Dopo massicce pressioni dalla Germania e dall'estero, le autorità bavaresi hanno cominciato a mettere in rete un primo contingente di 25 quadri degli oltre 1.400 venuti recentemente alla luce nello spettacolare ritrovamento in un appartamento a Monaco.
La pubblicazione deve servire a facilitare le ricerche ai possibili legittimi proprietari. Per molti quadri si sospetta si tratti di arte rubata dai nazisti durante il Terzo Reich. In tal caso, accertata la paternità dei legittimi proprietari, si metterebbe in moto il difficile processo di restituzione. I 25 quadri sono pubblicati sul sito lostart.de. Fra di essi figura anche una stampa di Antonio Canaletto, San Giustina in Prà della Vale di Padova, oltre a opere di Henry Matisse, Marc Chagall, Otto Dix, Eugene Delacroix, Auguste Renoir e Max Liebermann.
Appena messi in rete è partita una valanga di richieste di restituzione da parte degli eredi di ebrei perseguitati durante il nazismo. I ministeri interessati hanno promesso accertamenti rapidi ma la questione delle possibili restituzioni ancora non è chiarita. Un gruppo di esperti è incaricato di fare luce sulla provenienza dei quadri. Molte delle oltre 1.400 opere ritrovate a casa di Cornelius Gurlitt, figlio del noto mercante d'arte Hildebrandt Gurlitt che trafficava durante il nazismo per conto del regime, erano considerate da decenni scomparse. Il lavoro di verifica comincia ora con 600 quadri per accertare se fossero appartenuti a famiglie ebree espropriate o costrette a vendere sottocosto. Alcune delle opere potrebbero invece essere state acquisite legalmente da Gurlitt padre.
Le autorità tedesche erano state fortemente criticate per avere tenuto il caso finora sotto silenzio. Il ritrovamento è avvenuto quasi due anni fa ed è venuto a galla una decina di giorni fa grazie alle rivelazioni del settimanale Focus di Monaco. "Vorrei che si procedesse nel modo più rapido possibile", ha detto il ministro della giustizia bavarese, Winfried Bausback. Nei giorni scorsi appelli alla trasparenza erano giunti da più parti, incluso il ministro egli esteri, Guido Westerelle, che aveva ammonito alla delicatezza del tema e a non rischiare di compromettere la fiducia conquistata dalla Germania durante decenni.