I film del week end


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Oblivion

di Sandro Calice

di Joseph Kosinski, Usa 2013, fantascienza (Universal Pictures)
Fotografia di Claudio Miranda
con Tom Cruise, Morgan Freeman, Nikolaj Coster-Waldau, Olga Kurylenko, Zoe Bell, Melissa Leo, Andrea Riseborough
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Gli americani vanno a stagioni. Qualche estate fa è stato il tempo della mitologia classica, saccheggiata (e maltrattata) da Titani e compagni. Quest’anno è la volta dei futuri distopici, dove l’umanità ha abbandonato la Terra e l’eroe solitario ha nelle sue mani il nostro destino: a settembre ci sarà “Elysium” di Neill Blomkamp con Matt Damon, a giugno “After Earth” di M. Night Shyamalan con Will Smith, ma il primo della serie è questo “Oblivion”, secondo film di Kosinski dopo “Tron Legacy”.

Nel 2017 un oggetto volante non identificato entra nell’orbita terrestre: sono gli Scavenger, alieni ostili che vogliono conquistare il pianeta e che vengono sconfitti da una guerra nucleare, che però rende inabitabile il nostro mondo. Sessant’anni dopo il grosso dell’umanità si è trasferita su Titano e sulla Terra restano solo Jack Harper e Vika, riparatori dei droni che sorvegliano e difendono dagli scavenger superstiti le gigantesche macchine che raccolgono le ultime risorse vitali del pianeta, prima del definitivo addio. Sono una squadra perfetta ed efficiente, il lavoro è ormai giunto alla fine e fra poco partiranno anche loro. Ma strani sogni si fanno strada nell’inconscio di Jack. Poi cade una navicella e l’unico superstite è una donna che metterà in dubbio tutta la realtà cosi come Jack e Vika la conoscono.

Oggetto multiforme questo “Oblivion”, fatto di quella fantascienza esistenziale a metà strada tra la metafisica e il videogioco, decisamente impreziosito dalla fotografia di Miranda (premio Oscar per “Vita di Pi”), laddove la sceneggiatura non appare così robusta e pure la musica tentenna. Kosinski si fa prendere dalla frenesia della citazione e dell’omaggio e nel film c’è veramente di tutto: da “Moon” a Wall-E”, da “Mad Max” a “Matrix”, dal Pianeta delle scimmie a Nathan Never. Il problema del regista è quello di indulgere spesso alla metafisica, mentre il videogioco sarebbe sicuramente più nelle sue corde. Due allora le possibili strade: smontare da appassionati il giocattolo per evidenziarne i (non pochi) difetti o affidarsi alle evoluzioni di un Cruise tutto sommato credibile e gustarsi una storia dignitosa con numerosi colpi di scena. Noi per questa volta abbiamo scelto la seconda.

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