di Fabrizio de Jorio
(fabrizio.dejorio@rai.it)
Intervista a Rodolfo Sabelli, presidente dell’Associazione nazionale magistrati da marzo 2012 e sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia di Roma. Su un organico di circa 9mila magistrati ordinari, l’Anm conta oltre 8500 iscritti.
Presidente, infuriano le polemiche sul documento presentato al ministro della Giustizia Cancellieri nel quale l’Anm avanza proposte per una riforma del sistema Giustizia. Il plenum del Csm ha sollecitato il ministro a sostenere la magistratura a seguito degli attacchi ricevuti anche in occasione della recente manifestazione del PdL di Brescia. Qual è la vostra posizione?
Il recente documento vuole richiamare l’attenzione, seppur in pillole su alcuni temi, anche perché un documento più articolato e analitico l’abbiamo diffuso poco prima delle elezioni. In quel documento, presentato pochi giorni fa al ministro, ci siamo soffermati sulle riforme indicando anche le soluzioni per affrontare una radicale riforma della Giustizia. Durante l’incontro con il ministro abbiamo auspicato che di fronte ad attacchi violenti alla magistratura che come spesso ho sottolineato, creano problemi allo stato di diritto in se, non un problema alla magistratura bensì un vulnus allo stato di diritto, debba seguire una reazione compatta e corale che contrasti questo tipo di atteggiamento. Vede, nel momento in cui ci sono degli attacchi, in questo caso nei confronti della magistratura e attraverso la magistratura nei confronti dell’indipendenza e dell’autonomia della giurisdizione, mi sarei aspettato da parte delle istituzione e della politica una reazione un po’ di ferma, compatta, corale. Andare contro i magistrati non giova a nessuno.
C’e anche l’argomento delle intercettazioni, ritornato d’attualità a seguito della presentazione da parte del deputato PdL Enrico Costa di una proposta che ricalca quella fatta dal segretario del PdL Alfano nella scorsa legislatura.
Guardi in merito alle intercettazioni noi siamo d’accordo che bisogna intervenire ma solo per gli aspetti sui quali concordiamo: la tutela della riservatezza esprimendo la nostra contrarietà alla divulgazione dei contenuti delle intercettazioni, perché sarebbe illecita soprattutto per quei soggetti estranei al procedimento e toccano temi anch’essi estranei al procedimento perché ciò costituirebbe una inutile e pericolosa violazione della privacy. Mentre siamo fortemente contrari alla riforma delle intercettazioni che invece tocca le condizioni, le modalità, la loro durata, perché questo invece finirebbe per depotenziare uno strumento di indagine fondamentale.
In pratica nel documento dei saggi nominati da Napolitano c’è un accenno al tema della modifica delle intercettazioni.
Si, infatti, ma vede sulla modifica delle intercettazioni l’Associazione nazionale magistrati da sempre si è espressa in termini critici, fin dai tempi della presentazione del disegni di legge che mirano alla modifica dell’attuale sistema. Ribadisco che siamo contrari a una modifica che incida sulle condizioni delle intercettazioni che le depotenzi rendendo di fatto molto difficile il ricorso a questo strumento di indagine. Siamo invece favorevoli all’individuazione di soluzioni come per esempio una udienza stralcio più rigidamente disciplinata che si faccia carico dei problemi legati appunto alle inaccettabili violazioni del segreto delle indagini ed ad un inutile ed inaccettabile violazione della privacy.
Presidente dall’ultima riforma delle giustizia del 2006 sono passati sette anni. Cosa è cambiato e quali riforme urgenti e non più procrastinabili suggerite?
I problemi sono sempre gli stessi. Quando rileggo le relazioni che vengono illustrate in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario trovo sempre ripetute le medesime criticità. Il processo civile, pur se con meno enfasi, è un tema delicatissimo perché di fatto l’enorme arretrato blocca di fatto i processi civili. Questo è un tema sul quale concentrarsi. Anche i tribunali penali sono gravati da problemi di inefficienza e spesso si continuano a celebrare processi a carico di soggetti che sono irreperibili, processi contumaciali per reati modestissimi. Ma a cosa serve questo impegno gravoso per l’intero sistema Giustizia per poi arrivare a sentenze che di fatto non saranno mai eseguite? Anche qui la XVI legislatura si è conclusa con la mancata approvazione di uno dei rami del Parlamento di una legge che invece prevedeva proprio interventi specifici sui processi contumaciali, prevedeva l’introduzione della messa alla prova che avrebbe evitato o prevenuto la celebrazione di moli processi, prevedeva inoltre interventi sulle misure alternative al carcere. E’ vero sul tema delle condizioni carcerarie l’Europa ci ha messo in mora e bisogna intervenire sulle condizioni di una detenzione che non è più accettabile.
Tra le priorità urgenti?
Diciamo che cosa serve: serve una giustizia più efficiente, servono delle carceri. Questi sono i temi sui quali concentrarsi. Serve una forte attenzione sui temi della criminalità e dell'infiltrazione criminale nella realtà economica e finanziaria, nella Pubblica amministrazione. Dobbiamo fare tutti quegli interventi nel penale, ma anche nel civile, perché la scarsa attenzione al processo civile produce delle conseguenze ed una caduta di legalità che si riflette sul sistema complessivo.
Parliamo del clima rovente di questi giorni e delle ultime ore da parte della politica verso alcuni magistrati impegnati nei processi.
Periodicamente subiamo attacchi inaccettabili sono state usate addirittura parole fortissime: si è detto che i magistrati sono peggio della mafia, sono un cancro per la democrazia. Sono cose incredibili e non ci dobbiamo arrivare all’assuefazione. In nessun Paese civile si può svolgere un attacco alla magistratura con questa violenza, soprattutto da parte della politica.
Parliamo dell’amnistia spesso invocata dai radicali per risolvere l’emergenza sovraffollamento delle carceri. La scorsa legislatura anche il presidente della Repubblica Napolitano la definì “una prepotente urgenza” e l’Europa spesso condanna l’Italia per le violazioni delle convenzioni internazionali e per le condizioni disumane dei detenuti. Siete sempre contrari ad un provvedimento di amnistia?
Il problema è quello di scegliere delle soluzioni che diano delle risposte strutturali. Questo tipo di interventi, amnistia e indulto ci sono stati anche recentemente ed ora siamo peggio di prima. Pensiamo innanzitutto al problema strutturale. Perché varare un’amnistia o un indulto farebbe reggere il sistema per qualche anno ma poi ci ritroveremmo come prima. Risolviamo il problema dalla redice. Dobbiamo smetterla di pensare che la sanzione detentiva è l’unico soluzione o obiettivo principale di ogni processo. Oggi abbiamo a disposizione nel nostro sistema una serie di misure sanzionatorie che possono essere anche più efficaci come quelle patrimoniali, interdittive.
Pensa quindi ad una depenalizzazione dei reati?
Laddove si può intervenire siamo d’accordo alla depenalizzazione dei alcuni reati minori, ripensiamo al sistema sanzionatorio cercando sanzioni anche diversa da quella detentiva che possano nel caso concreto alleggerire il sistema nel suo complesso. Chi commette un reato considera la sanzione detentiva quasi scontata: invece il problema è rendere il reato non più conveniente. Chi commette un reato e viene condannato a sei mesi e poi magari mantiene il beneficio economico che ne ha ricavato, questo limita molto l’obiettivo di indurre a non commettere il reato. Se chi commette il reato è consapevole che il giudice potrà intervenire con degli strumenti patrimoniali efficaci questo aiuterà a raggiungere l’obiettivo di una risposta sanzionatoria per prevenire e reprimere con maggior efficacia i reati.
Parliamo di giustizia disciplinare: da più parti si è invocata l’esigenza di passare le competenze dalla sezione disciplinare del Csm ad una Corte composta da magistrati anche contabili e amministrativi e comunque diversi dai membri del Consiglio per evitare conflitti di interesse ed eventuali indulgenze corporative. Qual è la posizione dell’Anm?
Siamo contrari a qualsiasi ipotesi che tenda a sottrarre la giustizia disciplinare dalla competenza del Csm, che esercita il governo autonomo della magistratura, stabilito dalla Costituzione a tutela dei principi di indipendenza e autonomia della giurisdizione e non come privilegio dei magistrati. La creazione di un’Alta corte di giustizia per i giudizi disciplinari prevede un organismo unico per tutte le giurisdizioni: come noto in Italia, oltre alla magistratura ordinaria, abbiamo quella contabile, amministrativa e quella speciale che hanno sistemi completamente diversi sia per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, la giurisdizione ma anche per le questioni disciplinari. Applicare il principio dell’unicità di una Corte disciplinare a sistemi giurisdizionali radicalmente diversi e considerati diversamente anche dalla Costituzione, prescindendo dalla valutazione di queste caratteristiche, è inammissibile.
Il vicepresidente del Csm Vietti aveva proposto che a comporre la sezione disciplinare del Csm fossero membri diversi da quelli che siedono nel plenum del Consiglio, proprio per evitare possibili influenze da parte delle correnti e quindi anche per dare al giudice disciplinare più autonomia e indipendenza di giudizio.
Infatti tra le soluzioni allo studio ci sarebbe proprio quella di prevedere all’interno del Csm una sezione dedicata elusivamente alla gestione delle competenze disciplinari. Occorrerebbero degli interventi di carattere normativo ma questa è una soluzione che non altera la sostanza della giustizia disciplinare e dell’organo disciplinare.