Gli scienziati italiani del Cern a Roma


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La ‘particella di Dio’ c’è

Incontro pubblico con studenti e professori all’Auditorium e

di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)

‘E adesso vi spieghiamo noi di cosa si tratta, anche rispondendo alle vostre domande e curiosità’. E’ forse questo che gli scienziati italiani del Cern, artefici, insieme ad altri tremila ricercatori di tutto il mondo, della scoperta del “bosone di Higgs”, hanno pensato fosse il senso dell’incontro pubblico, organizzato dall’Istituto nazionale di Fisica nucleare, nell’Auditorium di Roma. Giovedì 14 marzo, un giorno da ricordare, per tanti studenti, e professori, di Liceo e Università, che hanno affollato la Sala Petrassi.

Domande pertinenti, circoscritte, essenziali, di grande interesse. E una, verso la fine dell’incontro, inaspettata: “Quanto è costata la scoperta del bosone di Higgs?”. L’ha fatta un ragazzo, poco meno che ventenne. Dal palco Fabiola Gianotti. Guido Tonelli, Luciano Maiani e Fernando Ferroni, presidente dell’Infn, che si è incaricato di rispondere, hanno sorriso, quasi a dire “anche i giovani aspiranti ricercatori non possono fare a meno di preoccuparsi per i conti pubblici dell’Italia”. O magari, il ragazzo era spinto solo dal timore che gli esigui fondi destinati alla ricerca italiana finora fossero stati tutti consumati proprio nella scoperta del bosone, pregiudicando il suo futuro di scienziato.

Chissà se la risposta, che Ferroni ha poi ulteriormente spiegato a Televideo, in un confronto al termine della “lezione”, ha convinto il giovane studente. Fatto sta che l’applauso tributato dalla sala ai “professori” sul proscenio è stato convinto e convincente. Ed è stato uno dei pochi momenti di riconoscimento, e ringraziamento, pubblico ai nostri scienziati che ogni giorno si impegnano per il sapere e la conoscenza dell’uomo, portando avanti l’immagine dell’Italia.

“Non è tanto quello che dicono del nostro Paese, ma come ci guardano quando entriamo nei consessi scientifici internazionali”, afferma Guido Tonelli. “Spesso, quando indichiamo una data per la consegna dei risultati dei nostri studi, facciamo in modo di darli prima della scadenza, per dimostrare che non è vero che gli italiani sono sempre in ritardo, che non siamo affidabili”. Oltre allo sforzo fisico e mentale, i nostri ricercatori all’estero compiono dunque anche quello di superare gli ostacoli psicologici derivanti dai pregiudizi nei confronti dell’essere italiani.

Ma per loro questo è un dovere naturale, che fa il paio con la passione per ciò che fanno ogni giorno tra mille difficoltà. Che hanno cercato di raccontare a Televideo, con semplicità e grande competenza. Poi hanno preso il loro zaino, lo hanno messo sulle spalle e, insieme, sono andati via: c’era un aereo da prendere. Eterni studenti a caccia di conoscenza. E a guardarli non si può fare a meno di pensare che, almeno per loro, vale la pena di restare nella nostra Italia.