Intervista a monsignor José María Gil Tamayo


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'Diviso fra due compiti: giornalista e sacerdote'

Portavoce della Santa Sede accanto a Padre Lombardi t

di Paola Scaramozzino
(p.scaramozzino@rai.it)

Iniziato il conclave, le prime due fumate sono state nere. A presidiare i dintorni di Piazza San Pietro ci sono tutti i cinquemila e seicento giornalisti accreditati: alcuni sono nelle postazioni televisive di fronte alla Piazza e all’inizio di via della Concilazione, altri proprio accanto al colonnato del Bernini e altri ancora nel media-center che si trova nella Sala Paolo VI su piazza del Santo Uffizio. Solo in questa grande sala stampa sono state allestite almeno 300 postazioni per i colleghi che arrivano da tutto il mondo. Servizi di sicurezza in allerta, controlli attenti con i metal detector, zona completamente schermata. Ad attendere i giornalisti e le troupe televisive, una presenza che è diventata familiare in questi giorni: si tratta di monsignore José María Gil Tamayo, portavoce aggiunto di Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Con lui ha presieduto gli incontri giornalieri con la stampa traducendo in spagnolo quanto Padre Lombardi riferiva.

E’ emozionato?
“Sì, molto ma ho una sorta di divisione interna per il mio doppio ruolo: da una parte sono e mi sento giornalista come voi ma dall’altra sono anche sacerdote e mi sarebbe piaciuto essere presente alla messa pro – eligendo che si è svolta in San Pietro. Mi scuso ma capisco l’italiano ma non lo parlo molto bene”.

Affabile, cortese, padre Gil Tamayo si fa capire benissimo anche se un’interprete accorre in aiuto.

“Sono stato- ci racconta – Consulente della Conferenza Episcopale Spagnola per 13 anni. Durante il sinodo dei Vescovi a ottobre scorso, Padre Lombardi mi ha chiamato accanto a lui per tenere i contatti con i colleghi. La cosa mi ha fatto molto piacere. Noi dobbiamo aiutare e non difenderci da voi. Ci sentiamo di far parte dello stesso mestiere”.

Può essere difficile però confrontarsi con la stampa di tutto il mondo?
“Sì a volte lo può essere ma non per malafede del corrispondente ma solo perché ci può essere una mancanza di familiarità con il contenuto religioso”.

Come sarà il nuovo Papa?
“Sarà innanzi tutto un uomo di fede, di Chiesa e di Comunione. Sarà esperto di umanità degli uomini e delle donne del XXI secolo”.

Voi lo saprete in qualche modo per primi il nome del Pontefice?
“No, lo vedremo come tutte le persone che attendono questo momento, da quella fumata bianca. Aspettiamo tutti insieme, in modo eguale senza fare discriminazioni, che si sciolga il mistero. Aspettiamo che il Protodiacono pronunci la frase di rito e il nome”.

C’è qualcosa che vorrebbe dire e che non ha letto nella miriade di articoli pubblicati fin ora?
“Vorrei che fosse sottolineato che questo è un momento religioso di grande spiritualità che tutti condividiamo. Non stiamo parlando dell’elezione di un Capo di Stato o di una Multinazionale ma del Pastore della Chiesa, del Papa. A volte viene tralasciato proprio questo valore fondamentale”.

Questa è la lettura corretta dell’evento per un cristiano anche se i numerosi scandali affiorati alla luce negli ultimi tempi, riportano spesso l’elezione del Papa a una lotta fra le varie congregazioni.

La curiosità
A capo dei porporati americani c’è una suora giornalista: si tratta di Sister Walsh, direttore Media Relation della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti.

Arrivata da Washington, la suora fa parte della Comunità del Nordest delle Suore della Misericordia delle Americhe. Scrive per numerosi giornali, ( Washington Post, Usa today e America) è autrice di libri. Il suo compito è di coordinare i cardinali che a loro volta hanno dei portavoce personali. In America l’elezione del Papa è molto seguita principalmente dalle TV e percepita come un evento storico.