E' nata con l'Hiv e un destino da sieropositiva. Ma oggi, dopo 18 mesi senza assumere farmaci, non ha segni di malattia. Nessuna traccia del virus. L'infezione sembra aver dato tregua a una bimba di 3 anni del Mississippi. I medici l'hanno trattata insolitamente presto - a poche ore dalla nascita - con una combinazione di antiretrovirali e la piccola sta bene e continua ad essere libera da infezione attiva a un anno e mezzo di distanza dalla fine del trattamento. Tanto che la sua storia si è guadagnata le pagine del 'New England Journal of Medicine'. E i ricercatori dicono che si tratta del primo caso documentato di remissione dall'Hiv in un bambino.
Già a marzo scorso, nel corso di un meeting scientifico ad Atlanta, si era parlato della baby-paziente che sembra aver sconfitto il virus ma il rapporto pubblicato sulla rivista scientifica aggiunge dettagli e conferma il risultato. "I nostri dati suggeriscono che la remissione di questa bambina non è un semplice colpo di fortuna, ma il probabile risultato di una terapia aggressiva e molto precoce che può aver impedito al virus di 'agganciare' le cellule immunitarie della piccola", sottolinea Deborah Persaud, autore principale della relazione pubblicata su 'Nejm', virologa ed esperta di Hiv pediatrica in forze al Johns Hopkins Children's Center.
Persaud ha collaborato con l'immunologa Katherine Luzuriaga dell'University of Massachusetts Medical School, e la pediatra Hannah Gay dell'University of Mississippi Medical Center, che ha identificato e trattato la bimba e continua a seguirla. "Siamo entusiasti del fatto che resti senza farmaci e che non ci sia traccia rilevabile di replicazione del virus", commenta Gay. "La piccola continua a stare molto bene. Non c'è alcun segno del ritorno del virus Hiv. Continueremo a monitarla sul lungo termine".
La bambina è nata da madre sieropositiva e ha iniziato il trattamento antiretrovirale 30 ore dopo essere venuta alla luce. Una batteria di test nei giorni e nelle settimane seguenti ha mostrato una diminuzione progressiva della presenza del virus nel sangue, fino a quando è diventata totalmente non rilevabile, a soli 29 giorni dalla nascita. La piccola è rimasta comunque sotto antivirali fino al 18esimo mese. Poi è stata persa di vista al follow up per un po' e, ricordano i medici, nel frattempo aveva stoppato i trattamenti. I camici bianchi l'hanno sottoposta ripetutamente al test dell'Hiv: nessuno di questi esami ha rilevato il virus nel sangue, riferiscono gli autori del report.
L'esperienza della piccola statunitense, continuano gli scienziati, fornisce prove del fatto che i bambini con infezione da Hiv possono raggiungere la remissione virale se la terapia anti-retrovirale inizia entro poche ore o giorni dall'infezione. Uno studio finanziato a livello federale e programmato per l'inizio del 2014 verificherà il metodo del trattamento precoce usato nel caso del Mississippi. Obiettivo: capire se l'approccio può essere usato in tutti i neonati con infezione da Hiv. La tesi dei ricercatori è che la cura tempestiva ha bloccato la formazione di 'giacimenti' virali difficili da trattare. Si tratta di 'serbatoi' dormienti, nascosti nelle cellule immunitarie e in grado di riaccendere l'infezione nella maggior parte dei pazienti entro poche settimane dalla sospensione del trattamento farmacologico.
La piccola paziente Usa, assicurano gli esperti, non ha nessun 'superpotere': non mostra alcuna delle caratteristiche immuni osservate nei cosiddetti 'elite controllers', una piccola percentuale di persone infettate alle quali il sistema immunitario consente di tenere sotto controllo il virus naturalmente, senza farmaci. Ecco perché per i medici il merito del piccolo 'miracolo' spetta alla cura precoce.