di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)
E’ dal 1907 che si parla di basso salario e di discriminazione sessuale in riferimento alla condizione della donna nel mondo del lavoro. In quell’anno il VII Congresso della Seconda Internazionale Socialista, tenuto a Stoccarda nel mese di agosto, alla presenza di 884 delegati di 25 nazioni, discusse di guerra, di colonialismo e della questione femminile unita alla rivendicazione del voto da parte delle donne. Un’assise altisonante, per le figure storiche che vi parteciparono, come Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, August Bebel, fondatore dell’Spd tedesco, il russo Lenin, il francese Jean Jaurés. In quel Congresso i partiti socialisti si impegnarono a “lottare energicamente per l’introduzione del suffragio universale delle donne”.
L’evoluzione sociale delle donne è sì transitata inizialmente attraverso gli ideali progressisti in particolare della sinistra europea, anche perché il suffragio universale, ad esempio, contribuiva a rafforzarne il consenso popolare, ma con il trascorrere degli anni è diventata il risultato dell’azione concertata di movimenti, non solo politici, di natura e origine diversa. Le conquiste, da parte delle donne, vi sono sicuramente state, ma le problematiche, soprattutto legate al lavoro, da allora, da quel 1907, continuano ad essere in pratica le stesse e solo la politica può risolverle.
Le ultime consultazioni elettorali almeno un merito lo avranno: quello di portare di fatto in Parlamento un maggior numero di donne, finalmente, a rappresentare in modo realistico la questione femminile e a contribuire al cambiamento del Paese.
Quali sono le ragioni di questo risultato elettorale? Le interviste di Televideo alla senatrice del Pd, Anna Finocchiaro, e la deputata del PdL, Beatrice Lorenzin.