Giorgio Napolitano resta in campo, ed è il primo, nella storia repubblicana, ad iniziare un mandato bis, nonostante nei mesi passati il Capo dello Stato avesse sempre escluso una simile ipotesi, che pure si era affacciata a fronte delle evidenti difficoltà dei partiti di dialogare, preferendo lo scontro al confronto.
Una situazione che era peggiorata dopo il voto del 24 febbraio scorso, con l'exploit del Movimento 5 Stelle e il sostanziale pareggio tra Pd e Pdl. Ora, nel suo mandato bis, è facile immaginare che Napolitano tornerà a chiedere le riforme che i partiti fin qui non sono stati capaci di varare, partendo da quella della legge elettorale. E che insisterà su quella "coesione" che rappresenta lo strumento principe per tenere insieme il Paese e favorire quelle larghe intese che possono assicurare stabilità al governo per il tempo che sarà necessario.
Dopo cinque tentativi andati in fumo, bruciando prima Franco Marini e poi Romano Prodi, con il Pd spaccato e il segretario Bersani costretto alle dimissioni, e con il M5S che insiste su Stefano Rodota', Napolitano raccoglie dunque l'appello di Bersani, Berlusconi, Monti e dei rappresentanti delle Regioni e resta al Quirinale. Sempre con l'obiettivo di essere "il Presidente di tutti", come aveva voluto definirsi sette anni fa nel giorno del suo insediamento, di difendere la Costituzione, garantire solidita' al quadro politico, favorire le riforme, insistere sulla coesione nazionale, senza mai stancarsi di ribadire quanto fosse e sia importante il convinto contributo italiano al processo di integrazione politica dell'Europa.
Nei sette anni di permanenza al Quirinale Napolitano è stato un punto di riferimento per il Paese in una stagione politica in cui i partiti hanno visto crollare la fiducia dei cittadini e hanno dimostrato di non saper cogliere l'opportunita' di varare quelle riforme che avrebbero aiutato il Paese a non scivolare verso la crisi economica e politica. Sul fronte internazionale, Napolitano e' stato garante della capacità dell'Italia di 'tenere' nella bufera della crisi finanziaria.
La funzione svolta al Quirinale in questi sette anni da Napolitano non è certo stata 'notarile'. Al contrario, ha dimostrato di essere il più 'politico' dei Presidenti della Repubblica, pur entro i limiti fissati dalla Costituzione, dai quali mai Napolitano si e' voluto discostare. E lo ha dimostrato prendendo in mano le redini del Paese, nel 2011, con la nascita del governo Monti, per fronteggiare i colpi della crisi economico-finanziaria.
Non certo per sua scelta, Napolitano si è trovato a dover gestire una situazione difficile, soprattutto negli ultimi due anni, come forse nessuno dei suoi predecessori aveva dovuto fare. Dinanzi all'incapacità' dei partiti a tenere il passo con i cambiamenti della società e ad affrontare la crescente crisi economica, la figura del Presidente della Repubblica e' stata percepita come vero punto di riferimento del Paese.
Napolitano è rimasto ovviamente estraneo alla lotta politica, ma non ha esitato, quando necessario, a richiamare i contendenti al rispetto delle regole, a ribadire la centralità del ruolo delle istituzioni e ad insistere sulla necessità per i partiti di rinnovarsi profondamente. Un settennato caratterizzato dall'impegno su tutti i temi più rilevanti sul tappeto, dal lavoro alla giustizia, dalla crescita economica alla necessità di partecipare al processo di integrazione europea. Ed e' stato lo stesso Napolitano, lo scorso novembre, a dare il senso del suo ruolo: ''quando i nostri padri costituenti hanno scritto la carta fondamentale non hanno immaginato per il Capo dello Stato un ruolo che si risolvesse, come si dice per i re in altri Paesi, nel tagliare i nastri alle inaugurazioni''.
Vigilanza e attenzione, dunque, senza mai superare il confine tracciato dalla Carta costituzionale. Un Presidente chiamato a "prendersi delle responsabilità senza invadere campi che non sono suoi''. Un Presidente chiamato a ''cercare di interpretare esigenze e interessi generali del Paese anche in rapporto a scelte di governo che rispetto, perché - ha detto Napolitano - non posso assolutamente sostituirmi a chi ha la responsabilità del potere esecutivo, ma che possono rientrare in un dialogo al quale intendo dare il mio contributo''.
Una delle parole più spesso pronunciate da Napolitano e' stata "coesione", soprattutto quando il settennato, nel 2011, e' coinciso con le celebrazioni per i 150 anni dell'unita' d'Italia. Del resto, tenere insieme il Paese e' stato fin dal primo giorno al Quirinale l'obiettivo di Napolitano. Ed anche oggi, nel raccogliere l'appello a restare, Napolitano ha parlato di "coesione e unità nazionale", confermando che questa sarà la linea guida del suo agire dal Colle anche in questo suo secondo mandato.