Benigni ci ha spiegato quanto è bella la Costituzione. Ma possiamo dire che la Costituzione esprime anche un concetto giuridico di felicità?
Su questa idea della felicità, dal punto di vista costituzionale, ho molti dubbi. Anche se la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti del 1776 proclama il diritto fondamentale alla ricerca della felicità. Ma in Europa non funziona così. In Europa si parla di ‘diritti’. No, la Costituzione non esprime un concetto giuridico di felicità. La mia idea è che la felicità sia un atteggiamento dello spirito strettamente individuale. Guai se c’è qualcuno che ritiene di poterci imporre un’idea oggettiva di felicità. Questo è proprio dei regimi totalitari. Ma nei regimi liberi la felicità attiene alla sfera concepita come intima e individuale. Perché ognuno è felice per le cose più diverse.
Quindi, la felicità è un fatto individuale.
Difatti la Costituzione americana è individualista. E cerco di spiegare perché. Negli Stati Uniti si poteva avere la felicità perché erano un Paese senza confini. Ognuno la felicità poteva andarsela a cercare dove voleva. In Europa, dove gli spazi sono limitati, dove viviamo in uno spazio, diciamo così, ‘pieno’, penso che chiunque cerchi di affermare la propria idea di felicità sposta gli altri, incide sulla posizione altrui. Ciò che ci serve invece è il concetto giuridico di ‘diritti’. E la riprova è che non c’è alcuna Costituzione europea che parla di felicità.
Se non, indirettamente, della ‘felicità’ di essere titolari di diritti e di doveri.
Questa è una sicurezza, è una garanzia. Ma la felicità di cui si parla in Europa e in genere nel mondo evoluto, nel mondo ricco, è il benessere, che è una cosa completamente diversa. Hanno fatto indagini, statistiche, che hanno misurato quella che chiamano felicità, ma in realtà è il benessere: ospedali, scuole, aria pulita, ricchezza. Tutto questo attiene al benessere. La felicità è diversa. I filosofi, come Epicuro, se ne sono già occupati.
Si potrà mai arrivare a uno stato di felicità prima di andare al voto, nel momento in cui si esercita il diritto di voto?
Sì, certo. La felicità, in senso politico, vuol dire ‘fecondità’. Anche etimologicamente ‘felix’ vuol dire fecondo. Cioè la situazione nella quale si possa elaborare, creare, essere fecondi, appunto. Le società che non hanno alternative, che sono bloccate, irrigidite, io le definirei ‘infelici’, in quel senso etimologico.
Ma questa legge elettorale, non poteva il governo intervenire con un decreto legge per modificarla?
No, no. Le leggi elettorali non le fa il governo. Dovrebbero farle i cittadini. Perché se c’è una legge che più di tutte riguarda la condizione dei cittadini, è la legge elettorale, che li fa essere quelli che sono politicamente.