Ormai è quasi una moda, dalla Russia come dall'estero: fare appello direttamente a Vladimir Putin come 'extrema ratio' per sbloccare un problema che pare irrisolvibile, come ai tempi degli zar. Anche Paul McCartney si è unito alla mobilitazione internazionale per i 30 attivisti di Greenpeace, tra cui l'italiano Cristian D'Alessandro, imprigionati in Russia dal 18 settembre per l'assalto a una piattaforma petrolifera artica di Gazprom.
La popstar britannica lo ha fatto scrivendo una lettera aperta al presidente russo in cui gli chiede di "usare la sua influenza per restituire i detenuti alle loro famiglie in tempo per il Natale", e intervenire per "risolvere questo malinteso". "Caro Vladimir, spero che questa lettera ti trovi in buona salute", gli ha scritto con tono informale, citando un verso di uno dei più grandi successi dei suoi Beatles, "Back in the Ussr", per perorare la sua causa: "Been away so long I hardly knew the place, gee it's good to be back home'" ("Sono stato via tanto che quasi non riconoscevo il posto. Caspita, è bello essere di nuovo a casa"). "Potresti farlo diventare realtà per i prigionieri di Greenpeace?", ha chiesto. Poi, ricordando un suo concerto sulla Piazza Rossa a Mosca 10 anni fa, si è lanciato in una difesa appassionata dei militanti ecologisti: "Greenpeace non è una organizzazione anti-russa", ma pacifica e non violenta.
La missiva, pubblicata oggi sul sito web della popstar, è stata spedita il 14 ottobre, ma la presidenza russa ha negato di averla ricevuta, almeno per ora, facendo tornare alla mente un vecchio detto russo, secondo il quale la cassetta delle lettere del Cremlino è "senza fondo". Proprio come avvenne per alcuni degli appelli rivolti a Putin da star internazionali per la liberazione di un altro gruppo di attivisti-dissidenti, le tre ragazze della punk band Pussy Riot, che vide mobilitarsi 100 stelle dello spettacolo, da Madonna a Sting, da Adele a Elton John, da Bryan Adams allo stesso McCartney, per chiedere un gesto di clemenza. Non servì nel 2012 a salvarle dalla condanna a due anni di carcere per la loro provocatoria "preghiera anti Putin" nella cattedrale di San Salvatore a Mosca.
Per la campagna a difesa dell'Artico e della liberazione dei 30 attivisti di Greenpeace, invece, grazie all'appoggio di attori e rockstar, dai Radiohead a Penelope Cruz, da Robert Redford a Pedro Almodovar, sono state raccolte oltre 2 milioni di firme e migliaia di persone hanno partecipato a decine di eventi in tutto il mondo. Martedì scorso i 30 attivisti di Greenpeace sono stati trasferiti dalla remota Murmansk alle carceri di San Pietroburgo. La loro custodia preventiva scade il 24 novembre, ma potrebbe essere estesa entro il 17 novembre. Decaduta l'accusa iniziale di "pirateria" a loro carico, rischiano fino a 7 anni di prigione per "teppismo" per la loro protesta contro le trivellazioni offshore russe. L'Olanda, dove Greenpeace ha la sua sede principale, ha chiesto a un tribunale internazionale di ordinare il loro rilascio.