) si salvò, ma rimase solo e disperato. Chiese a Giove di poter rivivere con il fratello morto. Il re degli dei lo accontentò: così Castore e Polluce vissero ambedue un giorno sull’Olimpo e un altro nel regno degli inferi.