Gammarelli, vesti per il clero da due secoli


Stampa

Tre abiti per il nuovo Pontefice

La consegna in Vaticano g

di Paola Scaramozzino
(p.scaramozzino@rai.it)

Vi siete mai chiesti chi prende le misure, taglia e cuce gli abiti per il Papa? A Roma, alle spalle del Pantheon, in via di Santa Chiara, c’è la sartoria che da un secolo veste i Pontefici e che è conosciuta in tutto il mondo come la “Ditta Annibale Gammarelli”. Malgrado la pioggia non smetta un attimo di cadere, fuori e dentro l’atelier che ha sede nel palazzo dell’Accademia Pontificia Ecclesiastica, c’è un viavai di persone italiane, straniere, studenti, e anche il postino di una ditta di pronta consegna che si affacciano e chiedono se quelli esposti in vetrina sono gli abiti talari del futuro Papa. Il signor Lorenzo Gammarelli, quaranta anni, sesta generazione della famiglia, ci accoglie gentilmente anche se in sottofondo alcuni dipendenti non nascondono il fastidio per tanta confusione. Più di tutti si lamenta di non poter lavorare con tranquillità il sarto che sta tagliando sul lungo bancone di legno una “pianeta”, un paramento che va sull’abito talare e che si indossa nelle liturgie. E’ di lampasso, un tessuto operato in seta di grande pregio che ha una trama di base e più trame supplementari che formano sulla stoffa un disegno coloratissimo. In questo bel negozio dagli arredi originali in legno costituiti dalle tante mensole e cassettiere a parete e dall’ antica scala che porta al piano superiore dove si trova il laboratorio, si respira aria di sacrestia: commessi rigorosamente in giacca e cravatta scuri, parole che si pronunciano a bassa voce, modi garbati, un’ accogliere e accompagnare i prelati alla porta scattante.

“Questa sartoria nasce nel 1798 come sartoria per il clero. – racconta il signor Lorenzo - Non sappiamo negli anni come sia diventata poi quella di fiducia del Vaticano. Sta di fatto che da Pio XI e cioè dal 1922, siamo stati sempre noi a vestire il Papa”.

E a riprova di ciò, sulla parete all’entrata sono esposti i quadri con le foto di tutti i “loro” pontefici: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI , Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. “Di tutti questi Papi – ci dice il signor Lorenzo – solo Giovanni Paolo II non era nostro cliente prima della sua elezione alla soglia Pontificia. Aveva un suo sarto in Polonia”. Negli scaffali, tanti i drappi di tessuto: damaschi, broccati, lane di color paonazzo romano, il color viola usato per le vesti dei Monsignori e di color rosso porpora, quello per le vesti dei cardinali. E poi ancora abiti talari neri filettati di rosso già pronti e grandi mantelli neri con il collo in velluto.

Mentre parliamo, entra il cardinale Jean Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux, uno dei porporati che si è mostrato molto disponibile con i giornalisti in questi giorni pre-conclave. A seguirlo una troupe di quattro cineoperatori francesi. Il cardinale chiede uno zucchetto, la papalina rosso porpora. Il signor Lorenzo glielo mostra, poi lo piega e lo incarta con accuratezza. Il porporato paga e risponde alle domande del cronista straniero. Prima di uscire si ferma e spiega in francese che questa è una sartoria molto importante e mostra gli abiti del Papa in vetrina, poi si avvia verso il Seminario Pontificio Francese che ha sede a pochi metri da questo negozio.

“Da oggi questi abiti non saranno più esposti – ci dice il signor Lorenzo- perché verranno consegnati in Vaticano. Abbiamo confezionato tre vesti uguali ma di diverse taglie che dovrebbero andar bene al futuro Pontefice. Comunque, da quando inizierà il Conclave fino alla proclamazione, noi non potremo più metterci le mani per eventuali modifiche. L’abito talare è bianco e in lana. Sopra ha una mantellina bianca e una rossa bordata di ermellino, la mozzetta. Tutti i tessuti sono rigorosamente italiani”. Dalla papalina alle calze , da ciò che indosserà sopra e sotto la veste talare, il corredo è pronto per essere consegnato.

Chiediamo se qualcuno ha conosciuto Benedetto XVI e il sarto che nel frattempo si è messo in disparte perché impossibile per lui lavorare, ci risponde di sì. “Il Papa ha fatto del tutto per metterci a nostro agio quando andavamo in Vaticano per provare gli abiti. Non era affatto freddo come a volte lo descrivevano “, di più non riusciamo a fargli dire. E intanto sbirciamo nel camerino delle Eminenze. Più che un camerino è una vera stanza con quadri sacri alle pareti, una specchiera primi del ‘900 a tre ante da una parte, una piccola consolle dall’altra con sopra appoggiato un metro da sarto, e a parete, una vetrina illuminata con dentro paramenti, mitrie, oggetti sacri. In primo piano una pianeta bianca con decori antichi in oro.

“Adesso basta, per favore signori fuori”. Il signor Lorenzo lo dice a voce bassa e con calma. Ha un aspetto da buono ma si vede che è sull’orlo di una crisi di nervi come del resto i suoi dipendenti. Il telefono squilla in continuazione, entrano prelati e con loro ragazzi, giornalisti, curiosi. Bisogna servire i clienti e dare indicazioni al personale. Si devono consegnare degli abiti ordinati prima che inizi il Conclave. “Fuori tutti, grazie” ripete, con il sorriso sulle labbra. Senza eccezioni.