di Bianca Biancastri
(bianca.biancastri@rai.it)
“Our Islands, our choice” (nostre le isole, nostra la scelta), lo slogan che tappezza l’abitato delle Falkland-Malvinas, al largo delle coste dell’Argentina. Lo si poteva avere negli uffici postali che ne hanno stampato in quantità. La scelta è stata fatta. Il risultato della consultazione sulla sovranità dell’arcipelago non lascia risposte ambigue, è nettamente a favore della Corona britannica. Quasi il 100% dei circa 1.600 elettori ha espresso il desiderio, per la prima volta attraverso le urne, che le isole restino un territorio britannico d’oltremare per inviare un messaggio forte all’Argentina: la volontà di autodeterminazione sia posta al centro di ogni rivendicazione futura di Buenos Aires. A rafforzare ulteriormente il “sì” dei “kelper”, come si chiamano gli abitanti delle isole, è stata l’alta affluenza alle urne, pari al 92%.
Nessuna sorpresa sulla reazione da parte dell’Argentina: non riconoscerà i risultati. “Siamo pienamente impegnati a rispettare l’identità degli abitanti delle Malvinas come facciamo con i 250mila discendenti dei britannici che vivono nel nostro Paese -dichiara l’ambasciatore argentino in Gran Bretagna, Alicia Castro- sono britannici, ma il territorio dove vivono appartiene all’Argentina” e “non può essere la volontà capricciosa di una piccola comunità a dirimere una disputa territoriale di competenza del diritto internazionale”. Il premier britannico Cameron, commentando la schiacciante vittoria del sì al mantenimento del controllo britannico sul territorio, invita invece Buenos Aires a rispettare l’esito del referendum. “Gli abitanti delle Falkland vogliono rimanere britannici e questa posizione deve essere rispettata da tutti, compresa l’Argentina”.
Con il referendum, indetto a più di 30 anni dalla fallita invasione militare delle Falkland da parte delle truppe argentine il 2 aprile 1982, Londra ha voluto portare la questione delle isole sul terreno del principio dell’autodeterminazione dei popoli, mentre l’Argentina ne fa una questione di sovranità territoriale. Diversi Paesi latino-americani sono schierati a fianco dell’Argentina ma il resto della comunità internazionale resta prudente. “L’Italia registrerà il risultato espresso dalla consultazione popolare”, riferiscono fonti del nostro governo. Una posizione in linea con l’atteggiamento dell’Unione Europea, di cui fa parte la Gran Bretagna ma anche la Spagna, Paese che contesta a Londra la sovranità su Gibilterra. I trattati europei menzionano le Falkland fra i territori e i Paesi d’oltremare associati all’Ue. I loro cittadini sono cittadini europei ma il loro territorio non fa parte dell’Unione. Cauti finora anche gli Stati Uniti che riconoscono di fatto l’amministrazione britannica delle isole ma non prendono posizione sulla questione della rivendicazione di sovranità delle parti. In merito alla questione delle Falkland, che ha contrapposto nella guerra del 1982 Argentina e Regno Unito, Washington ha sempre cercato di non schierarsi. Gli Stati Uniti hanno tuttavia fortemente appoggiato l’autodeterminazione nel caso del Sud Sudan, mentre in seguito alle rivolte della Primavera araba il presidente Barack Obama aveva ribadito che l’America accoglieva con favore il cambiamento che portava avanti l’autodeterminazione dei popoli di Egitto e Tunisia. Subito dopo il voto i deputati locali Sharon Halford e Mike Summers sono partiti per gli Usa allo scopo di fare pressioni sui funzionari dell’amministrazione americana e i membri del Congresso.
I numerosi giornalisti, anche argentini, che hanno seguito il referendum nelle isole contese hanno descritto il clima di festa che ha circondato l’appuntamento elettorale. Non sono mancate le manifestazioni di patriottismo britannico e di critica all’Argentina, come le magliette con lo slogan “l’unica cosa argentina nelle Falkland sono le mine” lasciate dai militari di Buenos Aires dopo l’invasione del 1982. “Quello che stiamo cercando di fare è mandare un messaggio –afferma Barry Elsby, membro dell’Assemblea legislativa delle Falkland- visto che l’Argentina ci ignora totalmente, ma il resto del Mondo vedrà il referendum per quello che è: un’espressione democratica della volontà della popolazione”.
E’ stato proprio il conflitto del 1982, quando l’Argentina sotto dittatura militare invase le Falkland e la Gran Bretagna guidata da Margaret Thatcher respinse l’invasione, a lasciare ferite da ambo le parti, rendendo più difficile una soluzione della contesa. Nella guerra morirono 650 argentini e 255 britannici. Una tensione che si è riaccesa quando, ai primi di gennaio, la presidente argentina Kirchner ha esortato il premier britannico Cameron a rispettare la risoluzione delle Nazioni Unite del 1960 che invita i Paesi membri “a cessare il colonialismo in tutte le sue forme e manifestazioni”. Buenos Aires presenta ogni anno un reclamo sulla sovranità delle Malvinas alla Commissione dell’Onu per la Decolonizzazione.
I leader politici smettano di puntare i piedi, chiedono gli abitanti delle Falkland che non perdono la speranza. “Speriamo –dichiara un loro portavoce- che il risultato suoni come un messaggio al mondo che il nostro destino è nelle nostre mani, siamo una fiorente e vivace comunità proveniente da tutte le parti del globo. Auspichiamo normali relazioni di buon vicinato con l’Argentina".