di Sandro Calice
di Sam Raimi, Usa 2013, fantasy (Walt Disney Pictures)
Fotografia di Peter Deming
con James Franco, Michelle Williams, Mila Kunis, Rachel Weisz, Abigail Spencer, Zach Braff, Joey King, Martin Klebba, Ted Raimi, Bill Cobbs, Tony Cox, Toni Wynne, Tim Holmes, Keith Schloemp, Dennis Kleinsmith, Wayne Brinston, Jon Overgaauw, Mark S. Kerr, Phillip Huber.
Per ben 14 romanzi, pubblicati tra il 1900 e il 1920, lo scrittore L. Frank Baum ci ha raccontato dello straordinario Regno di Oz, senza mai svelarci però le origini del grande e potente mago cui già nel 1939 Victor Fleming dedicò il film interpretato da Judy Garland. Ci ha pensato Sam Raimi, autore delle saghe de “La Casa” e di “Spider-Man” a colmare, a modo suo, la “lacuna”.
Oscar Diggs (Franco) è un prestigiatore da strapazzo, un uomo di dubbia moralità che si esibisce con il suo spettacolo in un polveroso e scalcinato circo di provincia in Kansas. Per sfuggire a uno dei suoi imbrogli, si trova travolto con la sua mongolfiera da un gigantesco tornado che lo trasporta magicamente in un mondo fantastico. La prima persona che incontra è la bellissima e ingenua maga Theodora (Kunis), che gli fa una rivelazione: lui è il grande e potente mago che il Regno di Oz stava aspettando da tempo, colui che li libererà dal giogo della strega cattiva. Ovviamente non è così, e il nostro Oz sta al gioco solo perché intuisce immensi guadagni. Ma capirà presto che nulla è come sembra: chi è la vera strega cattiva, Glinda (Williams) della foresta oscura o la melliflua Evanora (Weisz) della Città di smeraldo? Oz dovrà ricorrere ai suoi trucchi e alla sua esperienza per salvare la vita degli abitanti del regno e il suo stesso destino.
Un film imponente, con una lunga lista di premi Oscar dietro ogni dettaglio tecnico della sua realizzazione, con un cast di grandi nomi (anche se Franco è stato un “ripiego” dopo i rifiuti di Downey Jr. e Depp), colorato, evocativo, una parabola per ragazzi sul bene e sul male, celebrativo addirittura della magia e della potenza del cinema (i trucchi di Oz). E che però lascia con una sensazione di insoddisfazione. E’ quasi come se mancasse proprio la magia (quella della storia, non gli effetti speciali), come se fosse soprattutto un racconto “di testa”, con una sceneggiatura che inciampa nell’evoluzione dei personaggi e con i momenti migliori lasciati a quando Raimi si ricorda della sua ironia e di essere stato un regista di horror. La potenza dell’idea originaria, alla fine, salva tutta la baracca.
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