Se fosse l'economia di una nazione, il sommerso in Europa sarebbe grande quasi come la Germania. E calcolando solo la somma sottratta in termini di tasse 'varrebbe' piu' o meno quanto il Pil sommato di Belgio e Paesi Bassi. Bastano questi paragoni per dare le dimensioni (e le implicazioni) del fenomeno: che colpisce indifferentemente paesi virtuosi e non, ma con percentuali assai diverse e quindi ricadute piu' o meno pesanti.
Cifre esatte non ne esistono dato che misurare qualcosa di indefinito e', per definizione, impossibile. Ma le due piu' recenti stime - quella fornita dal thin tank Tax Research e da Visa - differiscono di poco, confermando l'ampiezza del problema. Secondo Tax Research l'economia sommersa europea si attesterebbe a 2.260 miliardi di euro (il 22,1%) del Pil totale dei paesi interessati, mentre per la societa' che gestisce le carte di credito il volume sarebbe di circa 2.100 miliardi, pari al 18,5% dell'intera attivita' economica europea. Quanto alle tasse evase, il conto e' nettamente superiore agli 850 miliardi, molto di piu' di quanto l'Unione europea spende per la salute dei suoi cittadini.
Inutile sottolineare che in questa poco onorevole classifica l'Italia si piazza ai primi posti: secondo Tax Research il valore del 'nero' nel nostro paese si avvicina al 27% del Pil per un valore di 420 miliardi di euro (con mancate entrate fiscali per 180 miliardi, 45 volte l'Imu sulla prima casa) mentre per Visa siamo a 333 miliardi (e una quota di Pil del 21%).
Escludendo l'Europa orientale (dove le percentuali sfiorano il 30% ma comunque il sommerso totale degli undici paesi interessati non arriva a quello della sola Italia) praticamente ci batte per valore la sola Germania (351 miliardi) ma con una quota di Pil del 13%. Siamo in ogni caso lontanissimi dal valore dei nostri vicini (Svizzera 7%, Austria 8% e Francia 10%).
E quel che e' peggio e' che - a differenza di quasi tutti i partner dell'Eurozona - l'Italia non ha registrato progressi su questo fronte dall'inizio della crisi a oggi: dal 2008 a oggi il calo della 'shadow economy' e' intorno all'1 per cento mentre in Francia supera il 10%.
Lo studio di Visa indica come la crisi economica europea ha spinto con forza molti Governi ad adottare misure contro l'economia sommersa per consolidare le finanze e per far partire la ripresa. La maggior parte di questi interventi e' di carattere 'punitivo', fra multe e controlli piu' serrati. Ma quello dell'economia sommersa e' anche un fenomeno strettamente legato ai contanti ed e' generato da lavoro nero e non dichiarato.
Di qui l'enfasi dello studio a quegli interventi 'costruttivi' - come la riforma tedesca sui 'mini-lavori', che semplifica gli adempimenti burocratici e favorisce la regolarizzazione - oltre che alla progressiva riduzione del contante. Lo studio di Visa Europe stima che il 10% ( circa 200 miliardi) dell'economia sommersa potrebbe emergere con l'uso dei pagamenti elettronici.
L'esperienza internazionale suggerisce che esiste una chiara correlazione tra la dimensione del 'nero' e il numero di pagamenti elettronici che vengono effettuati. Per esempio in quei paesi dove i pagamenti elettronici sono largamente utilizzati, quale il Regno Unito, la dimensione dell'economia sommersa e' significativamente ridotta rispetto a un paese quale la Bulgaria dove i pagamenti elettronici non sono largamente diffusi. I settori particolarmente associabili all'economia sommersa sono: edile, commercio, manifatturiero, turismo e trasporto. Nel settore del commercio, per esempio, il rapporto mostra che lo shopping online crea trasparenza e argina l'economia sommersa perche' limita le possibilita' di effettuare vendite non dichiarate.
Quanto all'Italia il livello relativamente basso di diffusione dei pagamenti elettronici e di inclusione bancaria favoriscono l'alto livello di sommerso, anche se i pagamenti online nel nostro paese sono cresciuti del 17% nel solo 2012, migliorando la trasparenza e cosi' limitando la possibilita' di non dichiarare vendite e altre operazioni commerciali.