di Sandro Calice
di Juan Solanas. Canada, Francia 2013, fantascienza (Notorius Pictures)
Fotografia di Pierre Gill
con Kirsten Dunst, Jim Sturgess, Larry Day, Timothy Spall, Heidi Hawkins, Don Jordan, Holly O'Brien, John Maclaren, Elliott Larson, Vincent Messina, Vlasta Vrana, James Kidnie, Nicholas Rose, Kate Trotter, Paul Don.
Amore, fantascienza, un’ombra di autobiografia e perfino un accenno di denuncia sociale in questo lavoro di Juan Solanas (“L’uomo senza testa”, “Nordeste”), figlio del celebre Fernando di “Tangos - l’esilio di Gardel”.
Adam è nato nel mondo di sotto, un mondo grigio e di miseria. E’ orfano, ma ha un lavoro e chi gli vuole bene. Ama passeggiare, fuori città, fino alle montagne proibite, su, sulla cima più alta, dove il mondo di sotto quasi tocca il mondo di sopra. Si, perché il cielo del mondo di sotto è un altro mondo, ricco e luminoso, vicinissimo eppure impossibile da raggiungere, perché ha una gravità esattamente opposta. Poi un giorno, sulla cima delle montagne del mondo di sopra arriva Eden, bionda, bellissima, e la vita di Adam cambia. Sono vietati e pericolosi i contatti tra gli abitanti dei due mondi, ma l’amore può essere la forza più potente dell’universo.
“Upside Down”, anche una metafora della vita del regista, fuggito dall’Argentina dei militari per andare a rifugiarsi nell’emisfero opposto, è un formidabile “spreco” di una grande idea e di sorprendente tecnologia. Fedele alla sua convinzione che il cinema sia soprattutto il raccontare una storia attraverso le immagini, Solanas (aiutato dalla fotografia di Gill) costruisce uno scenario esteticamente sorprendente, ricorrendo anche a una sosfisticata tecnica di ripresa e non al computer per far recitare gli attori “sottosopra”. I mondi sono bellissimi, la storia dei due innamorati avvincente, le sottotrame ben costruite. Poi però qualcosa si perde (bisogna dire che qualche avvisaglia ce l’abbiamo già dal principio: diffidare sempre dei film che iniziano con troppe “spiegazioni”) e dopo la prima metà la situazione peggiora, la melassa dilaga, la sceneggiatura sbanda, gli attori sono quelli che sono e tutta quella sontuosa architettura passa purtroppo in secondo piano. C’è anche un finale aperto, come fosse un Twilight qualsiasi, ed è il colpo di grazia.
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