di Rodolfo Ruocco
(rodolfo.ruocco@rai.it)
Gli antichi romani, dopo aver abbattuto la monarchia, crearono la repubblica consolare prima di approdare all’impero. Due consoli, eletti per un anno, prendevano le supreme decisioni politiche e militari su indicazione del Senato. In genere andavano d’accordo, delle volte scoppiavano delle guerre civili come quella tra Gaio Giulio Cesare e Gneo Pompeo Magno.
Il Pd da tre mesi è retto da uno strano consolato Letta-Renzi. Enrico Letta da aprile è presidente del Consiglio e guida il fronte del partito favorevole al “governo di servizio”, formato da Pd, Pdl e Scelta civica.
Matteo Renzi, il “rottamatore”, invece, è alla testa di chi nel Pd, con varie motivazioni, ha “il mal di pancia” verso l’esecutivo di larghe intese con Silvio Berlusconi, il “nemico” di vent’anni di Seconda Repubblica.
I due “consoli” si sono fronteggiati anche nella caotica riunione della direzione democratica svoltasi venerdì sul tema del congresso. Il console Renzi ha fermato l’avanzata del rivale Letta, sostenuto dallo schieramento Epifani-Bersani-Franceschini. Ogni ipotesi di accordo sulle regole per eleggere il nuovo segretario è saltata. E’ passata la linea dei renziani, sostenuta anche da parte dei dalemiani (Cuperlo in testa), dalla sinistra ex Ds e dai Giovani turchi (tipo Orfini). Alla fine non si è votato sulla relazione del segretario Guglielmo Epifani e tutto è stato rinviato alla prossima direzione di mercoledì. Letta ha difeso “il governo di necessità” per fronteggiare l’emergenza economica per poi tornare al più presto al bipolarismo. Ha sollecitato ad eleggere per il congresso “un segretario che faccia il segretario”, non mettendo in difficoltà l’esecutivo.
Matteo Renzi, al contrario di Letta, ha taciuto. Ma i renziani hanno fatto i fuochi d’artificio. Hanno contestato tutto, salvo la convocazione del congresso a novembre avanzata dal segretario reggente. Hanno bocciato soprattutto due punti: 1) l’idea di far votare solo gli iscritti (sostenuta in particolare da Dario Franceschini); 2) l’ipotesi di tenere distinti gli incarichi di leader del Pd e di candidato alla presidenza del Consiglio. La spiegazione è semplice: Renzi può battere tutti nella corsa alla segreteria con “elezioni aperte” anche a non iscritti al Pd e non vuole incompatibilità tra la carica di leader del partito e presidente del Consiglio, perché punta a candidarsi a Palazzo Chigi.
Letta lo sa e corre ai ripari. Si dice convinto di superare tutti gli ostacoli. Giorni fa ha puntato il dito contro “i fighetti” del Pd in cerca di facili applausi. Ha ammonito parlando all’assemblea dei deputati del Pd:
“Non ci sono alternative politiche a questa maggioranza, neanche il voto con questa legge elettorale”. È un discorso in perfetta sintonia con Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica più volte ha rivolto accorati appelli al’”unità”, alla “stabilità politica” e alla “responsabilità nazionale, per non dare alibi agli attacchi speculativi della finanza internazionale ai titoli del debito pubblico italiano.
Il contrasto con Renzi è forte. Il sindaco di Firenze due settimane fa, alla Festa del Pd di Carpi, ha avvertito: “Voglio bene ad Enrico, ma l’accordo Pd-Pdl non può durare molto. Tutti i giorni deve parlare con Brunetta e Schifani”. Da tempo insiste sulla necessità di sottrarre elettori al centrodestra, vincere le elezioni ed evitare un governo di grande coalizione. Sono duri contrasti. Ma a chi ha ipotizzato una scissione, però, ha sempre risposto che resterà nel partito.
Il duello tra i “due consoli” del Pd è molto sentito dagli italiani. Un sondaggio dell’Ispo (Istituto per gli studi sulla pubblica opinione) pubblicato giovedì dal Corriere della Sera li dà come i politici più apprezzati. Letta è in vetta con la preferenza del 62% degli italiani (per il governo solo il 39% di giudizi positivi), lo tallona Renzi con il 61%, seguito da Emma Bonino con il 60%. Certo se il “rottamatore” divenisse segretario del Pd si innescherebbe un’altra mina sulla strada dell’esecutivo Letta. “La concordia è la forma più elevata dell’arte della politica”, diceva Plutarco. Per ora lo scontro prevale sull’unità. Sono “separati in casa”.