di Sandro Calice
di Sacha Gervasi, Usa 2013, biografico (20th Century Fox)
Fotografia di Jeff Cronenweth
con Anthony Hopkins, Scarlett Johansson, Jessica Biel, Helen Mirren, Ralph Macchio, Toni Collette, Danny Huston, James D'Arcy, Michael Wincott, Kurtwood Smith, Michael Stuhlbarg, Judith Hoag, Wallace Langham, Spencer Garrett, Tara Summers, Currie Graham.
Questo film avrebbe potuto benissimo chiamarsi anche “Reville”, il cognome di Alma, la montatrice, sceneggiatrice e compagna di vita di Alfred Hitchcock per 54 anni. Perché questo film parla soprattutto del loro sodalizio di amore e lavoro.
Nel 1960 Hitchcock ha già girato 46 film. L’ultimo, “Intrigo internazionale”, è stato un ulteriore successo. Ma l’uomo che ormai è universalmente noto come il mago del brivido si sente come arrivato a un capolinea: “Lo stile è auto-plagio”, dice. Sente prepotente l’esigenza di cambiare registro, e quando gli capita tra le mani il romanzo “Psyco” di Robert Bloch, la storia vera di Ed Gein, serial killer necrofilo che tra il 1947 e il 1957 uccide diverse persone nel Wisconsin, capisce di aver trovato quello che cerca. Comincia una battaglia personale, appassionata, furibonda, con l’industria del cinema che gli rema contro, con la ricerca dei protagonisti giusti, con i soldi che non ci sono (il film costò 800mila dollari e ne incassò circa 50 milioni), con la censura che non poteva capire che lì si stava scrivendo la storia del cinema. Su tutto questo furore, la presenza amorevole, indipendente, creativa, gelosa, risolutrice di Alma, senza la quale nulla di tutto questo sarebbe esistito.
“Hitchcock” non è un biopic, cioè un film sulla vita del regista, ma un riflettore acceso su un momento della sua carriera, che prova a illuminare una personalità complessa e volutamente misteriosa partendo dalla realizzazione di uno dei suoi film più importanti e dal suo rapporto con la moglie. Gervasi, fin qui noto per la sceneggiatura di “The Terminal” di Steven Spielberg e per la regia del premiato documentario “Anvil! The story of Anvil”, si è ispirato al libro del 1990 “Alfred Hitchcock and The Making of Psycho” di Stephen Rebello. Ma poi è andato per conto suo. Intuendo, più che indagando, le fragilità dell’uomo, le sue ossessioni, il suo disarmante genio naturale, il suo complesso rapporto con le donne, la determinazione e il talento che - suggerisce Gervasi – senza Alma a metterli a regime non avrebbero prodotto gli stessi risultati. Lo stile del film vuole citare l’ironica leggerezza del maestro, gli attori sono tutti al posto giusto, e se non ci si aspetta un trattato esaustivo sulla vita e sulla poetica del regista britannico, lo spettacolo è piacevole.
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