di Sandro Calice
di Andrew Niccol, Usa 2013, fantascienza (Eagle Pictures)
Fotografia di Roberto Schaefer
con Saoirse Ronan, Diane Kruger, Max Irons, Jake Abel, William Hurt, Frances Fisher, Boyd Holbrook, Scott Lawrence, Chandler Canterbury, Raeden Greer.
I sentimenti: la dannazione dell’umanità, ma anche la sua più straordinaria risorsa. Ne sanno qualcosa gli alieni.
La Terra è diventato un mondo perfetto, senza guerre, fame, malattie e paure. Merito della razza aliena delle Anime, entità incorporee che si spostano da millenni da un pianeta all’altro dell’universo e che ora sono arrivate da noi. Il prezzo da pagare però è stato mostruoso: il quasi totale sterminio della razza umana, ridotta ormai a sparute sacche di resistenza. Le Anime infatti prendono possesso dei corpi umani annientandone la personalità e cancellandone i ricordi. Non di tutti però. Melanie Stryder ha promesso a suo fratello Jamie che sarebbe tornata a prenderlo, quando è stata catturata. E quando l’anima chiamata Wanderer (Viandante) reclama il corpo di Melanie, lo spirito guerriero della ragazza rifiuta di andarsene. Un corpo solo per due personalità, due strade, due vite opposte, due mondi diversi, un unico destino.
E’ stato un bene affidare lo script e la regia di questo film tratto dal romanzo di Stephenie Meyer, l’autrice di Twilight, a Andrew Niccol, che ha ridotto a 120 pagine di sceneggiatura il polpettone da 600 pagine della Meyer e che ci ha messo dentro la sua personale visione della fantascienza. Come nel delizioso “Gattaca”, ma anche in “Simone”, Niccol ama raccontarla e farla raccontare dai protagonisti, più che mostrarla con effetti speciali. La fantascienza è piuttosto il pretesto (il “cavallo di Troia”, dice il regista) per arrivare al pubblico in maniera laterale e costringerlo a riflettere. Qui si parla essenzialmente di amore, nelle sue molteplici forme, e dei sentimenti che ci rendono straordinari ma anche distruttivi. C’è una razza di alieni (in fondo) buona, che porta pace e benessere e che in tutto l’universo ha trovato il modo di convivere con le razze ospiti. Non con gli umani, che quindi vengono annullati. Ma è giusto privarci del libero arbitrio anche se “a fin di bene”, per evitare la nostra autodistruzione? Il film viaggia su questi binari in modo delicato e affascinante, con la storia narrata dalla prospettiva dell’alieno. Se intoppi ci sono, sono probabilmente da attribuire alla storia originale della Meyer e al suo sdolcinato moralismo, che del resto ha prodotto film come quelli della saga di Twilight, tra i più insopportabili della storia del cinema.
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