Anche in tempi di crisi, l'Italia è un Paese ''sprecone'' a tavola. Un vizietto, in crescita da 30 anni, che si manifesta tra le mura di casa ma anche nelle mense, e persino all'origine della catena distributiva, nelle industrie dell'alimentare e nei campi. In Italia ogni giorno 4 mila tonnellate di alimenti consumabili finiscono tra i rifiuti, una quantità che in un anno raggiunge il peso di 8,8 milioni di tonnellate secondo Barilla Center for food and Nutrition (Bcfn). La quantità di alimenti che finiscono tra i rifiuti, secondo dati del Bcfn, ammonta a 27 Kg pro-capite che si traducono in un costo di 454 euro all'anno per famiglia.
''Con il cibo che buttiamo, che scade, che viene gettato via dalle mense o che rimane a marcire nei campi - ha sottolineato Last Minute Market - si potrebbe sfamare la Spagna, oppure tre quarti dei nostri connazionali (oltre 44 milioni di persone). Nel nostro Paese, secondo i dati dell'osservatorio Waste watcher di dieci giorni fa, lo spreco alimentare arriva a rappresentare l'1,19% del Pil. Di questi, 'solo' lo 0,23% e' perso lungo la filiera. Il 42% del totale, si produce in casa (il 25% della spesa alimentare in peso) e almeno il 60% di questo spreco potrebbe essere evitato.
Nel dettaglio, i prodotti piu' sprecati sono, in ordine: il pane, l'ortofrutta (circa il 40% dello spreco), il latte e i formaggi, la carne. In particolare, da una analisi sulla filiera di Last Minute Market, emerge che nei nostri campi rimane tanta frutta e verdura quanta quella che consumiamo. ''Gli sprechi alimentari della distribuzione al dettaglio - denuncia ancora Last Minute Market - permetterebbero di sfamare per un anno una citta' come Genova''.
Nell'industria agroalimentare lo spreco si è attestato a circa il 2,2%, oltre 2 milioni di tonnellate. Presso i centri agroalimentari e' emerso che ogni anno una percentuale di ortofrutta che si attesta a circa all'1,2% viene gestita come rifiuto.
Nel mondo la maglia nera degli spreconi spetta agli Stati Uniti che buttano via il 40% degli alimenti prodotti. Ma l'Italia non sembra essere molto più virtuosa: circa 1/3 della nostra produzione è cestinato.