di Nello Rega
(n.rega@rai.it)
L’”Habemus Papam” è arrivato come un sospiro di sollievo. La fine del Conclave numero 25, che ha portato all’elezione del 266esimo pontefice alla quinta votazione, è stato salutato da migliaia di fedeli accorsi in piazza San Pietro. E l’”Annuntio vobis gaudium magnum…”, pronunciato con accento francese dal cardinale protodiacono Tauran, ha segnato la fine della prima sede vacante (nell’era moderna) per le dimissioni di Ratzinger annunciate l’11 febbraio scorso. I cardinali elettori hanno indicato come successore di Benedetto XVI Jorge Mario Bergoglio. La scelta di Francesco, accolta da un’ovazione senza precedenti in piazza San Pietro, è sembrato subito un segnale forte per i milioni di fedeli che avevano chiesto una inversione di rotta, dopo le polemiche e gli scandali vaticani. L'arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, è stato l'unico cardinale gesuita che ha partecipato al Conclave. Settantasette anni, è nato a Buenos Aires.
I suoi genitori – Mario, impiegato delle ferrovie, e Regina Sivori, casalinga – erano piemontesi emigrati in Argentina, ed hanno avuto cinque figli. Ha studiato come tecnico chimico, ma poco dopo il diploma è entrato nel seminario di Villa Devoto. L'11 marzo 1958 è passato al noviziato della Compagnia di Gesù. Ha insegnato Letteratura in varie scuole mentre studiava Teologia, e il 13 dicembre 1969 è stato ordinato sacerdote.
All'interno della Compagnia di Gesù è stato provinciale d'Argentina, oltre che rettore del Colegio Máximo de San Miguel e delle sue facoltà di Filosofia e Teologia. Nominato cardinale nel 2001, ha fatto parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, della Congregazione per il Clero e della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e del Pontificio Consiglio per la Famiglia e della Commissione per l'America Latina. Durante il suo ministero come arcivescovo di Buenos Aires e primate d'Argentina, è stato spesso la voce della Chiesa nel Paese, in difesa della vita e della famiglia e a livello di questioni sociali, e in quest’ultimo periodo ha svolto un'intensa opera a favore della nuova evangelizzazione e per implementare le direttrici per l'Anno della Fede.
Ha esortato gli argentini a “non abituarsi alla povertà” e a “scendere in strada” in difesa della famiglia. Nel settembre dello scorso anno rimproverava i sacerdoti che si rifiutavano di battezzare i figli delle madri single, chiamandoli “gli ipocriti di oggi che hanno clericalizzato la Chiesa, quelli che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza”. La sua attività lo indica a ragione come un pastore coraggioso e di grande animo, con particolare sensibilità anche nei confronti del popolo ebraico e dei cristiani del Medio Oriente. Alla vigilia del Conclave il suo nome non era tra quelli “accreditati”. Rispettando, forse, le consuetudini del voto nella Cappella Sistina, i cardinali elettori hanno scelto alla quinta votazioni un outsider al quale affidare il compito, non facile, di essere “pastore e manager”, “divulgatore e attento ai nuovi tempi della Chiesa”.
“Sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo". Così Papa Francesco, appena eletto al soglio pontificio, ha voluto salutare i fedeli, esprimendo con voce commossa anche il”pensiero” per il mandato appena ricevuto.
Sicuramente il significato del cammino che attende Francesco lo avrà accompagnato durante il suo ritiro nella ''stanza delle lacrime'', ovvero nella sacrestia della Cappella Sistina, dove ha indossato per la prima volta i paramenti con i quali presentarsi in pubblico dalla Loggia delle benedizioni della Basilica di San Pietro.
E la sua richiesta di ricevere le preghiere dei fedeli e di instaurare un cammino comune nella Chiesa e per la Chiesa è sembrato un “nuovo inizio”. E, con l’invita a pregare per il Papa emerito, anche un non poter dimenticare il percorso incominciato da Ratzinger e, rafforzato ulteriormente, dalla sua scelta di dimissioni.