di Federica Marino
(marino@rai.it)
Arte e potere, un connubio antico di cui si occupano, con un effetto d’eco, due mostre in apertura rispettivamente a Padova e a Forlì.
Padova, circa 1530: Pietro Bembo, di famiglia patrizia veneziana, inventa il Rinascimento. Lo fa in primis come studioso a tutto tondo, a suo agio nei diversi campi del sapere, e poi con la consapevole ricerca di un’identità culturale “italiana” lungo una Penisola politicamente divisa e organizzata in corti grandi e piccole.
Bembo le ha conosciute e frequentate, intessendo rapporti non solo artistici con le grandi famiglie contemporanee. Storiografo e bibliotecario per Venezia, cardinale con Paolo III e tra i padri della Biblioteca Vaticana, amante di Lucrezia Borgia e bibliofilo accanito, Bembo inventa (e trova, nel senso latino del termine) l’unità d’Italia a partire dalla lingua e poi nell’arte. Dante, Boccaccio e Petrarca sono il tridente letterario, Michelangelo e Raffaello la coppia figurativa che Bembo identifica come araldi del suo Rinascimento.
E a Casa Bembo Pietro raccoglie dipinti, sculture antiche, manoscritti e monete antiche, in una collezione che è allo stesso tempo esposizione del bello presente e materiale di studio del passato, Tra le opere contemporanee raccolte, anche quelle di Bellini, Sansovino, Sebastiano Dal Piombo, Tiziano, Benvenuto Cellini, Valerio Belli, di cui Bembo fu amico e guida prima che estimatore e collezionista.
Il museo ante litteram ideato dal Bembo finirà disperso alla sua morte e oggi si ricompone non lontano dalla sua sede originaria grazie a importanti prestiti italiani e non.
Se in Veneto il potere è quello delle corti rinascimentali, a Forlì lo sguardo si sofferma sul secolo appena concluso, quel Novecento che Bontempelli fa nascere dopo il 1918 e che sarà segnato, prima di chiudersi, da un’altra guerra mondiale. La rivista di Bontempelli, che porta il nome del “secolo breve”, sarà il palcoscenico su cui emergeranno e si confronteranno le linee estetiche e culturali di quel tempo.
Dopo la guerra finita nel ’18, il ruolo dell’artista continua a ridefinirsi, come era già accaduto a partire dalla crisi delle avanguardie storiche. Cubismo sono per i nuovi artisti l’ultimo momento della crisi del classico: è giunto il momento di andare avanti tornando indietro, ricostituendo un ordine antico ma rinnovato dalla modernità. De Chirico si definisce allora “pictor classicus” e il gruppo di artisti e creatori organizzato dalla colta e sapiente azione di Margherita Sarfatti (scrittrice, giornalista, appassionata d’arte e amica del Duce) scende in campo per una nuova estetica che armonizza tradizione e contemporaneità: pittori, grafici, architetti e scultori, pubblicitari, orafi, designers e stilisti uniti nella ricerca unitaria di un oggetto d’arte che diventa di uso comune.
E se Sarfatti organizza, l’arte incontra il regime: in mostra sono documentate le grandi mostre del Ventennio e le creazioni urbanistiche negli edifici pubblici; la mostra però non si ferma a questo, proponendo anzi una visione globale dei grandi temi artistici dell’epoca e seguendone il percorso dall’elaborazione culturale alla realizzazione. Compito dell’artista, sostiene sempre Bontempelli, è creare miti che vivano di vita propria allontanandosi dall’artista per diventare bene comune: Metafisica, Realismo Magico e le grandi mitologie del Novecento sono l’espressione di questa ricerca, che attinge al Quattrocento italiano cogliendone la lucidità di forme e linee e riportandola in auge in chiave novecentesca.
Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento
Padova, Palazzo del Monte di Pietà
Dal 2 febbraio al 19 maggio
Novecento - Arte e vita in Italia tra le due guerre
Forlì, Musei San Domenico
Dal 2 febbraio al 16 giugno