di Rita Piccolini
L’urgenza di mettere al centro dell’attenzione la salvaguardia del territorio nazionale nasce da un dato inquietante: il 10% degli italiani è convinto di vivere al sicuro nella propria casa, ma non è così. Oltre sei milioni di persone vivono in zone a elevata criticità idrogeologica; oltre un milione di costruzioni sono state edificate in zone pericolose. I comuni a rischio sono 6.633, ben l’82% del totale. Interventi seri per prevenire i pericoli e limitare i danni devono essere messi nell’agenda del governo che nascerà dalle elezioni del 24 febbraio ed è necessario che abbiano una priorità altissima.
Come mitigare il rischio idrogeologico nel nostro Paese è stato il tema al centro della Conferenza organizzata da Legambiente, Coldiretti, Anci, Consigli Nazionale dei geologi, architetti, ingegneri,agronomi e forestali, oltre a Inu, Ance, Anbi, WWF, Touring Club Italiano, Alow Food Italia, Cirf, Aipin, Sigea, Aiab, Taviolo nazionale di contratti di fiume Ag21 Italy, Federparchi,Gruppo 183. Ai lavori ha preso parte anche il ministro dell’Ambiente Clini.
Tutti gli anni, in autunno, episodi gravi in una o diverse zone del Paese. Centri colpiti da smottamenti, da frane, da alluvioni, da veri e propri disastri ambientali. Abitazioni distrutte, campagne inondate, danni economici ingenti e spesso la perdita di vite umane come prezzo inaccettabile da pagare all’incuria e all’abbandono del territorio. Poi ancora la distruzione del patrimonio boschivo, la perdita degli animali, i danni ai beni artistici e paesaggistici. E’ un lungo elenco di distruzione che parte dagli anni ’50 con la tragedia del Polesine, ci mette sotto gli occhi inorriditi del mondo intero con l’alluvione di Firenze, poi con gli anni via via si intensifica, perché gli eventi meteorologici estremi si verificano con maggiore frequenza e le necessarie operazioni di manutenzione e di prevenzione per evitare o almeno limitare i danni si rivelano all’evidenza dei fatti del tutto inadeguate.
L’ultimo episodio lo scorso autunno in Liguria. Nelle Cinque Terre, una zona meravigliosa che il mondo ci invidia e che attira un numero altissimo di turisti, è venuta giù a causa dello smottamento del terreno la Via dell’Amore: un percorso magico, sospeso tra le scogliere a unire Riomaggiore a altri magnifici paesini della costiera ligure a picco sul mare, fino a Monterosso. Un colpo durissimo alla nostra immagine di Paese che fonda il proprio prestigio e la propria fama sulla bellezza del paesaggio, sull’arte e la cultura, senza contare, fatto ben più grave, che alcuni turisti furono a serio rischio di perdere la vita. Ma questo è stato solo l’epilogo della ben più drammatica alluvione dell’autunno precedente, quando a essere colpite furono la Toscana,la Liguria e Genova e quando interi paesi delle Cinque Terre furono travolti da montagne di detriti e fiumi di fango. A Monterosso, dopo la distruzione, gli abitanti lo denunciarono con chiarezza: è stato l’abbandono del territorio, gli appezzamenti di terreno ormai abbandonati e privati delle cure quotidiane dei contadini a causare il disastro. “Con un milione di agricoltori in meno l’Italia frana” ha denunciato il presidente di Coldiretti Marini nel suo intervento alla Conferenza. Un lungo inesorabile declino che accomuna varie zone d’Italia, le più belle, dalla Toscana alla Sicilia, passando per l’Umbria (come non ricordare la recente alluvione a Orvieto?), e la Calabria, il Molise, la Basilicata, la Valle d’Aosta, la provincia autonoma di Trento, dove il 100% dei comuni è classificato a rischio.
Dopo tali disastri cosa accade? Denunce e dibattiti sui giornali, trasmissioni di approfondimento per alcune settimane, poi l’impatto emotivo si attenua e non se ne parla più. E’ questo il motivo per cui si è sentita la necessità di una Conferenza nazionale che tracci le linee guida per il prossimo governo e che metta al centro dell’attenzione il rischio idrogeologico elevatissimo del nostro territorio tanto delicato e frangile, quanto deturpato dalla speculazione edilizia e della mano dell’uomo. In questa campagna elettorale difficile, hanno sottolineato i relatori, è importante lanciare l’allarme: l’emergenza non è solo economica, finanziaria, occupazionale, sociale o addirittura etica, ma anche ambientale.
Gli strumenti per affrontare questa emergenza? Tanti, diversi, e senza pregiudizi: dalle assicurazioni al coinvolgimento dei privati e alle agevolazioni fiscali per le imprese che coinvolgano i giovani nei lavori di manutenzione dei terreni e nella tutela delle aree boschive. Risorse di mercato insomma. Ma lo strumento più efficace è ridare centralità alle politiche agricole per presidiare il territorio. Tutto questo senza dimenticare la riqualificazione fluviale (abbiamo spostato il letto dei fiumi, dirottato sorgenti, ristretto troppo gli alvei, edificato a dismisura sugli argini), e la creazione di un’ agenzia nazionale che coordini. “In Italia continua a proliferare una sorta di industria della riparazione, mentre manca quella della prevenzione - ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza- eppure un buon piano strategico per la mitigazione del rischio idrogeologico rappresenta un grande volano per sviluppare la green economy, l’innovazione tecnologica, nuove politiche di gestione del suolo e delle foreste che darebbero un contributo sostanziale alla riduzione delle emissioni CO2 e allo sviluppo delle aree interne, a vantaggio del riequilibrio territoriale del paese”. Anche il presidente dei Geologi, Graziano, non ha mancato di sottolineare l’urgenza di “dare concreta attuazione a un ampio e organico programma di prevenzione” per la salvaguardia del nostro territorio dai fenomeni naturali calamitosi, e questo proprio ora, nel 2013, a 50 anni dalla catastrofe del Vajont, quando una frana che si staccò dal monte Toc riversandosi nel bacino della diga, provocò un’onda che travolse e uccise 1909 persone.
Tutti gli interventi quindi hanno messo in evidenza che i cambiamenti climatici da soli non bastano a giustificare i disastri. Serve un cambiamento di mentalità: gli italiani devono imparare a mettere in sicurezza il territorio prima che gli eventi si verifichino: è meno pericoloso e costa meno.