Non si puo' dire che il tris di film italiani che quest'anno sara' al Festival di Cannes (15-26 maggio) non ci rappresenti davvero. Intanto c'e' il film di Paolo Sorrentino ‘La grande bellezza’ in concorso che unisce la tradizione di una dolce vita divenuta cafonal, volgare come i nostri tempi, e il contrasto della bellezza di una Roma troppo snob per soffermarsi piu' di tanto al teatrino contemporaneo. C'e' poi l'inossidabile brand della mafia unito a quello del miracolo italiano di ‘Salvo’ (film Quinzaine) e, infine, si arriva al doppio tabu' raccontato dall'opera prima di Valeria Golino ‘Miele’, con protagonista Jasmine Trinca. Ovvero il tabu' della morte e quello del suicidio assistito.
‘La grande bellezza’ - una Roma indolente, barocca, stra- cafonal, con donne di plastica e uomini da poco e' quella che Sorrentino porta in concorso. "Ringrazio il Festival per l'invito e l'attenzione con cui segue il mio lavoro fin dagli esordi. Essere selezionati tra migliaia di film e' gia' un grande riconoscimento", ha dichiarato a caldo il regista. Un film, il suo, che guarda a ‘Satyricon’ e a ‘La dolce vita’, tenuto segreto come e' abitudine del regista de ‘Il divo’. Nelle prime immagini si intravede una Roma rumorosa che balla e mangia sulle terrazze dei palazzi umbertini incurante della storia che la circonda. Una capitale volgare e nobile allo stesso tempo e anche piena di una mondanita' incapace di disinvoltura. Neppure il Virgilio di questo inferno di brutta musica, donne di plastica e palazzinari la salva. Ovvero il giornalista e scrittore sessantenne, Jep Gambardella (Toni Servillo), protagonista del film approdato a Roma a ventisei anni (proprio come Federico Fellini) che si porta addosso tutta la fame e la curiosita' della provincia. Lui, immobile tra la gente che balla dice nel trailer: "Non volevo essere semplicemente un mondano, volevo diventare il re dei mondani. Io non volevo solo partecipare alla feste, io volevo avere il potere di farle fallire". E ancora: "E' tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio, il sentimento, l'emozione e la paura, gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile". 'La grande bellezza" esce in Italia il 21 maggio.
‘Salvo’ - "Un killer di mafia, Salvo, entra in una casa per uccidere un uomo, ma li' incontra Rita, sorella cieca dell'uomo che deve uccidere. Lei tenta di salvare il fratello, ma non ci riesce. I due lottano e, come per miracolo, a Rita torna la vista. E il killer non l'abbandona piu"'. Cosi' Antonio Piazza, coregista insieme a Fabio Grassadonia, parla dell'opera prima di amore e mafia dei due registi siciliani che passa a La semaine de la critique. "E' un modo di parlare di contatto oggi a Palermo tra due persone diverse come parla di libero arbitrio. E non solo, attraverso il miracolo Rita vede per la prima volta, ma anche Salvo e' come se vedesse per la prima volta in vita sua". ‘Salvo’ ha per protagonisti l'attore palestinese Saleh Bakri, gia' interprete di ‘Elia Suleiman’, l'esordiente Sara Serraiocco e Luigi Lo Cascio.
‘Miele’ - non e' un film facile, ma duro, molto duro, con una sua bellezza nonostante si parli di morte, malattia e suicidio assistito. Il lungometraggio che passa nella sezione Un certain regard, ha come protagonista la Trinca nel ruolo di Irene, un pietoso quanto perfezionista angelo della morte che, a pagamento e illegalmente, da' la morte, a quei malati terminali che hanno deciso di farla finita. Che non vogliono piu' soffrire. Ma in 'Miele', liberamente ispirato al romanzo 'A nome tuo' di Mauro Covacich (Einaudi), a un certo punto succede una cosa imprevista che scompiglia le carte nella vita di Irene, una donna complicata che compensa il peso della morte di cui e' portatrice con un'attivita' compulsiva, fatta di nuotate nel mare d'inverno, di corse in bicicletta e di sesso. Irene viene a un certo punto contattata da un settantenne colto e nichilista, l'ing. Carlo Grimaldi (uno straordinario Carlo Cecchi), che vuole morire ma, che scoprira' solo dopo, non e' affatto malato, ma ha solo il disagio di vivere una contemporaneita' di cui non condivide nulla. Un incontro che li cambiera' entrambi.