di Sandro Calice
(s.calice@rai.it)
““Popolare non vuol dire facile e di bassa qualità, vuol dire per tutti”. Seduto sugli scalini del palco del teatro Ariston Fabio Fazio apre il Festival di Sanremo 2013 con un omaggio a Giuseppe Verdi, nel bicentenario della sua nascita, e all’aria simbolo dell’Unità d’Italia, “Va’ pensiero” interpretata dal coro dell’Arena di Verona diretto da Mauro Pagani.
Poi arriva Luciana Littizzetto in carrozza, ed è un ciclone di risate, una raffica di battute sempre sul filo della par condicio, e anche oltre: “Lei con quella faccia lì è un azionista Mps?”, “E lei che si ride, le hanno restituito l’Imu?”, “A proposito, io mi fido, ma non è che l’Imu posso averla prima del voto?”, “Diceva che c’erano i ristoranti pieni di gente…sì, di gente che cercava un posto da cameriere”. “Non si può dire niente, mi raccomando”, è intervenuto Fazio. “Allora faccio l'elenco dei politici pirla così facciamo il Festival più corto della storia” ha risposto.
Era atteso, soprattutto dai detrattori e da quelli col dito puntato, e Crozza ha scelto probabilmente il tema e l’ingresso meno felici, presentandosi con un’imitazione di Berlusconi non proprio tra le sue cose migliori. Urla e contestazioni in sala, per la verità, si è capito dopo, solo di un paio di persone già protagoniste di episodi simili, e forse nemmeno tanto spontanee. Qualche secondo di imbarazzo, poi Crozza ha continuato il monologo partendo da: “Cosa hanno in comune Sanremo e le elezioni? Chiunque vinca non vende una mazza. Tra due settimane andremo a votare con quadro politico totalmente privo di logica: chiunque governerà lo farà alleandosi con qualcuno che lo ha appena mandato a cagare. Credetemi, siamo ingovernabili”, costretto a quel punto dalla par condicio a imitare Bersani, un esilarante Ingroia e anche Montezemolo. Finale tra applausi e standing ovation, ma ci saremmo volentieri evitati quella sensazione di già visto e i temi politici da cui saremmo andati serenamente e momentaneamente in vacanza.
La musica. La formula di Fazio funziona, due canzoni per artista danno più respiro ai cantanti e la possibilità di essere valutati meglio. I verdetti della prima serata dicono che Marco Mengoni passa con “L’essenziale”, non impressiona e lascia per strada “Bellissimo”, scritta da Nannini e Pacifico. Gualazzi è probabilmente la cosa migliore della serata, sembra troppo teso, passa con la bellissima “Sai (ci basta un sogno)”. Silvestri va avanti con la sua ballata popolare “A bocca chiusa”, con la partecipazione di Renato Vicini, famoso insegnante di linguaggio per sordomuti. Molinari e Cincotti, nonostante la sensualità e la voce di lei e la performance di lui al piano, non lasciano il segno, perdono l’inedito di Lelio Luttazzi e vanno avanti con “La felicità”. Marta sui Tubi interpretano appieno la parte di indie rock che hanno in copione e proseguono con “Vorrei”. Maria Nazionale ha due splendide canzoni, lascia quella di Gragnaniello e porta in finale “E’ colpa mia” di Servillo e Mesolella. Chiara, infine, si fa notare più per la sua bravura e per come tiene la scena che per i pezzi: resta in gara con “Il futuro che sarà” scritta per lei da Bianconi dei Baustelle. Tutti i cantanti, lo ricordiamo, erano abbinati a un personaggio che ha proclamato la canzone vincitrice: un’occasione per due chiacchiere tra un artista e l’altro e poco più.
Chiusura “epica” con l’omaggio a Toto Cutugno, che prima riscrive un pezzo della sua “L’italiano” recitandola, e poi canta l’originale insieme ai 40 elementi del Coro dell’Armata Rossa. Luciana non resiste, e prima che esca di scena gli chiede: “Io non ho mai capito, ma il verso ‘buongiorno Italia, buongiorno Maria' è per quelli che si fanno le canne appena svegli?”.