di Maurizio Righetti
La mancata aderenza alle terapie è un “male” comune e diffuso. Chi di noi ha sempre portato a termine le cure che gli sono state state prescritte o consigliate? Forse nessuno. Eppure questo comportamento ha conseguenze negative, qualche volta gravi. E se questo atteggiamento, in buona parte dei casi, non allontana di molto (comunque non di troppo e non pericolosamente) le scelte pratiche dalla road map ideale, in tanti casi non è così. Nella medicina respiratoria ed in allergologia la questione assume dimensioni particolarmente preoccupanti, soprattutto in considerazione delle specificità di certe terapie che implicano l'uso – in combinazione fra loro - di medicine e dispositivi correlati e, quindi, maggiore necessità di informazione, coscienza e conoscenza. Se ne è parlato a Milano in occasione del Convegno dei massimi esperti europei del settore dal tema “Progetto aderenza del paziente alla Terapia” durante il quale è stato presentato uno studio della Doxa su un campione di duemila persone mirato a comprendere come gli italiani, malati e non, vedono Asma e Bpco, come si curano, come interpretano il loro rapporto con il medico.
Il modo più efficace per riprendere fiato è l’inalazione dei farmaci attraverso un erogatore
Venticinquemila respiri al giorno, 300 milioni di alveoli polmonari che “filtrano” ogni 24 ore 19mila litri d'aria: quando i polmoni funzionano a pieno ritmo sono macchine perfette. Ma in caso di malattie respiratorie come asma o broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) la magia del respiro s’inceppa, si soffre di “fame d'aria” e il modo più efficace per riprendere fiato è l’inalazione dei farmaci attraverso un erogatore. Quando è il momento di curarsi, però, gli italiani si “fidano di più” di pillole o iniezioni: l'80% dei pazienti con asma o BPCO pensa che gli spray siano comodi, sicuri e facili da usare, ma 1 su 3 ritiene che così non ci si curi “per davvero”, che si tratti di una modalità di somministrazione della terapia tutto sommato blanda e poco efficace. Lo rivela un'indagine Doxa sulla gestione delle malattie respiratorie su un campione di 2000 persone rappresentativo della popolazione italiana, condotta coinvolgendo i pazienti ma anche i loro familiari.
Giorgio Walter Canonica: Un milione di pazienti non ha mai usato gli erogatori
“L'erogatore è uno strumento fondamentale di somministrazione delle cure – spiega Giorgio Walter Canonica, Direttore della Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell'Università di Genova e Presidente eletto di Interasma – Global Asthma Association -. Tuttavia l’indagine dimostra che un terzo dei pazienti è erroneamente convinto che assumere un farmaco per via inalatoria sia una terapia blanda ed è a disagio nel farlo davanti agli altri: pillole e iniezioni vengono tuttora percepite come cure più valide e incisive. Così non stupisce che oltre 1 milione di pazienti non abbia mai usato gli erogatori e 1,3 milioni abbiano smesso di farlo, sottovalutando sostanzialmente la gravità della malattia; 4,5 milioni assumono la terapia per inalazione e fra questi circa 1,7 milioni usano gli erogatori ogni giorno, 2,2 milioni vi ricorrono quando i sintomi peggiorano e circa 500mila solo in situazioni di emergenza. Dati preoccupanti: la scarsa utilità dell’erogatore è un preconcetto che deve essere superato perché si tratta di un metodo di somministrazione delle cure efficace, che aumenta e facilita l'aderenza alle terapie consentendo, se ben utilizzato, il miglior controllo dei sintomi e della malattia”.
Francesco Blasi: la terapia per via inalatoria è un ‘sistema’ composto da farmaco ed erogatore
E se è vero che la maggioranza dei pazienti che usa lo spray ne consuma appena due confezioni all'anno, pari a una media di appena due mesi di cura effettiva, va detto che stando all'indagine Doxa i pazienti lo percepiscono come uno strumento utile e comodo. L'80% infatti ritiene l'inalatore pratico e semplice e il 72% pensa di essere in grado di gestirlo senza errori, anche perché è soddisfatto dell'educazione alla terapia ricevuta dal medico: solo il 4% dei medici non spiega a dovere il corretto uso, così 8 pazienti su 10 non sbagliano. “Dobbiamo tener presente che la terapia per via inalatoria è un ‘sistema’ composto da farmaco ed erogatore – osserva Francesco Blasi, Ordinario di Malattie Respiratorie dell'Università Statale di Milano e Presidente ERS – European Respiratory Society -. L’aderenza al trattamento è direttamente correlata al tempo dedicato al paziente e a quella che possiamo definire ‘qualità dell’educazione’, che prevede la spiegazione della malattia, delle ragioni della scelta di una terapia invece che un’altra e delle modalità di esecuzione del trattamento. L’educazione è uno step fondamentale nel rapporto medico–paziente: se manca, la corretta assunzione della terapia può essere drammaticamente pregiudicata. Appena 1 paziente su 5 è in grado di usare l'erogatore senza fare errori dopo aver letto da solo il foglietto illustrativo”. Il ruolo sostanziale del medico si conferma anche in caso di necessità di modificare lo strumento per l'inalazione: i pazienti, dopo aver imparato, si mostrano restii e preoccupati di fronte alla possibilità di dover modificare le proprie abitudini di cura. “Indubbiamente il cambio di erogatore è un momento critico per il paziente, in modo particolare per quello anziano che però ha fiducia nel proprio medico: se proprio deve cambiare erogatore, desidera che ci sia qualcuno che spieghi come usarlo, e quel qualcuno deve essere il curante”, dice Blasi.
Le ricadute sul sistema sanitario della non aderenza alla terapia
Il mancato o sotto utilizzo e l’uso improprio dell’erogatore comportano inevitabili ricadute sulla salute del paziente oltreché sull’intero sistema sanitario “Aumenta infatti del 20 % la probabilità di riacutizzazioni e conseguenti ricoveri e quasi del 50% la spesa per le cure, oggi davvero enorme: per ogni paziente con asma si spendono ogni anno 1434 euro, ben 2723 per i malati di BPCO . Così in Italia si spendono 5 miliardi di euro all'anno per l'asma e addirittura 9 per la BPCO, pari a un punto del PIL del nostro Paese”, specifica Canonica. L'enorme spesa per le malattie respiratorie si spiega anche con l'ampia diffusione delle malattie respiratorie in costante aumento. Si calcola che soffrano di asma circa 4 milioni di italiani, con picchi tra i più giovani, e di BPCO ben 3 milioni, di cui la maggioranza over 65: incidenza destinata ad aumentare anche a causa dell’invecchiamento della popolazione e di una crescita stimata di queste patologie al ritmo di 300mila nuovi casi ogni anno. Le malattie respiratorie si rivelano più frequenti al Sud, con punte che sfiorano l'8% in Basilicata e Calabria.
Il fumo si conferma la prima causa delle malattie respiratorie
“Il fumo si conferma il primo fattore di rischio ai fini dell’insorgenza delle malattie respiratorie, più pericoloso dell'aria inquinata delle nostre città – spiega Blasi -. Questo vizio, che riguarda tuttora il 20% degli italiani, determina un aumento del rischio che assorbe e supera quello dello smog, che ha invece un ruolo maggiore nel determinare un peggioramento dei sintomi: vivere in città o in campagna dunque non modifica il rischio di malattie respiratorie se si cede alle sigarette.” Purtroppo, nonostante il gran numero di malati e gli enormi costi economici di asma e BPCO, la gravità e la diffusione di queste malattie è tuttora sottovalutata dagli italiani: l'indagine Doxa sottolinea infatti che solo i malati e i loro familiari (in nove casi su dieci) hanno davvero compreso che si tratta di patologie invalidanti che possono produrre disturbi molto seri. Appena la metà degli italiani, infatti, ha sentito parlare dell'asma e poco più di 1 su 10 sa che cosa sia la BPCO, terza causa di morte nel mondo, ma ancora più misconosciuta: mentre l'asma è al quarto posto fra le patologie note agli italiani, la bronchite cronica scivola addirittura in ultima posizione. “Questi dati confermano come sia necessario aumentare la consapevolezza della popolazione nei confronti delle malattie respiratorie, tuttora “cenerentole” poco note: accrescere la conoscenza di queste patologie da parte degli italiani aiuterebbe ad ottenere una migliore aderenza al trattamento con conseguente riduzione dell’impatto sociale di asma e BPCO” conclude Canonica.