di Sandro Calice
di Gabriele Salvatores, Italia 2013, drammatico (01 Distribution)
Fotografia di Italo Petriccione
con John Malkovich, Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius, Eleanor Tomlinson, Peter Stormare.
E’ sempre l’amicizia la musa ispiratrice e l’anima delle storie di Salvatores. Forse in questo film l’obiettivo avrebbe dovuto guardare anche altrove, o in altro modo
. 1985. Kolima e Gagarin hanno 10 anni e vivono in una città nel sud della Russia abitata solo da clan criminali. Nonno Kuzja (Malkovich) è il capo dei siberiani, e spetta a lui l’educazione dei due ragazzi. Un’educazione fatta di picca (il coltello) e violenza, di onore e dignità, di regole come “mai possedere più di quanto si può amare”, di doveri come quello di proteggere i “voluti da Dio”, i matti, e di diritti come quello di uccidere poliziotti, banchieri e usurai. Dieci anni dopo il mondo è cambiato, un muro è crollato e con lui quasi tutte le regole e i valori dei clan. Qualcuno si è macchiato di un delitto orrendo, spetta a Kolima trovare il colpevole: può ricorrere a ogni mezzo, può infrangere anche i codici, nessun prigioniero, dovrà ucciderlo.
Salvatores ci ha abituati a un eclettismo raffinato e non comune per il cinema italiano, dagli inarrivabili esordi di “Marrakech Express” e “Turnè” alle favole nere di “Io non ho paura” e “Come Dio comanda” o la commedia di “Happy family”, passando per la fantascienza di “Nirvana” e ovviamente per l’Oscar di “Mediterraneo”. Qui, nelle sue intenzioni, partendo dal romanzo di Nicolai Lilin, doveva mettere in scena un film “in costume” in una sorta di Far East, con grandi storie dal respiro epico. La storia dei due (bravi) ragazzi, ma anche quella di un fiero popolo di guerrieri nella lotta impari contro un feroce e vorace mondo globalizzato. Non è andata proprio così. Salvatores sembra addolcire il racconto di Lilin, “un libro violento e romantico” secondo lo scrittore, propendendo per la seconda chiave di lettura. Manca la paura in questo film, che pure racconta una storia che dovrebbe atterrire, manca l’angoscia anche nei momenti di maggiore tensione, manca proprio il senso tragico delle sorti di un popolo che la storia decide di mettere da parte. Il resto funziona, dagli attori, alle ambientazioni, alla fotografia: ma questa volta Salvatores (con gli sceneggiatori) avrebbe dovuto metterci una buona dose di cattiveria in più.
>>> guarda il trailer