Il Corpo forestale dello Stato è da sempre impegnato per la salvaguardia, il mantenimento, e l’incremento della biodiversità. L'istituzione delle Riserve naturali dello Stato e l’opera di gestione dell'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali dei territori così tutelati ha permesso di costituire, a partire dal 1910, la prima ossatura della rete italiana delle aree protette. Ciò avveniva in una fase storica nella quale la pressione sull'ambiente naturale era enormemente aumentata dallo sviluppo economico e demografico.
Oggi il Corpo forestale dello Stato è chiamato a nuove sfide nella vigilanza e gestione delle 130 Riserve naturali dello Stato, alla ricerca di soluzione alternative in grado di rispettare gli ecosistemi preservati nel tempo e al contempo di rispondere ai bisogni della società. Nel 2009, con l’istituzione dell’Ufficio per la Biodiversità il Corpo forestale dello Stato si è posto prioritariamente la gestione conservativa degli ecosistemi forestali per preservare la biodiversità in tutti i suoi livelli.
Il valore naturalistico custodito dalle Riserve naturali dello Stato è di assoluta rilevanza nazionale e internazionale non solo dal punto di vista floristico, ospitando quasi il 20% delle specie vegetali considerate a rischio di conservazione in Italia, ma anche dal punto di vista faunistico per la presenza di mammiferi come l’orso, il lupo, la lontra, lo stambecco e la lince. Per quanto riguarda l’avifauna, poi, delle 88 specie considerate più a rischio in Italia ben 61, ovvero il 70%, nidificano all’interno di queste aree.
La gestione delle Riserve Naturali è affidata all’Ufficio per la Biodiversità del Corpo forestale dello Stato che coordina una serie di attività e interventi mirati e proporzionati alle caratteristiche naturali e sociali dei territori protetti anche attraverso la promozione di nuove forme di utilizzazione delle risorse naturali basate sulla sostenibilità e sulla rinnovabilità.
Tra queste azioni assumono particolare importanza quelle relative all’attuazione di progetti finanziati attraverso il Regolamento Comunitario di conservazione di habitat e specie minacciate LIFE Natura.
Il progetto LIFE+ “Gestione multiuso delle foreste: ciclo del carbonio, biodiversità e benessere socio-economico” si pone diversi obiettivi in tema di Gestione Sostenibile delle Foreste tra cui l’analisi degli impatti di differenti forme di gestione delle foreste riguardo al ciclo del carbonio e la biodiversità, la definizione e il confronto tra vari indicatori di Gestione Forestale Sostenibile, l’elaborazione di “buone pratiche” selvicolturali per la conservazione e il miglioramento degli stock di carbonio proteggendo al contempo la biodiversità, il paesaggio e la connettività tra gli ecosistemi. Il progetto, che terminerà nel 2015, sarà coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e vi partecipano anche l’Università degli Studi del Molise, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura, le Regioni Veneto e Molise, l’Istituto Sloveno per la Selvicoltura. I boschi gestiti dagli Uffici Territoriali per la Biodiversità di Tarvisio, Vittorio Veneto, Vallombrosa, Castel di Sangro, Isernia, Mongiana costituiranno le aree d’intervento e di studio. Il Centro Nazionale Studio e Conservazione Biodiversità Forestale “Bosco Fontana” e il Centro di Ricerche Ambienti Montani (CeRAM) dipendenti rispettivamente dagli UTB di Verona e di Castel di Sangro cureranno i monitoraggi faunistici sulle aree campione.
Si segnala inoltre, tra i progetti di conservazione di habitat e specie minacciate finanziati attraverso il Regolamento Comunitario LIFE Natura, il LIFE+ “Montecristo 2010”, che prevede l'eliminazione delle specie aliene invasive nelle isole di Montecristo e Pianosa ed è in parte la prosecuzione di due precedenti progetti LIFE condotti nell'Arcipelago Toscano. Attività di conservazione delle risorse genetiche su specie ed ecotipi vegetali autoctoni e/o minacciati vengono condotte nelle strutture per la raccolta e la conservazione dei semi di Dogana di Peri e Pieve Santo Stefano riconosciuti come Centri Nazionali per lo Studio e la Conservazione della Biodiversità Forestale, mentre il genoma di specie animali selvatiche e razze domestiche a rischio di estinzione viene conservato in Riserve naturali di popolamento animale e in altri territori destinati a tali attività. Un terzo Centro Nazionale per la Conservazione della biodiversità è quello di Bosco Fontana ove, attraverso studi finalizzati alla conoscenza degli invertebrati saproxilici, sono stati sperimentati metodi per la valutazione dei livelli di diversità biologica degli ecosistemi attraverso l’utilizzo dei suddetti invertebrati come bioindicatori.
Il Corpo forestale dello Stato promuove azioni di polizia correlate alla prevenzione e repressione dei reati ambientali che possono incidere significativamente sulla conservazione delle risorse naturali (incendi boschivi, bracconaggio, inquinamento, abusivismo edilizio, cave, discariche, ecc.). Il Corpo forestale dello Stato svolge anche compiti di informazione e di educazione ambientale sul territorio promuovendo una migliore conoscenza del territorio e stimolando il senso di cittadinanza attiva.
Dal 1980, inoltre, il Corpo è incaricato di dare applicazione in Italia alla Convenzione di Washington (Cites) sul commercio delle specie di fauna e flora in estinzione, effettuando ogni anno anche sequestri di animali esotici vivi importati illegalmente.
LE 130 RISERVE GESTITE DAL CORPO FORESTALE
Attualmente al Corpo forestale dello Stato sono affidate 130 Riserve naturali per una superficie totale di circa 90mila ettari, la spina dorsale verde d’Italia, che custodisce i gioielli naturalistici più preziosi del Paese. Le Riserve inserite all’interno dei Parchi Nazionali sono 58 e rappresentano il vero cuore del Parco dove sono tutelate le maggiori emergenze naturalistiche.
Le Riserve sono rappresentative di habitat e territori distribuiti lungo tutta la Penisola. Sulle Alpi, in aree come ad esempio la Riserva della Val Grande o le Riserve delle Dolomiti Bellunesi, la natura è stata risparmiata da quegli interventi distruttivi, in particolare collegati allo sviluppo turistico delle zone montane, che hanno manomesso purtroppo molte vallate e rilievi.
Nell’area della Valle Padana in particolare l’agricoltura industriale e l’antropizzazione con il loro capillare sfruttamento dei suoli e delle risorse hanno finito per relegare le aree naturali in territori residuali e marginali. Proprio tali zone rappresentano quindi testimonianze di fondamentale valore scientifico. In tal senso le Riserve Naturali dello Stato della Val Padana costituiscono un patrimonio prezioso e insostituibile laddove hanno permesso la permanenza di entità animali e vegetali altrimenti destinate ad una sicura estinzione. Basta citare il caso del Bosco della Mesola e del Bosco Fontana.
L’ambiente appenninico è rappresentato da una rete di riserve di importanza naturalistica inestimabile con la presenza dei più bei boschi montani dell’Italia peninsulare come le faggete di Sasso Fratino e dell’Abetone o gli ecosistemi tutelati in Molise nelle Riserve di Collemeluccio e Colle di Mezzo che godono anche del riconoscimento di Riserva della Biosfera dell’UNESCO.
Nel sud d’Italia, dove si è sviluppata una maggiore attenzione verso le tematiche ambientali, le Riserve Naturali dello Stato costituiscono vere e proprie oasi naturali. A titolo di esempio possono essere citate le foreste del Gargano, i boschi di pino laricio e di abete bianco del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte e i pini loricati della Riserva di Orsomarso. Molte delle Riserve presenti sull’Appennino sono anche famose per la tutela che garantiscono agli ambienti rupestri. In proposito si ricordano quelle della Pania di Corfino e dell’Orrido di Botri in Toscana, la riserva del Monte Velino e le riserve della Majella in Abruzzo nonché quelle delle Gole del Raganello e della Valle del Fiume Argentino in Calabria. Si tratta di ambienti di basilare importanza per la conservazione delle specie animali e vegetali più rare d’Italia con particolare riferimento alle specie endemiche relitte sopravvissute in tali habitat esclusivamente per la loro inaccessibilità garantita da forme di gestione orientate prioritariamente alla conservazione.
Particolare importanza hanno le Riserve Naturali dello Stato per la conservazione degli ambienti costieri e delle zone umide. Le zone litoranee sono tra quelle più minacciate in Italia a causa soprattutto dello sviluppo edilizio, in particolare turistico, e dell’inquinamento. Alcune di queste riserve insistono su tratti di costa che sono stati salvaguardati grazie all’assidua attività di vigilanza e tutela svolta, attività queste senza le quali oggi molti dei nuovi parchi italiani non potrebbero vantare le loro aree costiere più spettacolari e pregiate dal punto di vista naturalistico come quelle della Pineta di Ravenna nell’Alto Adriatico, dei litorali rocciosi dell’Isola di Montecristo e dell’Isola di Caprera, del Lago di Lesina, dei Pantani dell’Inferno sul litorale del Circeo, di Metaponto ecc. In alcuni casi va posto in evidenza come l’opera di conservazione non sia stata passiva ma abbia comportato ingenti interventi di consolidamento delle dune.
Le zone umide infine rappresentano senza dubbio uno degli habitat più rari e preziosi tutelati dalle Riserve. Delle 14 aree protette che possono classificarsi come zone umide 9 sono riconosciute d’importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar. Va rilevato tuttavia che molte riserve prevalentemente forestali, come ad esempio il Bosco della Mesola o la Foresta di Sabaudia, presentano al loro interno ambienti umidi di inestimabile valore naturalistico in quanto relitti delle grandi paludi andate perdute nelle opere di bonifica ed antropizzazione delle pianure.
Le zone umide propriamente dette sono costituite da tratti fluviali con i loro bacini di espansione (ad esempio le riserve di Foce Reno e di Frattarolo), da lagune salmastre costiere (come le Sacche di Bellocchio sul Mar Adriatico o i laghi Pontini sul Mar Tirreno), da saline (come Cervia, Tarquinia e Margherita di Savoia) o laghi interni (come Campotosto). Anche una sommaria lista degli animali e delle piante rare e protette in questi ambienti sarebbe molto lunga. Per quanto riguarda l’avifauna sostano durante le migrazioni e durante il periodo invernale migliaia di uccelli. Nelle Saline di Margherita di Savoia, una delle aree di maggiore importanza per l’avifauna a livello continentale, svernano fino a 40mila uccelli acquatici e nei laghi pontini più di 20mila. Durante le migrazioni le presenze sono ancora maggiori. . Dal punto di vista floristico rappresentano soltanto lo 0,33 % del territorio nazionale e circa il 3 % della superficie protetta. Ospitano quasi il 20% delle specie vegetali considerate a vari livelli a rischio di conservazione in Italia. Tale dato è di grande importanza soprattutto dal punto di vista qualitativo trattandosi in molti casi di entità di eccezionale valore scientifico per la peculiarità delle loro caratteristiche.
Dal punto di vista faunistico il valore di queste aree protette è di assoluta rilevanza nazionale e comunitaria per la presenza di mammiferi come l’orso, il lupo, la lontra, lo stambecco, la lince, ecc.
Per quanto riguarda l’avifauna, delle 88 specie considerate più a rischio in Italia, ben 61, ovvero il 70%, nidificano all’interno delle riserve a fronte di una superficie del 5% rispetto a quella protetta nazionale. Dal punto di vista qualitativo si rileva che molti di questi uccelli, come ad esempio il lanario, il picchio rosso mezzano, la volpoca, la beccaccia di mare ed altri, sono considerati a livello di conservazione critico in Italia e alcuni come ad esempio il gabbiano corso, il tarabuso e la berta minore, sono minacciati anche a livello europeo.
GLI UFFICI TERRITORIALI PER LA BIODIVERSITÀ
Lo Stato ha la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. La legge n.36 del 2004 stabilisce le funzioni e le attività del Corpo forestale dello Stato per la tutela di questi beni inestimabili. Tra queste figurano sia le azioni di polizia correlate alla prevenzione e alla repressione dei reati ambientali che possono incidere significativamente sulla conservazione della biodiversità (bracconaggio, inquinamento abusivismo edilizio, cave, discariche, ecc.) sia la vigilanza e la gestione delle Riserve Naturali dello Stato.
Quest’ultima importante funzione viene affidata all’Ufficio per la biodiversità, deputata a:
• amministrare, tutelare e salvaguardare le riserve naturali statali riconosciute di importanza nazionale o internazionale nonché gli altri beni destinati alla conservazione della biodiversità animale e vegetale;
• coordinare le attività di Centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale
Dall’Ufficio centrale per la biodiversità dipendono gli Uffici Territoriali per la Biodiversità che operano direttamente sulle aree protette e sugli altri beni amministrati. Le attività dei 28 Uffici per la biodiversità sono orientate alla conservazione e alla valorizzazione delle Riserve naturali dello Stato e degli altri beni amministrati e gli interventi sono mirati e proporzionati alle caratteristiche naturali e sociali dei territori anche attraverso la promozione di nuove forme di utilizzazione delle risorse naturali fondate sulla sostenibilità e sulla rinnovabilità.
Gli Uffici territoriali per la biodiversità, coordinati dall’Ufficio per la biodiversità, costituiscono una vera e propria rete di conoscenza della biodiversità del nostro Paese, elementi catalizzatori per l’attuazione degli studi in campo ambientale. Le attività condotte dagli Uffici Territoriali per la Biodiversità possono essere così sintetizzate:
• Interventi di conservazione e miglioramento naturalistico. Particolare rilievo in tal senso hanno le azioni sui siti d’importanza comunitaria tramite azioni cofinanziate dalla Commissione Europea nell’ambito dei Progetti LIFE. Le varie tipologie di interventi sono programmate con l’obiettivo di massimizzare le potenzialità ambientali dei siti e basandosi su specifiche ricerche naturalistiche prevedono la redazione di piani di gestione, il miglioramento di zone umide, interventi di miglioramento su formazioni forestali, monitoraggi sulla fauna rara e minacciata, ripristino di prati-pascoli, restauro di habitat costieri degradati, ecc;
• Interventi di selvicoltura naturalistica e di sviluppo di metodi di gestione forestale sostenibile anche attraverso il supporto e le metodologie messe a punto negli ultimi anni dal laboratorio del Centro Nazionale per la Conservazione della Biodiversità Forestale di Verona-Bosco Fontana;
• Attività di conservazione delle risorse genetiche su specie ed ecotipi vegetali autoctoni e/o minacciati consistenti nella raccolta, coltivazione e diffusione di sementi, talee, tessuti in vitro e piante rappresentativi della variabilità genetica forestale nazionale. I centri di Peri e di Pieve Santo Stefano sono stati riconosciuti come Centri Nazionali per la Conservazione della Biodiversità Forestale.
• Attività di ricerca e monitoraggio ambientale anche mediante l’attivazione di numerosi accordi con Istituti di ricerca (Università, Istituti CRA, ISPRA, ecc.) che portano annualmente alla pubblicazione di numerosi articoli scientifici su prestigiose riviste specializzate nei vari settori della ricerca naturalistica.
• Interventi di reintroduzione di specie a rischio di estinzione o per il ristabilimento di catene alimentari come ad esempio le reintroduzioni dell’Avvoltoio Grifone e del Corvo Imperiale nella Riserva Monte Velino in Abruzzo e di cervi nelle riserve naturali della Majella, del Velino e nel Parco Nazionale della Calabria.
• Attività di conservazione su specie di particolare rilevanza naturalistica. Di particolare rilievo in tale contesto si inseriscono le azioni per la tutela e lo studio della lontra nelle Riserve Naturali della Majella, per la gestione in cattività di nuclei di lupo italiano (Centro di Popoli), per la tutela dell’orso bruno in Abruzzo e per l’orso e la lince a Tarvisio, per il monitoraggio sanitario della fauna selvatica.
• Interventi di selezione e di riequilibrio in habitat delicati come ad esempio quelli operati nel Bosco della Mesola con l’obiettivo del recupero dell’ultimo nucleo di cervo della Valle Padana e sull’isola di Montecristo per la tutela della capra selvatica.
• Allevamento e conservazione del patrimonio genetico di specie di animali selvatici e razze domestiche a rischio d’estinzione. Queste attività, abbandonata ogni funzione produttiva, sono oggi orientate esclusivamente alla tutela della biodiversità rappresentata da razze zootecniche reliquie in via di estinzione o all’allevamento di specie selvatiche autoctone con rigidi criteri scientifici finalizzato al ripopolamento di aree protette (esempio starna e trota marmorata)
• Attività di educazione e divulgazione che hanno ricevuto negli ultimi anni un grande impulso nella consapevolezza che soltanto una seria e competente opera di informazione e di sensibilizzazione del pubblico ed in particolare delle popolazioni locali può portare al superamento dei conflitti e degli ostacoli che sorgono nella realizzazione e nell’affermazione delle aree protette. In tale ambito si collocano anche gli interventi di adeguamento di strutture per la fruizione, l’elaborazione di materiali informativi e la creazione di appositi circuiti educativi.
STUDIARE E CONSERVARE LA BIODIVERSITÀ FORESTALE: LA RETE RE.N.GER
I Centri per lo Studio e Conservazione della Biodiversità Forestale del Corpo forestale dello Stato si occupano della tutela e valorizzazione della biodiversità - in campo e in laboratorio - attraverso programmi specifici.
I Centri di Pieve Santo Stefano (Arezzo) e Peri (Verona), in attività rispettivamente dal 1961 e dal 1974 sono specializzati nella conservazione del genoma forestale e contribuiscono alla salvaguardia di oltre 200 specie arboree ed arbustive presenti nei vari habitat del territorio nazionale, anche ai fini di interventi di recupero ambientale rispettosi dei criteri di salvaguardia della diversità genetica locale.
Negli stabilimenti sono attivi inoltre laboratori di analisi della qualità dei semi, micropropagazione e di biologia molecolare abilitati alle certificazioni del materiale forestale di propagazione previste dalla normativa vigente. A livello geografico l’attività del Centro di Peri è rivolta principalmente alla conservazione di specie rappresentative degli ambienti dell’Italia centro settentrionale (Ecoregione Alpi), mentre quella di Pieve Santo Stefano assicura la raccolta e la conservazione di materiale genetico forestale dell’Italia centro meridionale (Ecoregione Mediterraneo centrale).
Dal 2007 i Centri di Peri e Pieve S.Stefano collaborano nel progetto RE.N.GER. (Rete Nazionale del Germoplasma), finalizzato allo studio, produzione e conservazione del geroplasma (semi e piante) della flora d’Italia. La Rete si avvale delle strutture e personale di altri cinque Uffici territoriali per la biodiversità: Cecina, Fogliano, Mongiana, L’Aquila e Potenza. Per la loro posizione geografica, rappresentativa di diversi ambienti del territorio nazionale, il progetto interessa tutte le specie legnose (alberi e arbusti) d’Italia.
Inizialmente le fanerofite d’Italia studiate e mappate sul territorio risultavano pari a 200 specie vegetali. Dal 2007 ad oggi, se ne possono contare circa 600 specie vegetali diverse. Ogni anno, grazie gli studi condotti nell’ambito del progetto RE.N.GER. viene incrementata questa check-list di specie rappresentative della flora italiana di circa 20 nuove fanerofite. Scopo della Rete è migliorare le conoscenze sulle specie di interesse della flora italiana a fini conservazionistici (fenologia, corologia, raccolta, lavorazione e conservazione del seme), per orientare anche le politiche gestionali delle aree protette, e garantendone la conservazione ex situ.
La ricerca scientifica sulla germinazione e conservazione della specie, svolta nei laboratori certificati per l’analisi della qualità dei semi dei Centri di Peri e Pieve S.Stefano, garantisce la conservazione a medio e lungo termine del germoplasma.
In questo modo, viene rafforzata l’attività di tutela della biodiversità svolta quotidianamente dagli Uffici territoriali del Corpo forestale dello Stato che, in caso di emergenza naturalistica o di richiesta di opere di restauro conservazionistico, sono in grado di dare una risposta adeguata agli ecosistemi danneggiati da ripristinare.
STUDIO DELLE SPECIE BIOINDICATRICI PER MONITORARE LO STATO DEGLI ECOSISTEMI
Come stanno le nostre foreste? E quelle del resto d’Europa? L’inquinamento atmosferico che in passato ha provocato tanti danni, minaccia ancora i nostri alberi? E i cambiamenti climatici, quale impatto hanno sui boschi, e soprattutto sulla biodiversità degli ecosistemi forestali? Tra le diverse ricerche condotte sui diversi parametri della biodiversità dei nostri ecosistemi (condizione della vegetazione, delle chiome, contenuto chimico delle foglie e dei suoli, variazioni dell’accrescimento degli alberi, deposizioni atmosferiche, clima e microclima, ozono) particolare attenzione va posta allo studio delle specie bioindicatrici: specie faunistiche o floristiche che per la loro sensibilità a fattori inquinanti od alterazioni ambientali (sui pensi ad esempio alle modificazioni operate sui corpi idrici) possono essere impiegate per monitorare lo stato degli ecosistemi.
In particolar modo gli studi sugli insetti hanno riservato sorprese: annualmente vengono scoperte specie nuove per la scienza o molto rare per il territorio italiano e, la presenza di determinate specie nelle zone osservate, ha permesso di stilare un preciso metodo di diagnosi dell’ambiente forestale.
Il Centro di Bosco della Fontana (Verona) è specializzato in attività di monitoraggio degli invertebrati e degli organismi saproxilici (demolitori del legno) utilizzati come bioindicatori dei livelli di biodiversità e delle variazioni climatiche. In particolare le popolazione saproxiliche, per la loro incapacità di dispersione, sono esposti a forte rischio d’estinzione. A causa della gestione forestale praticata in gran parte del territorio europeo, che prevede turni tra un taglio boschivo e l’altro più brevi della vita naturale degli alberi per mantenere giovani i popolamenti forestali, gli ecosistemi forestali sono privati della componente vecchia, marcescente, ritenuta erroneamente inutile. Al contrario, i microhabitat prodotti dal legno morto sono necessari per la vita di specie vegetali ed animali.
Tra queste alcune specie di pipistrelli, legate alle fase mature del bosco, che risultano particolarmente minacciate e per questo oggetto di studio e monitoraggio. I siti indagati sono le Pinete dell’Alto Adriatico, le riserve naturali dello Stato di Guadine–Predaccio e di Agoraie-Moggetto rispettivamente in Emilia e in Liguria, nell’ambito del progetto LIFE Natura 2000, e recentemente nella Riserva naturale di Camaldoli in uno studio sullo stato di conservazione di una delle millenarie foreste gestite dal Corpo forestale dello Stato.
Nell’ambito del programma di monitoraggio della biodiversità del Massiccio del Gran Sasso d’Italia, l’Ufficio territoriale per la biodiversità de L’Aquila del Corpo forestale dello Stato monitora la consistenza del fringuello alpino sugli Appennini, tutto l’anno, presso il sito di ricerca di Campo Imperatore. Il fringuello alpino, è uno dei più tipici uccelli degli ambienti alpini, adattato a vivere esclusivamente in ambienti di alta quota e per questo ottimo indicatore dei cambiamenti climatici.
Lo studio delle rotte migratorie dell'avifauna, conclusosi presso la Riserva Naturale Statale di Protezione "Metaponto", presso la foce del Bradano in Basilicata, ha portato al censimento di 1.390 uccelli appartenenti a 25 specie diverse. Particolare interesse suscita il rilevamento di due specie, mai segnalate finora in Basilicata: si tratta del luì forestiero (Phylloscopus inornatus), nidificante in Siberia ed Asia Nord-Orientale, e del pigliamosche pettirosso (Ficedula parva) proveniente dalla Russia e Finlandia.
BOSCO FONTANA
Il Centro di Bosco Fontana (Verona) dispone di due laboratori dove sono studiati gli insetti (sistematica, ecologia, biogeografia) con il coinvolgimento di una rete di collaborazioni a livello internazionale, sviluppatasi grazie al costante rapporto scientifico con Università e Musei naturalistici nazionali ed europei.
Nel campo della conservazione il Centro effettua il monitoraggio scientifico degli interventi di incremento del “legno morto” negli ecosistemi forestali, ritenuti di grande importanza per mantenere una elevata biodiversità, per favorire la regolare evoluzione degli humus e per consentire un accumulo di carbonio che viene rilasciato molto lentamente nell’atmosfera. Gli studi portati avanti nel Centro hanno permesso di accrescere le conoscenze sulla biodiversità con la descrizione di numerose specie nuove per la scienza. Nel solo Bosco Fontana, una delle ultime foreste della pianura padana, è stata accertata la presenza di oltre 2.500 specie di insetti.
Attraverso un protocollo di intesa stipulato con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Centro collabora in modo permanente allo sviluppo della “Global Taxonomy Initiative (GTI)” nell’ambito della Convenzione Internazionale sulla Biodiversità (CBD). Per tale progetto sta realizzando la Rete Nazionale Invertebrati (RIN) composta da sei laboratori (CORIN) che saranno allocati in altrettanti Uffici Territoriali per la Biodiversità a copertura del territorio nazionale.
I GRANDI CARNIVORI
Orsi, Lupi e Linci sono alcuni dei grandi carnivori più conosciuti della fauna italiana da tutelare per la conservazione e valorizzazione della biodiversità. Particolare attenzione è stata data negli ultimi anni all’orso che in Italia è presente nelle Alpi e con una popolazione distinta e unica nell’Italia centrale, nota con il nome scientifico di Ursus arctos marsicanus, ovvero Orso bruno marsicano.
L’ Orso bruno marsicano è stato oggetto di svariati progetti in cofinanziamento europeo finalizzati ad assicurare le condizioni utili alla sua sopravvivenza. Agli interventi svolti nell’Appennino dal Corpo forestale dello Stato insieme ad altre importanti istituzioni come Enti Parco, università ed amministrazioni locali, si sono aggiunti negli ultimi anni anche le azioni a tutela dell’orso sulle Alpi: il progetto LIFE+ “Arctos – Conservazione dell’orso bruno sulle Alpi e sull’Appennino” impegna diversi partner, tra cui il Corpo forestale dello Stato in Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. La Foresta di Tarvisio in tale contesto svolge un ruolo fondamentale per la sua funzione di corridoio ecologico, in quanto costituisce un nodo di passaggio tra le Alpi e i Balcani. Nell’ambito del progetto LIFE Natura 2000 “Tutela dei siti Natura 2000 gestiti dal Corpo forestale dello Stato” è stato avviato, ed è ancora in corso, il monitoraggio dei grandi carnivori sul territorio, con particolare attenzione all’orso e alla lince. Il monitoraggio oltre a dimostrare la presenza di orso e lince sul territorio indagato, ha altresì testimoniato il tragitto che gli animali percorrono dalla Slovenia verso le Alpi Carniche, permettendo di individuare i passaggi critici più pericolosi nei loro spostamenti. L’orso e la lince nelle Alpi sono stati ripetutamente al centro dell’attenzione, anche mediatica, per le vicende legate a singoli animali in dispersione quali l’orso “Bruno” partito dal Trentino ed arrivato (e quindi abbattuto) in Baviera o la lince “B132” partita dalla Svizzera ed arrivata in Trentino.
Con il monitoraggio dei grandi carnivori condotto dal Corpo forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la biodiversità di Tarvisio, in collaborazione con l’Associazione Progetto Lince Italia, si studia per la prima volta il comportamento spaziale e sociale della lince eurasiatica e dell’orso bruno sul fronte di espansione nelle Alpi. Queste informazioni sono cruciali per una migliore comprensione della biologia di queste specie, per l’interpretazione dei dati derivanti dal monitoraggio e quindi per più adeguate proposte e misure di conservazione.
Per la posizione della Foresta demaniale e grazie alle ricerche avviate su queste specie in loco, dal Corpo forestale dello Stato, la “Foresta di Tarvisio” rappresenta oggi la migliore “palestra” dove effettuare questo studio e raccogliere queste informazioni cruciali per tutto il processo alpino di conservazione di queste specie particolarmente rare, sensibili e preziose. Un ruolo altrettanto importante riveste Il Corpo forestale dello Stato per la conservazione del lupo.
Il lupo può essere considerato a tutti gli effetti un animale “simbolo” della biodiversità del nostro Paese in quanto presente da secoli nell’immaginario collettivo come emblema della vita in Foresta, ma anche perché è stato oggetto, negli ultimi quarant’anni, di svariate iniziative, anche a livello locale,finalizzate alla sua conservazione. In Italia negli Anni ’70, era ridotto a poche decine di esemplari. Parallelamente al declino numerico si erano ridotte anche le aree geografiche della loro presenza, e solo in Abruzzo e in Calabria venivano segnalate sporadiche apparizioni. La causa della quasi estinzione è ben nota: la persecuzione dell’uomo che li decimava col bracconaggio e con i bocconi avvelenati. Il Corpo forestale dello Stato lavora per la salvaguardia del lupo da più di un ventennio; risale alla fine degli anni ’80 infatti il primo progetto (Banca Genetica del Lupo) realizzato a Popoli, in Abruzzo, in stretta collaborazione con l’Università di Roma - Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo. Allora la situazione della specie sul territorio era ancora fortemente a rischio, tanto da giustificare la creazione e il mantenimento di un gruppo di individui a garanzia della sua persistenza in caso di crolli drastici in natura. Nel tempo il lupo è gradatamente uscito dalla stretta emergenza per ragioni di diverso ordine, tra cui: le mutate politiche di gestione del territorio, una aumentata sensibilità ecologica in molti, leggi a favore della sua tutela in particolare e dell’ambiente in generale. Di conseguenza sono state rimodulate le iniziative del Corpo forestale . Recuperare animali feriti e, ove possibile, restituirli alla vita selvatica; gestire una colonia in cattività in rete con le altre strutture presenti sul territorio italiano e grazie a questo garantirne la necessaria variabilità genetica, collaborare nelle attività di ricerca finalizzate all’approfondimento di tutti quegli aspetti difficili da indagare in natura, considerata l’elusività della specie, educare e creare “cultura” nella convinzione che la conoscenza del lupo, oltre alle emozioni che ne derivano, è di fatto uno dei modi migliori per contribuire alla sua conservazione; tutto questo è oggi il Centro di Popoli.
PREVENIRE I REATI ATTRAVERSO L’EDUCAZIONE
Il Corpo forestale dello Stato affida alla prevenzione dei reati un valore prioritario. Prevenire, in campo ambientale, significa porre in essere tutte quelle azioni che consentono di evitare che l’azione delittuosa contro l’ambiente si manifesti. Tra le misure di prevenzione l’educazione ambientale, ovvero l’educazione alla gestione sostenibile delle risorse naturali. Si tutela l’ambiente solo se all’attività di controllo si associano iniziative di partecipazione ed educazione dei cittadini che garantiscano il diritto di tutti alla salute, alla sicurezza, alla fruizione consapevole delle risorse naturali e quindi a una migliore qualità della vita.
All’interno del Corpo forestale dello Stato numerosi sono gli uffici che, con compiti di “polizia di prossimità”, operano a vario titolo nel settore dell’educazione ambientale: gli Uffici Territoriali per la Biodiversità coordinati dall’Ufficio Centrale, la Scuola Forestale, i Coordinamenti Territoriali per l’Ambiente, i Comandi Regionali e i Coordinamenti Provinciali. Alcuni uffici hanno strutturato uno specifico settore, altri hanno cercato di dare comunque una risposta a chi vede nel Corpo forestale dello Stato un punto di riferimento in materia ambientale.
L’educazione ambientale vede coinvolto in primo luogo il “mondo della scuola”, dall’infanzia all’università. Attività di “educazione permanente” sono poi rivolte sia alla formazione dei volontari delle associazioni ambientaliste, sia all’aggiornamento degli insegnanti. Le attività sono in linea e con i programmi nazionali per la conservazione della biodiversità del Ministero dell'Ambiente e con le direttive del Ministero della Pubblica Istruzione in materia di Educazione Ambientale nelle scuole.
IL PROGETTO NAZIONALE “DAL PICCOLO SEME AL GRANDE ALBERO ALLA SCOPERTA DELLE ANTICHE FORESTE”
Il progetto nazionale di educazione ambientale “Dal piccolo seme al grande albero alla scoperta delle antiche foreste” è stato proposto dall’Ufficio per la Biodiversità del Corpo forestale dello Stato, per l’anno scolastico 2012/2013. Partecipano al progetto gli Istituti Comprensivi con il secondo triennio delle scuole primarie – vale a dire dalla terza alla quarta elementare – e con il triennio delle scuole secondarie di secondo grado, dalla prima alla terza media, dando la priorità a particolari situazioni di disagio. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di avvicinare i giovanissimi al mondo misconosciuto delle foreste d’Italia per scoprire, conoscere e proteggere il germoplasma, gli alberi monumentali e le foreste vetuste.
Sono impegnati nella realizzazione delle attività di interpretazione ambientale, gli Uffici Territoriali per la Biodiversità e le due Scuole del Corpo forestale dello Stato di Cittaducale e di Sabaudia.
I percorsi realizzati dal personale del Corpo forestale dello Stato per le scuole partecipanti al progetto sono studiati per suscitare nei ragazzi la curiosità e l’interesse nel scoprire, conoscere con la testa, il cuore e le mani la foresta e l’importanza dell’acqua legata alla vita stessa dell’uomo e della biodiversità. Il progetto si articola in un minimo di tre incontri con ogni classe, svolgendo attività sia a scuola che “sul campo”.
Le classi partecipanti, orientate e assistite dal personale forestale, individuano sul proprio territorio gli alberi più grandi, i semi della flora locale più caratteristica e rara, un bosco, meglio se un’antica foresta. Ne studiano la storia e l’evoluzione, ne osservano le caratteristiche scoprendone l’importanza ecologica, forestale e naturalistica. Le scolaresche mettono a confronto gli elementi naturali individuati con elementi artificiali e ambienti “ricostruiti” dall’uomo. L’attenzione e la sensibilizzazione verso le foreste e gli alberi plurisecolari viene intensificata, diffondendo un messaggio di antica civiltà a favore della biodiversità e della storia.
Al termine degli incontri, le scuole partecipanti realizzeranno un elaborato contenente un messaggio da rivolgere alla collettività locale e nazionale per la conservazione del grande albero, del bosco o dell’antica foresta, individuati, scoperti e ritrovati sul proprio territorio.
Le classi che presenteranno gli elaborati migliori, concorreranno alla premiazione nazionale al termine delle quali le classi vincitrici, una per le scuola primarie e una per la scuola secondarie di primo grado, partiranno per i campi scuola in una delle Riserve naturali dello Stato del Corpo forestale dello Stato.
“LA NATURA SI RACCONTA…” - UN PROGETTO PER PARLARE DI BIODIVERSITÀ
L’Ufficio per la biodiversità del Corpo Forestale dello Stato, attraverso l’Ufficio territoriale per la biodiversità di Castel di Sangro (AQ), ha “lanciato” a partire dal 2012, una collana denominata “la natura si racconta...”, interamente dedicata alla natura ed ai suoi personaggi. Il fumetto ed il racconto illustrato possono essere considerati, a tutti gli effetti, tra le forme letterarie più lette al mondo. Nati inizialmente come territorio per l'infanzia, sono diventati negli ultimi tempi, patrimonio di una fascia non esclusivamente giovanile. Infatti, sebbene si siano affermati anche altri mezzi di comunicazione di massa, questi generi in particolare restano tra i più amati, entrando a far parte del nostro vivere quotidiano. Il progetto editoriale impiega sapientemente gli strumenti della curiosità e del gioco per agevolare il percorso di conoscenza del mondo naturale e far maturare, al tempo stesso, consapevolezza e senso di responsabilità, anche nei più piccoli.
Lo stile comunicativo scelto è quello del fumetto e del racconto illustrato. Per differenziare visivamente le due tipologie narrative, si è pensato di associare ad ognuna la profilatura di copertina di colore diverso: giallo per il fumetto, rosso per il racconto illustrato.
Nel primo numero (Una simpatica mascherina…), il simpatico protagonista delle vignette è il più grande dei mustelidi italiani, il tasso, animale inconfondibile ed accattivante non solo per il suo aspetto goffo e robusto ma anche per le sue peculiarità ecologiche ed etologiche. Spesso dimenticato a favore dei grandi carnivori, il tasso rappresenta uno dei tanti tasselli della biodiversità.
Nella storia illustrata (Il mistero della valle), invece, la protagonista è Margherita, un ragazza curiosa e amante della natura. Nel suo girovagare tra boschi e prati, si imbatterà in alcune tracce lasciate da un misterioso abitante del fiume. Durante il “viaggio” avremo modo di conoscere l’importanza degli ecosistemi fluviali tutelate nella Riserva naturale dello Stato della “Valle dell’Orfento” del Corpo forestale dello Stato. Il prossimo numero racconterà il viaggio di una rondine dall’Appennino verso l’Africa, affrontando quindi il tema delle rotte migratorie, oggetto di indagine del Corpo forestale dello Stato nello studio degli effetti dei cambiamenti climatici. L’iniziativa punta ancora una volta sul potenziale della rete costituita dagli Uffici territoriali per la biodiversità dislocati sul territorio nazionale: dando voce all’esperienza acquisita dagli Uffici territoriali in ambiti naturalistici differenti si potrà presentare al pubblico in modo semplice ed intuitivo la biodiversità del nostro Paese. La sinergia è dunque l’obiettivo a lungo termine che si vuole raggiungere: lavorare insieme per creare, dove manca, o rafforzare, se è già in atto, la rete di collaborazione tra le diverse articolazioni territoriali del Corpo Forestale dello Stato per operare meglio e crescere professionalmente.