di Federica Marino
(federica.marino@rai.it)
Siamo a Siviglia, il Siglo de Oro è appena cominciato e un giovane artista fa i primi passi nel mondo della pittura: è Francisco de Zurbarán, il “Caravaggio spagnolo”.
In Italia non c’era mai stato e Caravaggio non lo aveva conosciuto, però: la sua prima volta nel Belpaese è in questo autunno 2013 a Palazzo dei Diamanti, in una Ferrara che continua a risalire la china del devastante terremoto dello scorso anno.
Circa cinquanta le tele, per raccontare l’ascesa dell’artista che seppe incarnare perfettamente la sua epoca storica diventandone uno dei maggiori esponenti, con Velazquez e Murillo. Nelle otto sezioni cronologico-tematiche,. arte religiosa soprattutto: siamo in piena Controriforma nella cattolicissima e barocca Spagna e all’arte si chiede di emozionare, stupire, conquistare i fedeli.
Zurbarán lo fa, realizzando per chiese e conventi di Siviglia e dintorni grandi tele di santi, riportate in auge dal riabilitato culto delle immagini, come nelle piccole nature morte che mostrano un quotidiano intriso di spiritualità.
In ritratti a figura intera, in posa e abiti moderni, santi e sante, senza nulla perdere in aura mistica, sono calati con realismo nel mondo: anche nella produzione seriale e di bottega, destinata alle missioni d’America, spicca l’originalità di Zurbarán, che realizza figure plastiche e solenni, immerse in una luce potente e raffinata. Santa Casilda, musulmana di Toledo convertita al cristianesimo e morta centenaria dopo una vita di penitenza, emerge dalla tela, rivestita degli abiti sontuosi della sua giovinezza e con lo sguardo dritto allo spettatore, come in un richiamo. Miracoli, apparizioni e visioni raccontano il soprannaturale cattolico: la luce, simbolo e veicolo del divino, avvolge e isola il momento mistico o al contrario avvolge un’intera scena, rendendola ultraterrena. Spettacolare quando non teatrale la composizione, perché, anche qui, finalizzata a quella “meraviglia” che è scopo, nella poetica barocca, dell’arte.
E barocche, nel loro oscillare tra essere e apparenza, sono anche le rare nature morte di Zurbarán: gli oggetti quotidiani e quasi banali, raffigurati in esse con estrema fedeltà ,sono in realtà richiamo e allusione a un'altra dimensione, quella dello spirito, come in un gioco che nega e afferma. Verosimiglianza di figure che rappresentano oggetti che sono altro da quel che appaiono:così il quotidiano trascende se stesso e si fa mistico, e il mistico avvolge il quotidiano, rendendolo altro.
Zurbarán (1598-1664)
Ferrara, Palazzo dei Diamanti
Fino al 6 gennaio 2014