Zemanlandia è finita. Quando riprese la Roma otto mesi fa (l'ufficialita' arrivò il 2 giugno 2012) tra le prime parole di Zdenek Zeman da neo tecnico giallorosso disse: ''E' la mia ultima chance con una grande''. Invece la sua seconda avventura sulla panchina romanista si conclude nel modo peggiore: a secco di risultati e senza gloria. Nelle due precedenti stagioni alla fine degli anni Novanta con lui la Roma ottenne un quarto e un quinto posto: piazzamenti che non scaldarono molto la piazza giallorossa, tanto che l'allora presidente Franco Sensi non lo confermò e i risultati gli dettero ragione, perché prendendo Fabio Capello riuscì a centrare lo scudetto.
L'anno scorso con l'arrivo del boemo i tifosi romanisti sognavano di nuovo il tricolore. Dopo Liedholm, Capello avevano affidato al 'suo' 4-3-3 (con l'unica e fortunata eccezione contro la gara di Coppa Italia con la Fiorentina) le chiavi per tornare a cantare 'grazie Roma'.
Ma il sogno è finito presto, appena ventitré giornate, al termine del girone di andata o poco più. Una fine ingloriosa, peggiore di quella di Luis Enrique, il predecessore di Zeman.
Eppure l'inizio era stato scoppiettante, con il successo di San Siro con l'Inter. Ma poi c'è stato il brusco stop con il Bologna. Un campionato diventato subito altalenante per la Roma con qualche lampo, ma decisamente molte ombre. Meglio con le grandi rivali, peggio con le piccole: ko con il Siena e con il Chievo, nella nebbia del Bentegodi.
Ma anche il Catania alla prima di ritorno, o lo scivolone di Bergamo con l'Atalanta sono stati altrettante battute d'arresto che hanno fatto incrinare il matrimonio tra la Roma e Zeman: e così sono arrivate le voci di un possibile esonero, dopo il rocambolesco 2-2 di Bologna. Ma anche con le grandi il bilancio giallorosso non e' stato finora eccellente: a parte il 3-1 con l'Inter, il 4-2 con il Milan e la Fiorentina, c'è stato il tonfo (4-1) con la Juve alla sesta giornata. E poi il derby, un 3-2 rimasto ferita tra i tifosi.
Tanti troppi gli errori della squadra di Zeman. Se l'attacco è stato delizia (quello della Roma è attualmente il più prolifico del campionato con 49 gol), la difesa è stata la croce costante. Davvero un'enormità le 42 reti incassate dalla difesa giallorossa. La fotografia del disastro difensivo è l'autorete di Goicoechea nell'ultima sconfitta all'Olimpico con il Cagliari.
Una 'papera' davvero incredibile. E il ruolo del portiere è stato tra i maggiori motivi di frizione tra Zeman e lo staff giallorosso. Lo sconosciuto Goicoechea è stato imposto dal boemo, al quale il nome dell'uruguaiano era stato fatto dal compianto Franco Mancini, sua fedelissimo ai tempi del grande Foggia e suo collaboratore al Pescara. Ha imposto Goicoechea sacrificando Stekelenburg, nazionale olandese considerato nella rosa dei migliori n.1 al mondo. Ma i veleni maggiori hanno riguardato il ruolo di Daniele De Rossi. Con Zeman l'azzurro è finito troppo spesso in panchina, sacrificato a un altro 'Carneade' come Tachtsidis.
Tanti, troppi errori in una delle annate più sfortunate degli ultimi anni, la prima della nuova gestione americana. Con il Cagliari, squadra tante volte tabù, sempre nel destino dei giallorossi, dopo lo 0-3 a tavolino all'andata e le 'maledizioni' del presidente Cellino. Il boemo esce di nuovo di scena, Zemanlandia è al capolinea.