di Rita Piccolini
(rita.piccolini@rai.it)
Una ventata di creatività travolge la città che ospita alla Fiera di Rho il Salone del Mobile, a cui fanno da corollario dal 9 al 14 aprile girandole di eventi, mostre, esposizioni, vernissage, concerti, dibattiti. E così, con l’estro e la creatività, spira anche una brezza leggera di ottimismo. Ottimismo nonostante tutto, quello della volontà.
E’ forse proprio perché i numeri parlano chiaro, indicando con chiarezza che anche nel settore del mobile la crisi economica si fa sentire pesantemente, che tra gli appuntamenti più attesi ai Saloni c’è quello con gli spazi dedicati agli uffici. Il lavoro al centro delle riflessioni di tutti, di chi ce l’ha e se lo tiene stretto, di chi lo ha perso, di chi rischia di perderlo, di chi non lo ha ancora trovato. Ma prima di parlare dei luoghi del lavoro che secondo gli architetti e i designer vanno ripensati e disegnati a “misura d’uomo”, esaminiamo alcuni di questi numeri.
Anche il settore dell’arredamento che è sempre stato con quello della moda la punta di diamante della nostra economia ha chiuso il 2012 con un fatturato in calo del 10,5%, registrando una flessione del consumo interno del 19,4%, solo in parte compensata da un timido +0,7% nelle esportazioni. Sono molte le aziende a essere in difficoltà e la cassa integrazione dilaga in tutto il Nord Italia, dalla Brianza al Nordest. Il presidente del Cosmit, che organizza la rassegna in collaborazione con Federlegno -Arredo, Claudio Luti, ne è perfettamente consapevole, ma si sforza di cogliere un elemento positivo nella indubbia criticità del momento quando afferma che “la debolezza dell’imprenditoria italiana, la sua incapacità di fare sistema, è anche il terreno in cui si esalta la creatività, in cui l’imprenditore riesce a dare il meglio di se stesso, a produrre oggetti che ci invidiano ovunque”. E ha ragione, perché l’interesse sui mercati esteri per i nostri oggetti di arredamento belli e sofisticati continua a rimanere altissimo. A Milano nel corso della settimana sono attese oltre 300 mila persone da ogni continente per visitare i Saloni, la maggior parte delle quali sono addette ai lavori, solo per il giorno di chiusura infatti gli ambienti della Fiera saranno aperti al pubblico. “Perché il Salone del Mobile- dichiara con orgoglio Luti- costringe tutto il mondo a venire a Milano…Qui il design incontra l’industria, la creatività diventa concretezza”. E poi Milano dà la possibilità ai giovani creativi di esprimersi. E’ qui che i nuovi talenti possono mettersi in mostra e farsi notare.
Ma torniamo al lavoro e ai luoghi dove il lavoro si svolge. C’è attenzione da parte dei designer su questi ambienti e anche qualche ripensamento rispetto alle proposte degli anni passati. Il lavoro è importante, ad esso dedichiamo gran parte della nostra giornata e la nostra stessa vita è cadenzata sui ritmi del lavoro. Quindi la stessa cura e attenzione che poniamo agli ambienti in cui viviamo deve essere estesa ai luoghi che ospitano il lavoro. Per lavorare meglio, per vivere meglio, e perché chi vive meglio lavora anche meglio. Cosa accade invece ora in tutte le grandi città del mondo, quelle dei grandi di uffici? A parte qualche rara e lodevole eccezione gli ambienti sono quasi sempre anonimi, grigi o beige, tutti uguali, assolutamente spersonalizzati e spersonalizzanti. Le luci sono fredde e respingenti. Si respira un’atmosfera di tedio invece che di creatività. E poi, proprio a causa della crisi economica più lunga del dopoguerra, nascono sempre mestieri nuovi in cui la innovazione tecnologica ha un ruolo imprescindibile. Quindi è gioco forza ripensare questi luoghi. Ecco allora attesissimo al Salone Ufficio il progetto:”Ufficio da abitare”, cinque diverse proposte dell’architetto francese Jean Nouvel (Pritzker Prize 2008) per ambienti lavorativi comodi e personalizzati, in contrasto con gli “open space” tutti uguali. Già da qualche anno si propone di anteporre valori quali gratificazione, serenità, autostima, alla sola funzionalità e poi, se il lavoro cambia, siano versatili gli ambienti. Allora perché non proporre una soluzione “aperta”, che cambi secondo le esigenze, con pareti mobili e smontabili, per aprirsi su uno spazio contiguo o al contrario per isolarsi, secondo le esigenze del momento. E poi porte scorrevoli, vetri serigrafati, persiane per gestire la luminosità, rifiniture in legno per dare calore all’ambiente e soprattutto colore. Utilizzare un oggetto bello, colorato, di materiali diversi, dal legno, al cartone, al cuoio, può rendere vivace e accogliente un ufficio triste e grigio e migliorare l’umore di chi ci lavora. L’idea in fondo è semplice come tutte le idee geniali:non mobili per ufficio, ma mobili per la casa da utilizzare anche in ufficio e viceversa. La parola d’ordine quindi è “umanizzare” e vivacizzare gli ambienti.
Il ritorno dei colori, anche quelli più squillanti e vitaminici è una costante tra le proposte dei Saloni e riguarda tutti gli ambienti: dalla cucine, sempre più al centro della casa non più come “angoli cottura” ritagliati nel soggiorno, ma al contrario come cucina- soggiorno accogliente e confortevole per incontrarsi, cucinare, comunicare; alle camere da letto; alle sale da bagno;all’outdoor. Poi il contenimento dei costi, il rispetto dell’ambiente, la riedizione delle icone dei grandi maestri che tornano con i loro prodotti rivisti e corretti. Da questo mix nascono le nuove proposte dei 1950 espositori, più i 700 designer del Salone Satellite, su un’area espositiva di oltre 500 mila metri quadrati. Una vera città nella città.
A Milano intanto le iniziative si susseguono e tra le visite imperdibili c’è quella alla Triennale, tempio del design milanese, che ogni anno si trasforma per rispondere alla domanda più importante:”Cos’è il design italiano?”. “L’edizione di quest’anno-spiega il direttore del museo, Silvana Annichiarico - è dedicata alla capacità del design italiano di diventare continuamente altro e fondersi con i suoi modelli e interlocutori in una pratica ininterrotta di camouflage”.Questo spiega il titolo della nuova edizione:”La sindrome dell’influenza”, che propone un percorso dal dopoguerra a oggi con un racconto corale di 22 designer. Tra i protagonisti: Castiglioni, Magistretti, Ulian, per il periodo d’oro degli anni ’50 e ’60, fino ad arrivare al racconto delle aziende del made in Italy di oggi che si nutrono delle influenze del mondo.
La triennale ospita la mostra Gae Aulenti, per rileggere l’opera del grande architetto recentemente scomparso che più di tutti seppe fondere architettura e design.