La sottile linea tra arte e follia

Confini e outsiders in mostra a Ravenna

di Federica Marino
(marino@rai.it)

Ai mondi adiacenti di arte e follia è dedicata Borderline, al Mar- Museo d’Arte di Ravenna - e la linea di confine è quella continuamente scavalcata dall’artista, con variabili consapevolezza e risultati.

Se dal Romanticismo in qua e fino al volo astrattista e concettuale, l’arte è diventata sempre più sguardo nell’anima, cosa ci permette di vedere di un’anima sofferente? Quando si parla di arte e quando di espressione patologica? Cosa differenzia l’artista dal pazzo o dal veggente?

Partendo dalla tesi che bambini, primitivi e malati di mente siano i più vicini alla creatività originaria, già nei primi anni del ventesimo secolo le loro produzioni artistiche sono considerate come “fotografie” della psiche più arcaica e in quest’ottica si studiano anche i disegni degli ospiti dei manicomi, alla ricerca di una chiave che apra le porte del loro mondo “altro”. Siamo qui all’arte asilare, che i medici positivisti studiano come produzione di stati patologici (seppur) di alto livello estetico, in un mondo in cui il confine tra normalità e malattia è ancora molto netto, e i pazzi sono ben chiusi nei manicomi. A disegnare, innocui, nascosti, lontani.

Poi arrivano due guerre, con il loro seguito di traumi e paure; il mondo non può più essere serenamente positivista e anche la follia sceglie strade più “morbide” per manifestarsi, trasformandosi in disagio, emarginazione, male di vivere. E’ con questa nuova consapevolezza che Jean Dubuffet conia nel 1945 il termine di “Art brut” e va a cercare i suoi artisti nelle prigioni come tra i veterani e gli esiliati: artisti “per forza”, costretti dal bisogno profondo di creare e così portare fuori, dare forma e corpo alle loro pulsioni interiori. Con approccio da scultore e non da psichiatra, Dubuffet legge nell’arte “grezza”la manifestazione pura di una creatività potente, spontanea, libera da influenze stilistiche o di mercato: ancora abbastanza netta, la separatezza fra artisti ufficiali e “alienati” andrà via via sfumando, per lasciare il posto a una linea di confine mobile, un’area neutrale, più e più volte attraversata dai “creativi”, più o meno sani di mente, della modernità.

La mostra Borderline, linea di confine, documenta questo percorso in stanze tematiche in cui sono illustrati gli approcci all’arte folle e i suoi approdi. Dopo la sezione introduttiva, che porta in mostra i lavori di Goya e Géricault tra gli altri“sulla” follia, ci sono due stanze, dedicate al “Disagio della realtà” e a quello del corpo. Nella prima si trova il mondo esterno percepito e reso da artisti folli o meno, alla ricerca di consonanze o dissonanze tra le due categorie. Il corpo, altro confine esteriore posto alla psiche umana, diventa, da oggetto, strumento di espressione e opera d’arte per se stesso, in un’operazione ricombinatoria della realtà e della sua interpretazione.

I Ritratti dell’anima della sezione successiva accostano volti e autoritratti di Bacon, Basquiat, Ligabue: il volto umano come specchio e come teatro della follia, del disagio, del proprio essere marginale, fuori dal contesto o fuori fuoco. Una sala è tutta per Aloïse Corbaz, figura emblematica dell’Art Brut con i suoi dipinti enormi e coloratissimi, un amore impossibile, la malattia mentale e l’internamento a vita.

Una sala per la scultura e quella conclusiva per l’arte surrealista, dove il sogno diventa dimensione parallela o alternativa alla follia, con opere di Dalì, Ernst e Masson.



BORDERLINE. Artisti tra normalità e follia. Da Bosch all’Art brut, da Ligabue a Basquiat
Ravenna, MAR - Museo d’Arte della città di Ravenna
Fino al 16 giugno 2013