di Gabriella Ramoni
Sei milioni di ebrei uccisi, 3 milioni nella sola Polonia, considerata “vivaio”dell’ebraismo. Quando comincia la resistenza armata degli ebrei?
I primi atti armati contro il nazismo in tutta Europa avvengono in Polonia e si hanno quando gli ebrei prendono coscienza del fatto che i nazisti li vogliono sterminare in modo sistematico. All’inizio infatti tentano di contrapporre alla politica nazista di oppressione le armi che conoscevano e quindi cercano di convincere i nazisti dell’utilità dell’esistenza degli ebrei, soprattutto a livello economico, per un eventuale contributo, allo sforzo bellico, ad esempio. Proprio in Polonia tutta l’industria era formata prevalentemente da ebrei, gli industriali che avevano industrializzato la Polonia erano ebrei ed anche nel proletariato era forte la presenza di ebrei che i nazisti sfrutteranno nei ghetti. Questo”proletariato” però aveva una forte coscienza politica e sociale e soprattutto i giovani, molti dei quali legati al Bund, Unione generale dei lavoratori ebrei, movimento socialista, si rendono conto che i nazisti intendono sterminarli e quindi decidono di opporsi.
Troppo tardi.
La prima rivolta si ha a Lachwa, in Polonia Orientale, siamo nel ‘42 ed è un intero ghetto che si ribella. Da sottolineare che gli ebrei non avevano una tradizione militare, non avevano un esercito e, insieme ai rom, erano le uniche minoranze che non avevano protettori e questo si è ben capito durante la guerra dall’atteggiamento degli alleati che non hanno fatto niente per fermare i treni della deportazione o bombardare i luoghi di sterminio. Quando gli ebrei si rendono conto della volontà di annientamento da parte dei nazisti sono i primi ad opporre una resistenza armata, in condizioni disperate e senza possibilità di vincere mai.
Emmanuel Ringelblum, internato nel ghetto di Varsavia, si domandava: “Perché ci siamo lasciati portare come pecore al macello? Perché il nemico ha avuto partita facile?”
La tesi della passività ebraica non è corretta. E’ questo uno degli stereotipi in assoluto più comuni nell’uomo comune. Nelle scuole è la prima domanda che ti pongono i ragazzi. Allora bisogna spiegare che gli ebrei, fino ad un certo punto, non si sono resi conto dell’intento di sterminio dei nazisti. Poi, quando questo diventa chiaro scelgono di morire con le armi in pugno.
E infatti, in poco tempo, tra l’aprile e l’ottobre del ‘43 scoppiano le rivolte nei Campi di sterminio, penso a Sobibor e Treblinka, e alle sollevazioni nei Ghetti.
“Se dobbiamo morire lo faremo con dignità, cercando di salvare una parte di noi, soprattutto i bambini”. E infatti uno dei primi obiettivi della Resistenza ebraica è stato quello di far fuggire i bambini attraverso le fognature, in vari modi, accompagnati da qualche istitutore. Marek Edelman, membro dello Zob, unità ebraica di combattimento ebraica, è stato obbligato dagli altri ebrei a uscire dal Ghetto di Varsavia poco prima della battaglia finale, per portare in salvo alcuni giovani e bambini. All’interno dei ghetti c’era anche una resistenza attiva civile: un esempio è quello dell’educazione dei bambini con i sionisti che insegnavano l’ebraico e spiegavano ai ragazzi quali sarebbero stati i propri compiti e le proprie responsabilità prefigurando uno Stato nell’allora Palestina. Immaginando un futuro che per i più non ci sarebbe stato.
Resistenza attiva civile, resistenza armata nei campi e nei ghetti. Ma gli ebrei hanno partecipato anche ai movimenti di resistenza nazionali. Come?
All’est gli ebrei si organizzano da soli anche perché vivono in una società che ha molti pregiudizi antiebraici. In Italia e in tutta l’Europa occidentale entrano nei movimenti di resistenza nazionale. In Francia, dove gli ebrei erano oltre 600 mila, ci sono anche tentativi di organizzare settori solamente ebraici, lo stesso avviene in Belgio e in Germania. In Italia no, non c’è una formazione ebraica e l’adesione avviene a livello individuale.
Circa mille ebrei prendono parte alla Resistenza italiana. Quando avviene il salto?
In Italia tutta la resistenza armata si ha dopo l’8 settembre.
C’è una formazione partigiana di riferimento per gli ebrei italiani?
No, gli ebrei italiani aderiscono individualmente nelle varie formazioni combattenti e quindi gli ebrei comunisti entrano nelle organizzazioni comuniste, gli ebrei socialisti in quelle socialiste, in genere non entrano nelle formazioni molto cattoliche. E comunque il primo partigiano caduto in combattimento fu, il 4 dicembre 1943,un ebreo, Sergio Diena, militante di Giustizia e Libertà,e il più giovane partigiano ucciso fu sempre un ebreo, Franco Cesana, caduto appena tredicenne sulle colline modenesi.