di Paola Scaramozzino
(p.scaramozzino@rai.it)
Violini, violoncelli, contrabassi, chitarre e mandolini non hanno segreti per il maestro liutaio Mauro Pupeschi, 67 anni portati benissimo e una grazia e un modo di fare che fa pensare al Rinascimento, epoca in cui l’arte e la tecnica della costruzione e del restauro di strumenti a corda e ad arco si diffuse ampiamente dando vita a botteghe storiche ancora esistenti come quelle di Bergamo e Cremona. Quello di Pupeschi è un piccolo laboratorio che si trova a Roma, nel quartiere di Cinecittà, alle spalle dell’aeroporto di Centocelle, in via Papira 10. Oltrepassata la soglia sembra di entrare veramente in un altro mondo. Intanto si rimane incantati da come il Maestro, malgrado la corporatura robusta, si muove con leggiadria in un’ ambiente pieno zeppo di oggetti che bisogna materialmente scavalcare come se ci si trovasse in un percorso ad ostacoli. A parte diverse centinaia di attrezzi da lavoro che occupano un’intera parete ( martelli, sgorbie, cacciaviti, pinze), di questa bottega l’artigiano ne ha fatto la sua seconda casa. Sospesi a mezz’aria fanno la loro bella vista chitarre, mandolini e strumenti di altri continenti e guardando bene, si scopre anche l’angolo informatico e “tecnologico” e la vetrina dei ricordi con le foto dei cari attaccate sullo specchio. C’è un signore dalla faccia simpatica e con dei corposi baffi neri.
“E’ mio padre Rino, lui era un vero e autentico maestro liutaio. Aveva frequentato varie scuole come quella famosa di Venezia e di Cremona e poi era anche un ebanista e anche un bravo musicista. Il liutaio è stato il suo mestiere. Io ho imparato tutto da lui venendo a bottega. Poi ho fatto il portiere d’albergo per una vita, per me questo è un hobby, non lo faccio certo per soldi. A volte non riesco neanche a pagare l’affitto di questo locale ma non posso fare a meno di venire qui: mi piace l’odore del legno quando lo tratto, mi piace modellarlo. Ci vuole grande manualità nel fare queste cose. Faccio il liutaio solo per passione”. Un amore che traspare anche dalla grazia con la quale ci mostra un mandolino antico. C’è una sorta di rispetto, un patto a due fra l’artigiano e la materia.
“Queste macchine servono a tagliare il legno, a levigarlo, assottigliarlo –ci spiega, mostrandoci dei macchinari sparsi nel laboratorio . Ci spostiamo a fatica fra giornali, libri, latte di diluenti, sagome di chitarre.
“Non sembrerebbe ma io in questa confusione mi ci muovo bene. L’importante è che io sappia dove metto le cose e soprattutto che poi le ritrovi” scherza il Maestro.
A Roma di liutai “accreditati” siete rimasti forse in due. Lei e un suo collega svizzero che ha un laboratorio vicino Campo di Fiori. Chi frequenta questo laboratorio?
“Un po’ tutti: dai dilettanti ai professionisti e soprattutto con strumenti di varie epoche. Mi è capitata una chitarra del 1830, un violino dei primi del ‘900 ma anche un Gagliano dell’800, alcuni falsi Stradivari…”.
Ma perché gli Stradivari hanno questo suono così meraviglioso?
“ Dipende dal tipo di legno, dalla timbrica, dal registro, dalla spianatura, da tanti e innumerevoli fattori. All’interno del violino c’è un piccolissimo pezzetto di legno, l’anima, fondamentale per il suono.. Sembra che Stradivari addirittura andasse lui a scegliere le piante che dovevano essere esposte secondo un certo orientamento, ad una certa altitudine, in un particolare mese dell’anno”.
Il legno è fondamentale, mi sembra di capire. Sta costruendo una chitarra classica, qual è il procedimento?
“ La chitarra principalmente è formata da un corpo, un manico e la paletta. Sto facendo le fasce laterali e il fondo del corpo. Per questi due elementi si usa come legno di palissandro ma si possono usare legni di abete rosso o bianco, quello che si trova in Germania nella Foresta Nera. Oggi esistono anche dei semilavorati che praticamente sono delle forme grezze. Il procedimento è quello di mettere le fasce e la base in acqua fredda e dopo un giorno si tolgono e si possono modellare mettendole in delle sagome di metallo calde, rinforzando le parti estreme. Poi il manico è in genere in mogano e le tastiere in ebano. Per il capotasto e il ponte si usa l’osso vaccino. Non ci sono chiodi, si assembla tutto con la colla e poi c’è il suono…. L’armonia dipende dal legno, dal suo spessore. Questa macchina (una sorta di tavolone con due rulli laterali sui quali passa una striscia di carta vetrata) l’ha costruita mio padre per assottigliare il legno. Bisogna lavorarci e lavorarci. Si può passare da una pialla normale a una piccola pochi centimetri da usare all’interno della buca (il foro) della chitarra. L’obiettivo è ottenere un ottimo strumento”.
Quanto può costare una chitarra fatta a mano?
“Una chitarra artigianale costa sui 3mila euro. Ma il mercato offre molto. I cinesi sono diventati bravi anche in questo settore. Vendono dei mandolini a 150 euro ma adesso hanno imparato a produrne anche di qualità migliore aumentando i prezzi notevolmente”.
Ha avuto degli allievi che si sono appassionati a questo mestiere?
“Sì, due ragazzi bravissimi. Uno purtroppo è scomparso a causa di una malattia. L’altro ha aperto questa attività a Guidonia, vicino Roma“.
Mentre parliamo entra un giovane cinquantenne.
“Ecco un altro appassionato come me. Un artista, un musicista, un restauratore anche di pianoforti, il signor Antonio Marino”.
“Venire qui mi allarga il cuore”, dice il maestro Antonio che con molta professionalità si toglie la giacca e indossa il camice bianco prima di mettersi a lavorare. “Io sono un artigiano orgoglioso di esserlo anche se questo lavoro non ti consente sempre di vivere. Sono un restauratore di pianoforti, di organi a canne ma sono anche un musicista di chitarra classica. Adesso vengo a dare una mano a Mauro nella lucidatura degli strumenti che è una lucidatura a gommalacca”.
Come si fa?
“ La gommalacca è una resina a scaglie che va diluita con l’alcol. Bisogna passare diverse mani a tampone sempre con stoffe di origini naturali come il cotone o il lino. Poi va passato l’olio paglierino che va prima messo e poi tolto diluendolo con l’alcol. Bisogna otturare tutti i pori del legno. Si usano anche delle vernici sintetiche adatte a coprire talune venature del legno. Si può ottenere un effetto molto o mediamente brillante, o satinato. Per ottenere un buon risultato bisogna lavorarci diversi giorni”.
Intanto, mentre parliamo, il maestro Mauro finisce di mettere le corde a una chitarra e il suono si diffonde nell’ambiente come il fumo delle sigaretta che ha fra le labbra. Atmosfere magiche e di altri tempi.