di Maurizio Iorio
(maurizio.iorio@rai.it)
La caccia agli albini in Tanzania ha assunto le proporzioni di una vera e propria mattanza. Sembra un assurdo, ma nel XXI secolo ci sono ancora aree del mondo dove sopravvivono culture ancestrali estremamente sanguinarie. Le superstizioni tribali fanno leva sull’ignoranza della popolazione, soprattutto nelle aree sottosviluppate di un paese già di per sé assai povero. Si sa tutto della piaga atroce dell’infibulazione, praticata dalla comunità musulmana, che comunque non raggiunge nel Paese le percentuali bulgare del Sudan e dell’Alto Egitto. Poco si sapeva, invece, della barbara usanza di uccidere e/o mutilare le persone albine, perché si ritiene che le parti del loro corpo possano donare una fortuna infinita. E comunque, quando non vengono uccise sono oggetto di scherno e discriminazioni. Gli albini, che in Tanzania sono 270.000 su 40 milioni di abitanti, vengono chiamati “teste sbucciate”, “scimmie”, “fantasmi”, “demoni”. Le persone prive di melanina sono vittime di un razzismo assurdo: hanno difficoltà a trovare lavoro, a sposarsi, in lingua shona sono “sope”, spiriti maligni. In Zimbabwe le donne con la carnagione chiara vengono violentate perché si ritiene che possano guarire dall’Aids.
In campo anche le associazioni private
Il cantante del Mali Salif Keità ha fondato una associazione per combattere le discriminazioni. “Quando la gente mi vedeva per strada, sputava per terra. Cosa c’è di peggio?” racconta il nero bianco Keità, detto “The golden voice of Africa”. Nel continente nero gli albini sono più numerosi di quanto si creda. Uno ogni 5000 persone; in Danimarca, per usare un termine di paragone, sono uno ogni 60.000. Mwigulu, un bimbo di sette anni, abitante in una zona rurale della Tanzania, si è “salvato” perché i due balordi che lo hanno aggredito si sono limitati a mozzargli il braccio sinistro e ad allontanarsi con il loro trofeo portafortuna. Sembra il copione di un film splatter, ma è il classico caso in cui la realtà supera la fantasia. Le parti smembrate dei corpo degli albini finiscono nelle mani di stregoni, che spesso sono i committenti delle aggressioni, che ne ricavano pozioni “magiche”. Gli acquirenti sono soprattutto i cercatori di diamanti o i pescatori, che sperano di diventare ricchi grazie ai portafortuna umani.
Il governo è impotente
Nonostante gli sforzi del governo i bambini continuano a morire, perché non c’è modo di estirpare questo retaggio atavico. Navi Pillay, alto Commissario dell’Onu per i diritti dell’uomo, ha messo il dito nella piaga, rivelando che le atrocità vengono commesse quando le vittime sono ancora vive. Il presidente tanzaniano Jasaya Kikwete ha lanciato un appello in tv, chiedendo alla popolazione di mettere fine a questa pratica orrenda. Solo nelle ultime due settimane sono almeno una dozzina i casi di cui si è venuti a conoscenza. Ma, quando non ci sono testimoni si parla solo di sparizioni. I bambini vengono spesso strappati dalle braccia dei genitori o rapiti nel sonno.
Profanate anche le tombe
La superstizione è così radicata che, in mancanza di “materia prima”, vengono profanate anche le tombe, tanto che ormai i defunti vengono seppelliti sotto una colata di cemento. Il governo della Tanzania ha mandato educatori sociali nei villaggi, ha creato centri di accoglienza, ha inasprito le pene, ma nulla sembra poter fermare la mattanza. Molte persone, quelle che possono, lasciano il Paese o si rifugiano nei centri di accoglienza. Tra i tanti casi dell’orrore, va segnalato quello di Angel, una diciottenne che i parenti hanno salvato da una morte certa. Fra gli aggressori c’era anche suo padre.