Il Paese va giù ma il sistema calcio continua a 'barcamenarsi' nella crisi, mantenendo un buon trend di crescita nonostante l'austerity e gli alti debiti (2,892 miliardi per la sola Serie A). Un livello non ancora sufficiente a permettere al calcio professionistico italiano di portare il proprio risultato netto in positivo (-388 milioni è il 'rosso' della stagione 2011-2012), ma che ha quanto meno consentito di invertire la tendenza rispetto al deficit dell' anno precedente (-430 milioni).
Per la sola Serie A il risultato netto è passato da -300 milioni a -281 milioni, i debiti saliti dell'8,8%. Il calcio ai tempi della crisi può essere un bicchiere mezzo pieno, visto che per la prima volta nella stagione scorsa il costo della produzione è cresciuto del 4,9%. Sono i dati di Report Calcio, il lavoro fatto dal Centro Studi della Figc in collaborazione con l'Arel.
''Qualcosa sta cambiando - è la premessa all'insegna dell' ottimismo dello studio al 30 giugno 2012 - E' in atto una prima inversione di tendenza nei conti del calcio professionistico italiano. Gli indicatori economici segnalano nella stagione 2011-2012 una più accorta gestione economica e finanziaria delle società. I risultati economici indicano che per la prima volta la crescita del valore della produzione supera la crescita dei costi di produzione. Nelle ultime quattro stagioni non era mai successo''. Il valore della produzione e' risalito in misura importante del 7% trainato anche dall'aumento delle plusvalenze sulle cessioni dei calciatori.
I costi invece sono cresciuti in misura inferiore (+4,4%), a dimostrazione di una maggiore attenzione e un maggiore controllo'' da parte dei club. Oltre a questi piccoli progressi nei conti economici della Serie A, la stagione 2011-2012 si e' anche contraddistinta per l'inversione di tendenza riscontrata in termini di stabilità finanziaria, con il patrimonio netto delle società che, dopo anni di continue erosioni, e' sensibilmente migliorato.
I diritti tv continuano a rappresentare la principale fonte di ricavo dell'industria calcio (990,7 milioni nel 2011-2012), pari a circa il 37% del totale del valore della produzione, ma la sostenibilità dei conti poggerà in futuro per buona parte sul costo del lavoro, tornato a salire, sia pure in misura ridotta (+3,4% a 1.505 milioni, e quasi tutto imputabile al costo dei 'cartellini').
Non si arresta invece la flessione progressiva dei ricavi da stadio, scesi a 186,4 milioni: ormai rappresentano soltanto il 9% del totale. Ma se la serie A perde appeal, la B vola: se nell'ultima stagione la massima serie ha registrato un calo degli spettatori dell'1,6% rispetto all'anno precedente (oltre 200mila in meno), tra i cadetti gli spettatori sono addirittura cresciuti del 22,8%.
Parte del calo della serie A, scrive il Report, è imputabile all'inadeguatezza degli impianti italiani: i 36 impianti che hanno ospitato gare di Serie A e B, hanno un'età media di 57 anni e 15 non hanno i requisiti medi per accedere alla più bassa categoria Uefa.
Un ultimo segnale confortante arriva dai dati sulla sicurezza: la stagione 2011-2012 ha visto un decremento del 7,7% nel numero delle partite in cui si sono verificati incidenti e una forte diminuzione del numero di persone denunciate ed arrestate (rispettivamente -21,6% e -44%).