Quarant'anni esatti di matrimonio tormentati da infinite tensioni finora sempre superate attraverso deroghe 'ad hoc' oppure in nome dell'interesse comune. Puo' essere sintetizzata cosi' la storia delle difficili relazioni tra l'ue e la gran bretagna dal 1973 a oggi. Ma ora e' forse arrivato il momento della verita'.
Nonostante la mezza marcia indietro fatta dal premier David Cameron, a Bruxelles c'e' infatti grande preoccupazione per la tenuta futura delle relazioni con Londra. "Il premier e il suo partito - si osserva ai piani alti della commissione Ue - hanno lasciato troppo spazio al populismo dei tabloid e all'euroscetticismo montante. E ora, al di la' della Manica, la maggioranza dei cittadini e' pronta a dire si' all'uscita dall'Unione. Come fara' ora Cameron a gestire questa situazione? C'e' il rischio che resti intrappolato dalla sua stessa strategia".
Del resto, fin dall'inizio l'Unione tra Londra e Bruxelles e' stata caratterizzata da scontri, spesso molto accesi. A cominciare da quello innescato da Margaret Thatcher che, neanche dieci anni dopo l'adesione all'allora cee, batte' i pugni sul tavolo per ottenere quello 'sconto' sui versamenti di Londra al bilancio comunitario che ancora oggi molti partner, tra cui l'Italia, non hanno completamente digerito.
Al di la' della creazione del mercato unico - il vero e unico motivo che ha spinto (e ancora spinge) la Gran Bretagna a non lasciare l'Ue - ogni volta che il 'club' europeo ha cercato di andare avanti sulla strada dell'integrazione ha dovuto fare i conti con i 'no' di Londra. Cosi' fu nel 1991, quando a Maastricht John Major ottenne di non essere obbligato ad adottare, prima o poi, la moneta unica (il cosiddetto opt-out). Cosi' avvenne in occasione del trattato di Lisbona, quando Londra ottenne l'opt-out rispetto all'applicazione della carte dei diritti fondamentali. E cosi' era stato ancora prima, quando la Gran Bretagna aveva deciso di non fare parte dello spazio Schengen che ha portato all'abolizione delle frontiere interne tra i paesi Ue. La storia si e' poi ripetuta quando l'Ue ha adottato il patto di bilancio (o fiscal compact): Londra, spalleggiata solo da Praga, ha detto ancora una volta 'no'.
Ma non per questo ha mai rinunciato a influenzare politicamente la vita dell'Unione. L'aver piazzato Catherine Ashton sulla poltrona che doveva essere del 'ministro degli Esteri' Ue ha messo al sicuro il foreign office da fastidiose interferenze. L'inglese e' diventata la prima lunga di lavoro degli euroburocrati e molti sono gli anglosassoni che occupano tuttora posti chiave nella 'macchina' comunitaria.