di Bianca Biancastri
(b.biancastri@rai.it)
Save the Children ha proposto 10 nuovi Obiettivi per sconfiggere entro il 2030 povertà, fame, violenza e mortalità infantile perché la realizzazione degli Obiettivi del Millennio da raggiungere entro il 2015 è stata un insuccesso?
“No, non si tratta di un pieno insuccesso come non si tratta di un pieno successo”, dice a Televideo Valerio Neri, direttore di Save the Children Italia. “In realtà si è imparato molto negli anni in cui si è tentato di raggiungere gli obiettivi fino ad oggi validi , quelli che scadono nel 2015. Per esempio si è portato certamente molti più bambini a scuola e per quanto riguarda la mortalità infantile basti pensare che solo 3 anni fa si parlava di circa 8 milioni di bambini sotto i 5 anni di età che morivano ogni anno mentre oggi ne muore almeno un milione in meno. Il problema è che molti degli obiettivi non sono stati raggiunti completamente e altri non sono stati raggiunti né completamente, né nella maniera adeguata. Cioè il mondo ha imparato che non basta, non è giusto dire: ho portato un bambino a scuola. E’ più giusto dire: sono riuscito a insegnare a un bambino qualcosa, nel senso che molte delle cifre sui bambini effettivamente portati a scuola non dicono fino in fondo la verità. Sappiamo infatti di bambini che non hanno imparato assolutamente nulla e che non hanno un titolo di studio valido nel Paese in cui vivono e quindi, come dire, hanno avuto ‘un soccorso’ non completo rispetto all’educazione. I nuovi obiettivi devono perciò affrontare sfide un po’ diverse, meglio focalizzate”.
Per quanto riguarda l’accesso al cibo nei Paesi più poveri in cui la fame è ancora un problema c’è una responsabilità del mondo?
“Certamente la responsabilità del mondo, quello più politicamente influente e più ricco, è enorme. Su questo non c’è dubbio. Intatti, se molti di questi obiettivi non sono stati raggiunti, come sconfiggere la mortalità per fame, è responsabilità del mondo ricco. Ricordiamo quanto è stato speso due anni fa per salvare le banche del mondo nella grande crisi finanziaria, parliamo di miliardi di dollari. Bene, cosa avremmo potuto fare con quello sforzo nei Paesi in cui la gente muore di fame? La situazione comunque è purtroppo questa. Ci sono Paesi che il mondo non guarda. Per esempio il Mali, che invece oggi è sotto i riflettori. Ebbene il Mali è tra i Paesi più poveri al mondo. Fin quando la Francia non è andata a fare la guerra contro i fondamentalismo, contro Al Qaeda, i giornali non parlavano del Mali. Prima di allora come mai la stessa grande nazione, qual è la Francia, non ha fatto qualcosa di definitivo per sollevare quelle popolazioni che muoiono letteralmente di fame? Quindi, purtroppo è vero, il mondo ricco ha delle responsabilità. Però gli obiettivi del Millennio servono anche a questo. Servono a far prendere degli impegni e poi danno a organizzazioni come Save the Children e a tante altre nel mondo la possibilità, e scusate, capitemi al volo, di ‘rompere continuamente le scatole’, perché se hai preso un impegno, lo devi rispettare. Quindi quelli che possono sembrare a volte solo parole, impegni sulla carta, danno però la possibilità a organizzazioni come la nostra di insistere, insistere, insistere . Quindi un miglioramento si riesce a ottenerlo”.
Sembra quasi impossibile che ci si avvii verso uno sviluppo sostenibile se si pensa alle regole su clima e economia che il mondo non riesce a trovare
“Si è molto lontani, ma non sarebbe nemmeno giusto non vedere i miglioramenti che ci sono stati. Ci sono tanti Paesi che con fatica stanno migliorando la loro situazione, e questo è un fatto, e la stanno migliorando nonostante le difficoltà che lei ricordava. Per esempio sul clima, nonostante che il mondo non guarda in faccia la realtà, continua a riscaldare il pianeta in maniera tale che per i prossimi decenni avremo, lo dicono gli istituti di ricerca, un impatto drammatico delle emergenze climatiche e quindi un grande problema per le popolazioni più povere, molti Paesi che pur soffriranno di cambiamenti climatici, oggi stanno migliorando la loro qualità di vita, o almeno fasce della loro popolazione stanno migliorando. Un’altra cosa che sta succedendo, infatti, è purtroppo la divisione tra persone che pian piano escono dalla povertà e persone che invece vi rimangono. Per esempio in India, grande Paese in via di sviluppo, c’è una nuova fascia di borghesi, di commercianti di piccole attività economiche che si stanno sviluppando, dei nuovi ricchi, ma permangono milioni e milioni di superpoveri . Quindi anche in questi Paesi che si muovono verso il miglioramento a volte la forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre più”.
Si è aperto a Monrovia il vertice di alto livello delle Nazioni Unite, chiamato a scrivere una nuova agenda di impegni per il post 2015
“In questi giorni si poseranno le basi per sviluppare un piano, noi siamo partiti adesso nel 2013 proprio perché gli obiettivi del millennio scadono nel 2015. Adesso vanno preparati i nuovi piani per gli anni a venire. Comincia un processo che noi, come altre organizzazioni internazionali, stiamo promuovendo per mettere le basi e partire dal 2015 nella maniera giusta e ben preparati. Non come all’inizio del 2000. Abbiamo imparato dal 2000 ad oggi che questi obiettivi vanno meglio preparati se poi vogliamo che siano efficaci”.
Per “meglio preparati” che cosa intende, un maggiore coinvolgimento della governance del mondo?
“Esatto. La governance e anche i Paesi riceventi. Bisogna che gli obiettivi siano legati anche agli impegni dei paesi riceventi, i paesi in via di sviluppo, che devono garantire trasparenza nell’utilizzare gli aiuti per realizzare il miglioramento delle popolazioni. Cioè gli aiuti siano mostrati per quello che veramente hanno realizzato, ogni Paese deve darsi degli obiettivi chiari in modo che ci sia anche qualche controllo. Questa governance dovrà essere migliore di quella che c’è stata negli obiettivi precedenti che quasi non la tematizzavano affatto. Si dava per scontato che tutti i Paesi avrebbero fatto il massimo per raggiungere gli obiettivi”.
Avete chiesto obiettivi chiari e una maggiore trasparenza sugli accordi commerciali che riguardano i paesi poveri anche al G8 che ci sarà a giugno…
“In fondo è quello che dicevo prima. Cominciamo un processo. Quindi cominciamo a spingere fortemente su un nuovo atteggiamento che il mondo ricco deve avere verso il mondo povero. E adesso dirò una cosa un po’ forte per farmi capire: se non si aiutano i poveri del sud del mondo, questi arriveranno al nord, nel mondo ricco, e pretenderanno in maniera confusa la loro parte. Per esempio, le grandi migrazioni che sono in atto, non solo dall’Africa verso l’Europa , ma anche dall’Africa Centrale al Sud Africa, dal Sud America verso gli Stati Uniti. Sono grandi masse di popoli che si muovono dalla povertà verso la speranza. Questi generano nei paesi ricchi molti problemi, come sappiamo. Quindi se i paesi ricchi investono di più nello sviluppo dei paesi poveri aiutano anche se stessi. Sono argomenti molto complessi, ma che devono muovere i ricchi se non per pura generosità almeno per un sano egoismo”.