di Nello Rega
(n.rega@rai.it)
Alle 19.06, quinta votazione, la fumata è stata bianca. Mentre il popolo dei giornalisti che affollava la sala stampa vaticana dava quasi per scontata l’ennesima “nera” anche nella seconda giornata, il bianco si è “arrampicato” nel cielo plumbeo di Roma. I sette minuti di fumata sono sembrati interminabili. Accompagnati dalle campane della Basilica di San Pietro hanno segnato la fine della sede vacante vaticana, iniziata il 28 febbraio scorso alle 20 quando si è chiuso il portone di Castel Gandolfo e si è definitivamente ritirato Ratzinger. Piazza San Pietro, affollata già dal pomeriggio, ha accompagnato la quinta votazione dei 115 cardinali elettori. Per molto tempo il comignolo più “visto” del mondo è stato sorvegliato da un uccello, quasi a predire quello che di lì a poco sarebbe successo.
Si chiude così il Conclave numero 25, il primo della storia vaticana seguito in “diretta” da un altro pontefice. Benedetto XVI certamente è stato lì, come altri milioni e milioni di fedeli in tutto il mondo, a guardare quel comignolo e a sperare nella fumata bianca. Avrà seguito con le preghiera l’attimo fatidico che ha segnato l’accordo trovato sul nome del suo successore. Una situazione a dir poco imprevedibile solo fino all’11 febbraio scorso, quando ha annunciato le sue dimissioni. E tra una immagine e l’altra della piazza di San Pietro gremita di fedeli in attesa, ha potuto forse ricordare quei giorni che portarono solo 8 anni fa alla sua elezione. Avrà anche ripensato all’atmosfera della Cappella Sistina, alla spiritualità racchiusa in quelle mura, al silenzio sorvegliato dai “colori” di Michelangelo. E, certamente, con grande emozione avrà riflettuto sulle pregnanti parole dei cardinali quando “consegnano” all’urna il loro voto: “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”.