Nei primi due mesi del 2013 sono spariti quasi 10mila esercizi commerciali. Le aperture sono crollate del 50%, dato peggiore degli ultimi 20 anni. Ogni giorno spariscono in media 167 imprese commerciali. A lanciare l'allarme è Confesercenti, secondo cui "se continua così, nel 2013 sarà una ecatombe con un saldo negativo di 60.000 imprese".
Confesercenti sottolinea che "nel commercio non si riesce più a fare impresa. Il 2013 si avvia a essere un anno orribile, ben peggio del 2012: nel primo bimestre, solo nel settore della distribuzione commerciale, sono spariti quasi 10mila negozi, con un vistoso crollo (-50%) delle aperture di nuove attività. Se il trend restasse invariato, a fine anno registreremmo la scomparsa di 60.000 negozi, con le ovvie conseguenze negative su economia e occupazione nel nostro paese. Anche i pubblici esercizi vivono un momento disastroso: in questi due mesi ne hanno chiuso più di 9.500 tra bar, ristoranti e simili, per un saldo finale negativo di 6.401 unità".
Tra gennaio e febbraio, riferisce l'associazione, nel settore hanno chiuso i battenti 13.755 aziende, mentre le aperture sono state 3.992, per un saldo negativo di 9.783 unità. Praticamente, sono sparite oltre 167 imprese al giorno. Un bilancio destinato a peggiorare nel trimestre: secondo le nostre stime, i primi tre mesi del 2013 termineranno con un saldo negativo di 14.674 unità (4mila unità in più rispetto al 2012), sintesi di 20.622 cessazioni e 5.988 nuove iscrizioni. Se la tendenza si dovesse mantenere invariata, a fine anno registreremmo la scomparsa di quasi 50mila imprese: una vera e propria ecatombe, con 200mila addetti in meno.
Record chiusure a Roma e Torino. Sud e Isole tengono più del Nord
Confesercenti sottolinea che "oltre al saldo molto negativo, si conferma un altro allarmante fenomeno: quello del crollo di nuove aperture. Nel primo trimestre nel settore del commercio al dettaglio, secondo le nostre proiezioni, saranno in tutto 5.988: si tratta di un risultato del 50% inferiore alle 12.321 che hanno aperto nei primi tre mesi del 2012, che rappresenta il dato peggiore degli ultimi 20 anni. Se estendiamo lo sguardo ai dati di aperture del primo trimestre 2011 e del primo trimestre 2010 in effetti, si conferma un crescente calo delle nuove iscrizioni, mentre le cessazioni restano sostanzialmente costanti, intorno alle 20-22 mila ogni anno. Il fenomeno dimostra come la crisi non incide solo sul numero di chiusure, ma anche e soprattutto sulla possibilità di aprire una nuova impresa".
Per quanto riguarda l'articolazione geografica delle chiusure del primo bimestre, i risultati peggiori si rilevano Centro-Nord, che registra 7.885 chiusure a fronte di 2.054 aperture; Sud e Isole sembrano resistere un po' di più, con 5.890 cessazioni e 1.938 nuove iscrizioni. Tra i comuni capoluoghi di provincia, invece, la maglia nera va a Roma, con 553 chiusure per un saldo negativo di 392 unità. Seguono Torino (306 cessazioni, saldo negativo di 231 unità) e Napoli, dove le attività commerciali che hanno abbassato la serranda sono state 238, per un saldo finale che ha visto scomparire 133 imprese.
Situazione nera anche per il comparto dei pubblici esercizi. Le proiezioni Confesercenti sul trimestre, basate sulle rilevazioni dei primi due mesi dell'anno, mostrano come anche in questo settore si stia registrando un andamento catastrofico: le nuove aperture sono state solo 3.181, quasi rispetto allo stesso periodo del 2012. In aumento invece le chiusure, che arrivano a quota 9.582. Il saldo, negativo, vede la scomparsa di 6.401 imprese, il rispetto al 2012.
Le proposte: dal 'canone revisionabile' a 'Liberaladomenica'
"I dati di questo primo bimestre - spiega Confesercenti - dimostrano ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, della gravità della situazione che sta attraversando il comparto del commercio al dettaglio, soprattutto quello legato a piccole e medie superfici. Per arginare la deriva, è necessario agire su due livelli: da un lato occorrono politiche nazionali volte alla diminuzione degli aggravi fiscali per cittadini e imprese, per favorire il rilancio dei consumi e del mercato interno; dall'altro, è necessario intervenire sui problemi particolari del settore".
Per quanto riguarda l'emergenza negozi sfitti, secondo Anama-Confesercenti "è necessario mettere mano al fenomeno inventando un sistema che coniughi le necessità di messa a reddito degli immobili commerciali con il bisogno delle imprese di utilizzare le strutture per creare impresa, e quindi occupazione ed economia. La nostra proposta è di istituire un tavolo tecnico, con le associazioni di imprese e delle proprietà immobiliari, per studiare un 'canone revisionabile', che sia remunerativo per il proprietario del negozio e sostenibile per il conduttore, con un impianto giuridico concordato, condiviso dalle parti nella durata e per le pattuizioni".
Al forte allarme sulle condizioni del comparto del commercio al dettaglio, Confesercenti fa seguire l'azione, per trovare un rimedio all'emergenza causata dall'eccesso di liberalizzazioni. Il 17 marzo Confesercenti si mobiliterà per raccogliere firme in tutte le principali città d'Italia per sostenere l'iniziativa Liberaladomenica: una proposta di legge di iniziativa popolare per riportare nell'alveo delle competenze regionali le normative su aperture e chiusure delle attività commerciali, e porre così un freno all'eccesso di liberalizzazioni. Il numero di firme necessario per il successo dell'iniziativa è di 50mila: di queste, sono già state raccolte più di 40mila in tutta Italia.