di Emanuela Gialli
(emanuela.gialli@rai.it)
Le video-conferenze istituzionali con gli astronauti italiani impegnati in missioni spaziali, brevi o lunghe che siano, sono diventate ormai un’abitudine. L’ultima era stata quella tra Paolo Nespoli, incursore della Folgore, con il Presidente della Repubblica Napolitano, che gli chiese se dalla Stazione spaziale internazionale si riuscivano a vedere le gondole di Venezia. E’ cronaca invece delle ultime ore il dialogo interstellare tra il premier Enrico Letta e Luca Parmitano, pilota collaudatore dell’Aeronautica, il primo italiano a effettuare due ‘passeggiate’ nello Spazio. Un colloquio avvenuto poco dopo il voto al Senato sulla mozione di sfiducia, respinta, al ministro dell’Interno Alfano, per l’espulsione della moglie e della figlia di due anni del dissidente kazako Ablyazov.
Per Letta è stata forse l’occasione per staccarsi, momentaneamente, dai terreni minati della politica; per Parmitano l’opportunità di spiegare cosa è successo durante la seconda uscita dalla Iss, lo scorso 16 luglio, quando, per sua stessa ammissione, ha rischiato di annegare nel casco che si stava riempiendo dell’acqua fuoriuscita dai tubi di raffreddamento della tuta spaziale. Per chi ha avuto la possibilità di seguire la conferenza in diretta nella Sala stampa di Palazzo Chigi è stata invece un modo per riprendere fiato nell’incessante ‘corsa alle notizie’ legate a un quadro politico che si scompone e ricompone continuamente. Così, con una platea giornalistica sotto stress da giorni, è stato il Presidente del Consiglio a fare le domande a Luca Parmitano. Ne è uscita una irrituale, simpatica e sincera ‘intervista’, che Enrico Letta ha chiuso chiedendo all’astronauta italiano di prenotare un posto per lui per la prossima missione sulla Stazione spaziale internazionale. Ma del premier c’è bisogno qui, ora e per i prossimi mesi. Questo in sintesi il colloquio tra Letta e Parmitano.
Luca buongiorno. Non so se è buongiorno, buonasera o buonanotte da lei, lassù. Che cos’è?
In questo momento è giorno, sia da un punto di vista dell’orario a bordo della Stazione –noi abbiamo il Greenwich meridian time, quindi siamo solo due ore indietro rispetto all’Italia – ma anche fuori della Stazione. Siamo in movimento sopra l’Atlantico, in direzione dell’Africa, e il sole splende intorno a noi.
Io volevo dirle quanto siamo orgogliosi di lei, del lavoro che sta facendo, di vedere quella bandiera dietro di lei (il tricolore, accanto al vessillo dell’Europa, ndr), è per noi veramente un grandissimo titolo di orgoglio nazionale.
Presidente, io vorrei ringraziarla innanzitutto di aver perso del tempo per parlare con me, oggi. In realtà sono io ad essere orgoglioso dell’Italia che mi ha permesso di arrivare sulla Stazione e di fare delle cose per aiutare il progresso. In un momento come questo, in cui si parla di crisi, è importante sapere che c’è una parte dell’Italia che continua a dare il meglio, in grado di offrire un contributo al mondo e all’uomo. Per questo è necessario insistere con la ricerca e aiutare i giovani.
Il messaggio che lei ci dà è bellissimo, viene dallo Spazio. Io spero che messaggi simili vengano anche dalla Terra, dal nostro Paese: questa è la cosa più importante. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più su cosa vuol dire quello che lei sta facendo, sia dal punto di vista delle emozioni, delle sensazioni, come ha visto dall’alto il nostro Paese, innanzitutto, il nostro Mar Mediterraneo e quali sensazioni ha provato uscendo fuori, nello Spazio. Penso che sia un’esperienza indimenticabile, unica e mi fa molto piacere sentirla descrivere da lei.
La nostra Terra vista dallo Spazio è inconfondibile, è uno dei luoghi che attraggono l’occhio e più facilmente identificabili. La cosa bella della nostra Italia, lo Stivale, con le nostre isole, è che non esistono, vista dall’alto, i confini, esterni e soprattutto interni. Da qui non esistono un Nord, un Sud, un Centro. Esiste un’Italia che, geograficamente, è tutto un ‘continuum’. E questo è un messaggio che dovrebbe passare in chi ancora ingabbia l’Italia in divisioni che bisognerebbe superare. E’ una Terra ancora vivissima, che ancora mi fa sognare e che mi manca moltissimo, da quando vivo all’estero. Per quanto riguarda le mie sensazioni, ho portato con me, per questo collegamento video, e sono veramente contento di mostrarvi, ciò che mi ha accompagnato nelle due ‘passeggiate’: il casco. Mi ha protetto la vita nella prima uscita e mi ha salvato nella seconda. Vede, Presidente, c’è soltanto un visore, uno schermo, molto sottile a separare l’uomo dentro la tuta dallo Spazio. Vedere l’Universo, la nostra Terra, separato soltanto da un ostacolo così piccolo è stato veramente un privilegio, di cui sarò sempre grato alle autorità italiane per essere riuscite a concedermelo.
Mi dà una sensazione di cosa vuol dire avere paura, lassù dove è lei? Si ha paura?
E’ una domanda importantissima, Presidente Letta. Io rispondo sempre: solo gli stolti non hanno mai paura. E’ anche vero però che noi impariamo a controllare questa paura, ad analizzare i sentimenti della paura, per agire più velocemente e meglio, e convogliarli verso i nostri sforzi per risolvere le situazioni. Da un punto di vista puramente fisico, la paura si manifesta, come sulla Terra, con un battito cardiaco accelerato e l’adrenalina che scorre nel sangue. Poi però quando, come è successo a me nella seconda ‘passeggiata’ del 16 luglio, si comincia a sentire l’acqua che copre gli occhi e il naso e le orecchie, senza più vedere né sentire -sono soltanto riuscito a guidarmi verso la camera stagna- è l’addestramento che aiuta. In quel momento non c’è posto per la paura, c’è soltanto posto per cercare di definire un piano di azione . Quindi ho aperto una valvola di sfogo nel casco. Durante la pressurizzazione, nel caso in cui non fossi riuscito a eliminare tutta l’acqua, avrei aperto il casco. Sarei magari svenuto, ma almeno non sarei morto annegato. La capacità di pensare in maniera lineare anche in momenti di grande tensione è tutta dovuta all’addestramento, all’addestramento straordinario che ho ricevuto sia dall’Agenzia spaziale europea che da quella italiana. Non c’è nessun merito da parte mia. C’è soltanto l’addestramento che ci porta ad avere le capacità.
Com’è la convivenza con i suoi colleghi?
Bellissima domanda. Quest’anno si celebra la collaborazione tra Italia e Stati Uniti per la ricerca nello Spazio. Questo clima c’è anche a bordo. Sono tutti ragazzi straordinari. Abbiamo tutti la stessa passione e lo stesso obiettivo. Qui, sulla Stazione, operiamo per conto di cinque diverse agenzie (quella europea, l’americana, la russa, la cinese e la giapponese, ndr). E’ un team eccezionale.
Come sono le giornate sulla Stazione? Come le nostre? Come funziona una giornata?
In realtà noi abbiamo sedici albe e sedici tramonti, quindi noi non seguiamo il ciclo naturale, sarebbe impossibile. Ma le nostre giornate a bordo sono di 24 ore. Ci svegliamo alle 6, quando in Italia sono le 8, lavoriamo per circa otto ore e mezzo, durante le quali facciamo di tutto: dalla manutenzione della Stazione, delle tute spaziali, per le attività extra-veicolari, al resto. Dopo di che facciamo molta scienza e questo è uno dei momenti più importanti, perché la scienza che facciamo a bordo ha ricadute immediate sulla Terra. Poi facciamo esercizio fisico. Qui siamo in assenza di gravità, quindi dobbiamo preservare il fisico, facendo molta attività fisica, appunto.
Quando torna io l’aspetto qui, a Palazzo Chigi, perché avrei tante altre domande da farle.
Presidente, per me sarebbe un onore poterla incontrare e poter rispondere alle sue domande e spiegarle quello che ho fatto sulla Stazione e quello che fanno qui le agenzie internazionali. Vorrei invitare tutti a credere nello Spazio, a credere nell’Italia, che è un luogo di eccellenza per tutto ciò che è Spazio. Ricordo che in questo momento quasi il 50% della Stazione è stato costruito in Italia. Un vanto unico nel mondo, nessun altro Paese può vantare una analoga capacità di costruzione in campo aerospaziale. Alla fine di quest’anno, aggancerà la Iss la seconda navicella- cargo, di progettazione americana, “Cygnus”, il cui modulo pressurizzato ancora una volta è stato costruito in Italia. Una raccomandazione quindi ai giovani che sono il nostro futuro, affinché investano i loro studi e le loro conoscenza nella scienza aerospaziale, dove ci sono molte possibilità.
La ringrazio per le sue parole. In bocca al lupo per tutto quello che ha davanti e per tutto quello che dovrà fare. Noi siamo con lei che in questo momento è il testimone del nostro Paese e della nostra Europa lassù. L’aspetto qui tra quattro mesi e mezzo, quando tornerà. Se poi magari ha un posto per la prossima missione, vengo con lei.
Sarà un piacere poterla incontrare. Un piacere ancora più grande sarà avere per la prossima missione una compagnia italiana, se ci fosse posto nella navetta per arrivare quassù. Fino ad allora, il compito che sento fortissimo è di portare avanti la nostra bandiera, i nostri colori, facendo al meglio il mio lavoro, fino alla fine questa missione.