Dimissioni del Papa, i precedenti


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Il famoso ‘gran rifiuto’ di Celestino V

Ma ci furono anche altri, soprattutto nei tempi più remoti benedetto_celestino_296

Nella storia sono pochi i casi di 'dimissioni' del Papa, sicuramente il più famoso è quello di Celestino V, ''colui che fece il gran rifiuto'', come lo indica Dante nella Divina Commedia, dove lo colloca nell'Antinferno tra gli ignavi.

Di origini molto umili (i genitori erano contadini e lui era il penultimo di dodici figli) Celestino V fu eletto al soglio pontificio il 5 luglio 1294 in tempi molto bui per la Chiesa.

Rassegnò le dimissioni dopo pochi mesi, il 13 dicembre di quello stesso anno, non reputando più opportuno prestarsi alle pressioni di Carlo d'Angiò e dei faccendieri intenti ad approfittare della sua buona fede.

Catturato a Vieste nel giugno 1295 mentre tentava di raggiungere l'eremo di Sant'Onofrio, fu consegnato al nuovo Papa Bonifacio VIII e imprigionato nel castello di Fumone (Frosinone) dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1296. Aveva 87 anni. Sui motivi dell'elezione, della sua rinuncia e della sua detenzione gli storici hanno discusso a lungo, additando per lo più Celestino come un santo e Bonifacio VIII in chiave tutta negativa.

Teorie che però sono state in parte riviste. In particolare, in occasione della terza visita di Benedetto XVI in Abruzzo nel luglio 2010, con sosta proprio presso la tomba di Celestino per consegnargli il ''pallio'', sull'Osservatore Romano Paolo Vian scrisse: ''non è né l'ingenuo vegliardo catapultato in scenari troppo grandi per lui ne' l'intrepido riformatore impedito dall'apparato mondano di una Curia tutta terrena''. ''Celestino e Bonifacio VIII non sono in realtà araldi di Chiese diverse''.

E' quanto sostenne anche Paolo VI, primo papa moderno a rendere omaggio nel 1966 a Celestino V visitando il Castello di Fumone in Ciociaria e ''riabilitando'' Bonifacio VIII.

In epoche più remote del Papato non mancano, comunque, i casi storici di rinuncia: San Clemente, quarto pontefice romano, arrestato ed esiliato per ordine di Nerva nel primo secolo dopo Cristo, abdicò dal Sommo Pontificato indicando come suo successore Evaristo, affinché i fedeli non restassero senza pastore. Nella prima metà del III secolo, Ponziano lo imitò poco prima di essere esiliato in Sardegna; al suo posto venne eletto Antero.

Silverio, 58esimo vescovo di Roma, fu deposto da Belisario e in punto di morte (11 marzo 537) rinunciò in favore di Vigilio, fino ad allora considerato un usurpatore. Vi sono poi molti altri casi, più problematici, in cui si discute se vi sia stata rinuncia o addirittura rinuncia tacita, come nel caso di Martino (VII secolo).

Altro caso più difficilmente inquadrabile è quello di Benedetto IX, che prima venne deposto in favore di Silvestro III, salvo poi riassumere la carica per poi rivenderla a Gregorio VI, il quale, accusato di simonia, fece atto di rinuncia dopo aver ammesso le sue colpe. Siamo nella prima metà dell'anno Mille. 

Nel 1415 un altro Papa, Gregorio XII, eletto all'epoca dello Scisma d'Occidente a Roma, dopo molti anni di lotte e di contese giuridiche, belliche e diplomatiche, fece atto di sottomissione ai decreti emessi dai padri conciliari, durante il Concilio di Costanza, che era stato convocato dall'antipapa Giovanni XXIII e presieduto dall'Imperatore Sigismondo per dirimere ogni questione. Uno di questi decreti intimava a tutti i contendenti di abdicare, nel caso che non si trovasse una soluzione e non si raggiungesse l'accordo fra i tre pretendenti al Soglio. Davanti al rifiuto di Benedetto XIII (rappresentante dell'obbedienza avignonese) e alla fuga di Giovanni XXIII (poi ricondotto in Concilio e deposto), alla fine Gregorio XII acconsentì ad abdicare, dopo aver riconvocato con una sua bolla il medesimo Concilio. All'abdicazione però non seguì l'elezione di un nuovo Papa, che si verificò passati due anni e solo successivamente alla scomparsa di Gregorio XII, dopo la quale venne convocata un'assemblea mista di cardinali e di padri conciliari, che elesse Martino V nel 1417.