Il 41% delle neomamme italiane è over 35, il 58% non ha effettuato indagini preliminari e solo il 28% assumeva acido folico prima della gravidanza. Ma il 65% ha programmato la maternità. A disegnare l'identikit lo studio coordinato da Icbd-Alessandra Lisi International Centre on Birth Defects and Prematurity, Centro collaborativo dell'Organizzazione mondiale della sanità, e realizzato in sette ospedali del nostro Paese sui fattori di rischio preconcezionale nelle neomamme. Una ricerca presentata oggi a Roma nella sede dell'Unicef.
Lo studio, realizzato a Verbania, Fidenza, Genova, Pisa, Roma Fatebenefratelli, Roma Santo Spirito, e Benevento, ha coinvolto 2.212 donne. L'età media delle partorienti è per il 41% oltre i 35 anni, con punte massime nell'ospedale Fatebenefratelli di Roma, dove il 50% delle donne supera questa età, mentre le più giovani sono risultate le mamme di Benevento che solo nel 34% dei casi superano i 35 anni. Nel 15% dei casi poi le madri possiedono solo la licenza media e sempre per il 15% sono straniere, mentre per il 13% non lavorano né studiano. Il 27% era fumatrice prima di rimanere incinta (minimo 23% a Genova e massimo 33% a Pisa), il 19% in sovrappeso (con un punta del 32% a Benevento) e il 26% assumeva farmaci nel primo trimestre di gravidanza.
Il 65% ha deciso di pianificare la gravidanza: i valori top sono a Genova, con il 76% del totale e il minimo invece a Benevento con il 52%. Ancora poche le future madri, solo il 42%, che nell'anno precedente alla gravidanza hanno effettuato visite mediche per chiedere consigli o per farsi prescrivere esami, medicine o vitamine in vista della maternità. All'ospedale Fatebenefratelli di Roma, invece, il 59% ha provveduto a informarsi; dato che si sposa con l'elevata età delle madri.
L'acido folico, dicono gli esperti riuniti oggi a Roma, va assunto durante l'età fertile, per essere sicuri che tutte le donne al momento del concepimento ne abbiano una buona scorta nel proprio organismo. Serve a costruire le nuove cellule dell'embrione che si moltiplicano tumultuosamente e consente di ridurre fino al 70% il rischio di gravi malformazioni come anencefalia e spina bifida, e contribuisce a ridurre il rischio di cardiopatie e labioschisi.
L'acido folico quindi è un fattore essenziale di prevenzione, ma solo il 28% delle mamme indagate era abituata ad assumerlo prima dell'inizio della gravidanza. Il mancato uso di questa vitamina del gruppo B è responsabile di una ancora scarsa corretta informazione sulla salute preconfezionale. I dati migliori sono stati registrati fra le mamme di Genova e del Santo Spirito di Roma, maglia nera a Benevento fermo al 13% dei casi. La situazione paradossalmente si ribalta dopo l'accertamento della gravidanza: l'acido folico viene prescritto e assunto dal 65% delle donne incinte, con nessuna possibilità però di sfruttare la potenzialità preventiva di questa vitamina, poiché gli organi del futuro bambino cominciano a formarsi nei primissimi giorni dopo il concepimento, quando la donna non ha ancora realizzato di essere incinta.
Lo studio dell'Icbd ha fornito una fotografia dei comportamenti non salutari delle donne poco prima e all'inizio della gravidanza. Ciò non dipende da una loro scarsa attenzione, anzi, se ben informate e aiutate - osservano gli esperti - le cose cambiano radicalmente, infatti, dopo l'inizio della gravidanza molti comportamenti si modificano. Sotto accusa la scarsità di efficaci azioni e programmi preventivi del sistema sanitario nel suo insieme nel campo della salute riproduttiva e preconcezionale. "È urgente che la sanità italiana si appropri del nuovo paradigma della salute materno-infantile - spiega Pierpaolo Mastroiacovo, direttore Icbd - è indispensabile iniziare ogni azione salutare e preventiva prima dell'inizio della gravidanza, prima dell'inizio di una nuova vita. Dopo, a gravidanza iniziata, diventa troppo tardi o molto meno efficace".