Manet a Venezia, il ritorno

Radici italiane per l'impressionista

di Federica Marino
(federica.marino@rai.it)

Aspettando la Biennale,Venezia coccola visitatori e autoctoni con una grande mostra nelle sale di Palazzo Ducale, dedicata a Edouard Manet.

Il titolo non fa mistero dello scopo del percorso espositivo: Manet – Ritorno a Venezia rintraccia i segni della grande pittura veneta e italiana nell’opera dell’artista impressionista, in un gioco di specchi che mette a confronto la francese Olympia con la Venere di Urbino – ormai naturalizzata fiorentina- di Tiziano Vecellio.

La solita storia di antichi e moderni? Piuttosto artisti moderni e rivoluzionari in epoche diverse, che in questa mostra si danno appuntamento fuori dal tempo, in un incontro inedito sulle pareti degli Appartamenti del Doge. Con l’Olympia, è arrivata anche la Colazione sull’erba in una replica londinese dell’originale, rimasta invece in sede a Parigi: anche qui il confronto è con Tiziano – oltre che con Raffaello – mentre altre tele intrecciano fili con diversi artisti rinascimentali: il giovane gentiluomo di Lorenzo Lotto a fianco di Zola, la famiglia borghese del Balcone che si affaccia sulla loggia del Carpaccio, le serate in maschera di Francesco Guardi accostate ai balli parigini.

Il primo viaggio in Italia -e a Venezia - di Manet è del 1853, quando il giovane è appena ventunenne: il suo talento precoce si è già esercitato tra i copisti del Louvre, i giovani artisti che si esercitano a riprodurre le opere dei grandi del passato, e la mostra si apre proprio con una serie di libere interpretazioni di antichi dipinti, affreschi e sculture che Manet vide lungo la Penisola, nel ’53 come anche quattro anni più tardi.

Poi Manet torna in patria e non sarà nuovamente in Italia fino al 1874, ormai nella sua maturità artistica. Non è un caso, segnala il presidente del Musée d’Orsay e condirettore scientifico della mostra veneziana Guy Cogeval, che il nuovo viaggio in Italia arrivi pochi mesi dopo il rifiuto di partecipare alla prima esposizione degli Impressionisti, come se l’artista che per anni aveva cercato una difficile affermazione attraverso gli istituzionalissimi Salons si voltasse indietro a guardare la strada percorsa, trovando nell’arte classica un punto di riferimento per guardare avanti a una “nuova modernità parigina”.

L’arco di tempo racchiuso tra i due viaggi veneziani è un utile strumento per seguire lo sviluppo dell’artista dagli esordi alla maturità, senza ridurlo a pura cronologia, e infatti le sale sono tematiche: dopo le copie e il gioco di specchi, c’è una sala dedicata alle nature morte, formula olandese ma struttura e colori potenzialmente italiani, mentre in un’altra si ammirano opere dalla meglio riconosciuta impronta spagnola, Goya, El Greco e Velazquez soprattutto.

Poi gli anni della maturità e un gran finale tutto lagunare: siamo nel 1874, e Manet dipinge il Canal Grande: la mostra si chiude su questo omaggio a Venezia, in una delle due piccole tele dedicate alla grande via d’acqua. Ottanta le opere in mostra con tele, disegni, schizzi e annotazioni.

Manet. Ritorno a Venezia
Venezia, Palazzo Ducale
Fino al 18 agosto 2013